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Il crocefisso e di nuovo le polemiche

30 giugno u. s. si è tenuta a Strasburgo l’udienza di appello contro la sentenza con cui il 3 novembre 2009 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia per l’obbligo di esporre il crocifisso nelle aule scolastiche.

Prima di tutto rivediamo velocemente i fatti. Nel 2002 la scuola Vittorino da Feltre di Abano respinse la richiesta di una famiglia di togliere il crocifisso dalle aule. Il caso finì davanti alla giustizia italiana che diede torto alla famiglia. La famiglia presentò ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo che si espresse condannando l’Italia e sostenendo che tale obbligo costituisce una violazione del diritto di educare i figli secondo coscienza.

Subito dopo quella sentenza si scatenò il putiferio, facendo uscire l’indole medioevale dell’homo politicus italiano. Abbandonate la giacca e la cravatta, messi da parte il cellulare, internet e tutta la tecnologia derivata dalla rivoluzione industriale, dimenticati i progressi del pensiero dell’età moderna e contemporanea, molti protagonisti della scena pubblica sellarono i cavalli, indossarono farsetti e brache, cinturoni di cuoio con spadoni, vestiti da cavalieri valorosi e cortesi, armature e tuniche in maglia metallica e quindi, così bardati, cominciarono a prodursi in un tourbillon di corbellerie (espressione medioevale che si traduce oggi con la circonlocuzione “sparare cazzate”), ragionando (si fa per dire) con un abito mentale databile più o meno tra l’VIII e il XII secolo d. C.

È sempre bene ricordare i fatti perché spesso finiscono nel dimenticatoio. Io all’epoca presi degli appunti che adesso vi voglio riportare, per dovere di cronaca e per suggerire eventuali spunti di discussione.

Da tutti gli ambienti, ritornati come per incanto al modello feudale del Sacro Romani Impero, vassalli, valvassori e valvassini elaborarono analisi ed elucubrazioni variegate circa il significato del crocefisso, il simbolismo che racchiude, il significato che assume.

Le reazioni furono veementi e degne dei tempi bui di cui sono figlie.

Donna Gelmini sostenne che “Il crocefisso non significa adesione al cattolicesimo, ma è un simbolo della nostra tradizione”. Le avevano risposto di attaccare al muro anche i Bronzi di Riace,

Messer Bersani scelse la linea del “Cosa vuoi che sia? Che problema è?” e liquidò la questione dicendo che “Il crocefisso non può essere offensivo per nessuno”, meno male che gli Albigesi essendo stati annientati completamente non hanno potuto intervenire nel dibattito.

Il cavalier cortese Fini a dispetto di altri blablabla formulati in precedenza circa la laicità dello stato, ritirò la manina (come fa sempre quando si tratta per lui di passare dalla teoria alla prassi…non ce la fa ancora a fare questo passo, ritenendolo forse una concessione troppo evidente a Marx. Sono pronto a ricredermi, ma per ora sto ancora aspettando ) e disse: “Mi auguro che la sentenza non venga salutata come giusta affermazione della laicità delle istituzioni”

Trobador Maroni affermò “È un atto di stupidità” poi andò a prelevare un’ampolla di acqua del Po, forse alla ricerca di un gesto intelligente.

Curiosamente uno dei pochi che si schierò dalla parte della Corte Europea fu un prete dell’Appennino bolognese, don Arrigo Chieregatti, che nella sua dichiarazione reintrodusse nel dibattito il termine “relativismo”…chissà che fine ha fatto.

Il Vaticano nel frattempo andò su tutte le Curie (permettetemi l’innocuo gioco di parole).e fu in quell’occasione che Ser La Russa con il suo classico aplomb democratico sostenne che i giudici della Corte Europea “Devono morire

Don Premier l’ (unico che può dirsi veramente “cavaliere” e un uomo media – evale) tutto sommato tacque, anche se probabilmente si sentì colpito per i valori cristiani sfregiati. Soffrì in silenzio in qualità di nunzio apostolico portavoce dei valori di cui lui è difensore e paladino sia nei discorsi che nei fatti.

Ad ascoltare questi commenti a me sembrò quasi che il crocifisso fosse tutto tranne che il semplice vessillo e simbolo della chiesa cristiana (cattolica e no), cosa che in realtà semplicemente è.

In generale, piuttosto di affermare questa semplice e lapalissiana verità si fanno i salti mortali per lasciare sullo sfondo e offuscare il vero oggetto del contendere.

Piace molto ai “politici” e agli “intellettuali” dire molte più cose di quelle che sono necessarie, forse per far vedere che sono intelligenti e non superficiali, forse per apparire più filosofi (secondo una concezione di filosofia che io personalmente aborro e che esula dal semplice concetto di “pensiero razionale”) o forse più semplicemente perché non si può sempre aspettare che intervenga Bruno Vespa con un serial di Porta a Porta su “Il valore della chirurgia estetica dai Sumeri al Rinascimento” per depistare l’attenzione delle masse e obliare la problematica sollevata.

Difendere l’indifendibile contro ogni evidenza logica.. Pare essere diventata questa la parola d’ordine. Davanti al “crocifisso nelle scuole” (perché è di questo che si parla, non del crocifisso in quanto tale) ci stiamo trasformando in tanti piccoli Ghedini, tanti piccoli Belpietro, tanti piccoli Signorini, tanti piccoli Feltri…

Il crocefisso è il simbolo della cristianità e stop. Su questo non ci sono dubbi.

