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Corruzione in Nigeria, Eni paga 365 milioni per non essere condannata

Ex capi di stato nigeriani sospettati di aver ricevuto tangenti dal consorzio TSKJ: Sani Abacha (1993-1998), Abdulsalami Abubakar,(1998-1999), Olusegun Obasanjo(1976-1979, 1999-2007). Fonte: Next

Per dieci anni (dal 1994 al 2004) TSKJ, un consorzio di quattro imprese di cui faceva parte Snamprogetti Netherlands BV (società controllata da Eni, confluita in Saipem nel 2006), avrebbe pagato 180 milioni di dollari di tangenti a politici e funzionari nigeriani per costruire impianti di liquefazione del gas a Bonny Island, nel sud della Nigeria. Un affare da 6 miliardi di dollari, che Snamprogetti ha condiviso con gli altri tre membri di del consorzio : gli americani di Halliburton, i francesi di Technip e i giapponesi di JGC. Ora i nodi vengono al pettine ed Eni ha accettato di pagare 240 milioni di euro al Dipartimento di Giustizia americano e 125 milioni alla SEC (Securities and Exchange Commission, la Consob americana) per uscire dal procedimento ed evitare la condanna. L’inchiesta, partita da Parigi nel 2006, ma poi aperta anche negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Svizzera, in Nigeria e in Italia, aveva portato l’anno scorso all’arresto dell’avvocato londinese Jeffrey Tesler, il galoppino delle tangenti. Tesler, attraverso una società con sede a Gibilterra (la Tri-Star Investments) avrebbe pagato le mazzette su una serie di conti svizzeri intestati a politici africani. Ma una parte rilevante dei soldi sarebbe stata consegnata con furgoni pieni di cash, parcheggiati in un hotel di Abuja, la capitale nigeriana.

Secondo le ricostruzioni del quotidiano nigeriano Next (234next.com), basate sui documenti messi a disposizione dal tribunale di Houston (Texas), le tangenti sarebbero state intascate dall’ex ministro nigeriano del petrolio Dan Etete (almeno un milione di dollari), dall’ex presidente Olusegun Obasanjo (23 milioni) e, soprattutto dal sanguinario dittatore Sani Abacha (45 milioni), morto nel 1998, fulminato da un infarto, tra le braccia delle sue prostitute. La ricostruzione minuziosa di tutti i pagamenti si trova nelle note e negli appunti di Wojciech Chodan, ex manager di Halliburton, depositati presso il tribunale di Parigi. Un vero e proprio “manuale Cencelli” delle mazzette di Bonny Island. Oltre 500 pagine, scritte a mano, con i verbali degli incontri del consorzio TSKJ, i nomi delle persone da corrompere, i commenti e le riserve espresse dai manager delle società consorziate.

Oltre ad Eni hanno pagato finora anche Halliburton, che nel 2009 ha chiuso il caso con 579 milioni di dollari, e Technip, che se l’è cavata con 338 milioni.

Per Eni, però, rimane l’incognita del procedimento italiano, aperto presso il tribunale di Milano e seguito dal pm Fabio De Pasquale. Il cane a sei zampe ha comunicato nella sua relazione annuale 2009, pubblicata nel marzo di quest’anno, che il procedimento italiano potrebbe comportare il rischio di condanne e sanzioni ai sensi del decreto legislativo 231/2001 sulla responsabilità amministrativa delle società, con la “confisca del profitto del reato”. Un costo in più, che peserebbe ulteriormente sugli azionisti: il patteggiamento americano è già costato l’8,35% dell’utile netto 2009.

di Marco Atella