Politica

Financial Times: Berlusconi presidente della Repubblica nel 2013. Grazie a Bersani

Secondo il quotidiano londinese, in caso di elezioni il premier potrebbe vincere e salire poi al Quirinale. Definita inefficace la leadership del segretario del Pd

Silvio Berlusconi si prepara per la scommessa finale”, titolava ieri il Financial Times. “Il suo governo si sta sgretolando, travolto da una serie di inchieste su casi di corruzione che coinvolgono ministri, imprenditori, magistrati e politici” e il primo ministro starebbe meditando di sparare “l’ultima cartuccia”. Quale? Secondo Guy Dinmore, corrispondente da Roma del quotidiano finanziario londinese, Berlusconi sarebbe pronto a puntare tutto sulle elezioni anticipate, che potrebbero svolgersi nella primavera del 2011. “Nonostante i sondaggi lo diano in calo – scrive Dinmore – Berlusconi continua ad essere relativamente popolare e potrebbe riuscire a vincere un nuovo mandato, che lo aiuterebbe a porre le basi per la sua elezione a presidente della Repubblica nel 2013”.

Ad alimentare un’ipotesi del genere sarebbe anche la “leadership inefficace” di Pierluigi Bersani, segretario del Partito Democratico. “Bersani ha suggerito a Berlusconi di prendersi una pausa, di non rinunciare alle vacanze per riorganizzare il suo partito. Se questo è tutto quello che il capo dell’opposizione riesce a dire, sarebbe meglio interpellare (come leader dell’opposizione, ndr) il primo che passa per strada”, continua Dinmore, parafrasando un editoriale del Corriere della Sera.

Se la scommessa finale dovesse andare male, la strada della presidenza del Consiglio potrebbe essere spianata per il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che non perde occasione per “riaffermare la propria lealtà al primo ministro” o per Luca Cordero di Montezemolo. Lo stesso Gianfranco Fini è considerato dal Financial Times come un “personaggio chiave, anche se è difficile che riesca ad avere i numeri in Parlamento per affossare il governo”. In ogni caso una cosa sembra essere certa: “Il più grande problema di Berlusconi non è tanto la sua difficoltà a far approvare in Parlamento leggi controverse, ma la sensazione diffusa che il sistema di clientelismo, di scambio di favori, stia crollando grazie all’azione meticolosa di un gruppo relativamente piccolo di pubblici ministeri”. Dopo aver accettato le dimissioni di due ministri e di un sottosegretario, Berlusconi “non ha più la forza sufficiente per difendere la sua stessa posizione”.