Politica

E’ proprio necessario chiamarli onorevoli?

Una piccola parentesi alla musica, visto che scrivere un blog per Il Fatto Quotidiano mi sta facendo conoscere e ritrovare molte persone con le quali sento di condividere una profonda nausea e avvilimento nel constatare comportamenti politici ogni giorno più sprezzanti e impuniti. Non solo deputati o senatori, ma ormai anche consiglieri regionali o provinciali, utilizzano lo stesso disco dell’accanimento giudiziario, invece di sparire nel silenzio. So e sappiamo che in altre parti del mondo atteggiamenti simili non sarebbero tollerati e porterebbero alle immediate dimissioni dei parlamentari. Non c’è bisogno, credo, che debba arrivare la sentenza di Cassazione per ritenere politicamente, ma ancor di più eticamente inaccettabili i comportamenti che da anni dobbiamo subire senza che nessuno senta il bisogno di togliere il disturbo e possibilmente restituire il maltolto.

Complice di questa situazione è anche un comportamento di deferenza che nei decenni si è cristallizzato. Certo, rivolgersi a un politico è per molti l’occasione di poter avere una raccomandazione, lo sblocco di una pratica, la segnalazione per un concorso, mentre per altri è entrare a far parte del giro giusto, quello che distribuisce soldi pubblici, i nostri soldi, fino a prova contraria..

Grazie onorevole, scusi onorevole, la prego onorevole…

E se cominciassimo a chiamarli solo: DEPUTATI?

Onorevole è un termine che non è mai stato istituito, è stato cooptato dopo un intervento alla Camera Subalpina quando un deputato all’inizio di un discorso disse: “Onorevoli colleghi”. Pochi giorni dopo diventò prassi. Ma di onorevole non c’è rimasto nulla. Leggere le espressioni usate da Cosentino al telefono con il geometra Lombardi dà la misura dell’uso attuale del termine onorevole. Il rivolgersi a un politico, cioè a un amministratore con quel senso di deferenza che l’appellativo: ”onorevole” include, è a mio parere ormai completamente inaccettabile. Inoltre con questa legge elettorale sarebbe meglio definirli: “nominati”.

Negli ultimi anni si sono susseguite delle proposte di legge, le ultime nel 2002 e lo scorso anno, per l’abolizione del termine, ma sono rimaste lì, però l’uso del termine onorevole non è sancito da nessun articolo di legge, quindi non ce n’è bisogno di una che lo abroghi, è una consuetudine, una prassi derivata da quel primo “onorevoli colleghi. Solo che allora venne usato come aggettivo, oggi è diventato sostantivo e la sola percezione del suono è diventata sgradevole. Sarà difficile poter sentire in un Tg apostrofare un parlamentare con il solo prefisso deputato, ma cominciando a scriverlo e a usarlo quotidianamente si potrà dare una dimostrazione in più che la situazione di saturazione è sempre più pressante.

Togliergli quel senso di sottomissione che hanno alcuni nel chiamarli onorevoli o di rassegnazione che hanno altri, unito al senso di in sopportazione che ho io e credo anche voi. Rizzo e Stella si chiedevano quand’è che gli italiani diranno basta. Sabato scorso il direttore Padellaro scriveva al termine del suo fondo” Bè forse ci siamo quasi”. Lo spero, io lo spero da anni però chiamiamoli deputati, deputati e basta. Sarà un modo per sottolineare che quella carica non è un’investitura divina né tanto meno a vita è una carica a tempo e come con l’amministratore del condominio la prima cazzata si tollera, a meno che non rubi, ma alla seconda si va a casa.