Eppure, in quell’occasione, ci fu qualcuno come Messer Cacciari che, sostenne che “il crocifisso è il simbolo della laicità di Gesù”!!…

Straordinario! Io sarei più propenso a dire che semmai sono le parole del Cristo – che tra l’altro il filosofo, onestamente, cita – a testimoniare il suo concetto di laicità :“Date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”, “Il mio regno non è di questo mondo

Ma le parole di Gesù sono una cosa, la croce è tutt’altro. La croce è un simbolo della chiesa non di Gesù.

Gesù non predicava con la croce in mano e non ha attribuito alcun senso a quello che era semplicemente un patibolo romano. Credo proprio che ne avrebbe fatto volentieri a meno. Volendo sorridere possiamo dire che l’unica volta in cui Gesù ha utilizzato la croce è stato quando ha moltiplicato i pani e i pesci.

Per Gesù la croce ha rappresentato sofferenza e morte (per la resurrezione la discussione è aperta) e solo la concezione paolina della passione diede una lettura diversa a quell’evento. Fu Saulo di Tarso (oggi S. Paolo) che attribuì significati divini alla morte sulla croce. Non Gesù.

In effetti la croce non era – come un trafiletto di Repubblica erroneamente suggerì in quei giorni – il modo che avevano i romani di torturare i cristiani, ma la pena di morte per i nemici di Roma e dell’Impero. Per convincersi di questo è sufficiente pensare ai due ladroni crocefissi con Gesù sul Golgota, o alla fine che fecero gli schiavi rivoltosi al termine della “guerra servile”…cosa c’entravano questi individui con i cristiani?

I cristiani venivano crocefissi perché considerati nemici del potere imperiale.

A volte risulta difficile accettare le spiegazioni semplici. Molto meglio arzigogolarsi in ragionamenti iperbolici per confondere le acque e non far vedere o dire ciò che può essere visto bene o detto in due righe.

Parlare difficile serve a dimostrare all’ascoltatore che non può competere con la loro opinione perché nell’esprimerla citano elementi che presuppongono una certa conoscenza delle rappresentazioni esoteriche, nella storia nonché la consapevolezza profonda del concatenarsi degli eventi che hanno portato all’identificazione dei popoli secondo una strategia simbolica presente nell’uomo fin dalle sue origini e tendente a manifestarsi, secondo direttrici precise anche se divergenti, nelle popolazioni semitiche e popoli indoeuropei: una testimonianza viva del cosmo che si rivela nell’anima di ogni singolo individuo il quale avverte così il suo essere altro nel relazionarsi col divino e con la realtà di tutti i giorni.

Davanti a una spiegazione così dove vuoi andare? Non puoi competere! T devi arrendere, il problema è più grande di te. Guarda il Grande Fratello che ti conviene! Li si puoi capire! Non occuparti di queste cose. Non fare domande. Lascia perdere. E soprattutto non discutere!

Sostenere che la laicità nasce grazie al crocifisso è dimenticarsi delle lotte che quel crocifisso ha generato e delle lotte che ha dovuto sostenere la ragione per affermarsi contro i sostenitori di quel simbolo.

E trovo assurdo asserire – come fece in modo stupefacente Vito Mancuso – che il crocefisso è importante anche per i non cattolici, perché “Affinchè ci sia negazione ci deve essere qualcosa da negare”..

Vien da dire: quindi meno male che ci sono stati Hitler e Mussolini altrimenti la Liberazione non avrebbe avuto senso! Fesserie.

La laicità nasce grazie agli sforzi della ragione e non grazie al crocifisso, anzi! il crocifisso (e non Gesù in sé) è uno dei simboli delle strutture organizzate dagli uomini che combattono la laicità (e non c’è solo la chiesa cattolica). Gesù forse aveva un’indole laica, ma la chiesa cattolica no

Ma torniamo all’oggi e all’udienza di appello.

Il governo italiano, con un vasto appoggio delle forze politiche nazionali, aveva presentato ricorso contro la sentenza, sostenendo che il crocifisso è un simbolo nazionale che non lede la laicità dell’insegnamento.

I legali italiani hanno sostenuto inoltre, che se si togliesse il crocifisso dalle scuole allora in nome di quello stesso principio bisognerebbe anche togliere la croce dalle bandiere e i riferimenti religiosi negli inni nazionali.

Non vi viene da rispondere, in nome della laicità, “Va bene, facciamo così”?

Comunque, dei 47 paesi che fanno parte del Consiglio d’Europa solo otto hanno appoggiato l’Italia: Armenia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Russia e San Marino.

Volevano aggiungersi anche Trastevere, Gratosoglio e il Rione Sanità, ma non è stato possibile.

In compenso altri quattro stati hanno inviato una lettera di solidarietà : Serbia, Moldavia, Ucraina e Albania.

Una sorta di G12 della laicità religiosa.

Tale Joseph Weiler, a nome dei governi che hanno sostenuto l’Italia ha dichiarato che gli inglesi sarebbero scioccati dal non poter più cantare “God save the Queen” (sic!) e ha detto che l’Italia senza il crocifisso non sarebbe più l’Italia, così come la Francia con il crocifisso non sarebbe più la Francia.

Un autentico inno al cambiamento e al rinnovamento, come dire che l’Africa senza la fame nel mondo non sarebbe più l’Africa…

Dopo le affermazioni di Weiler tutte improntate attorno a una visione straordinariamente dinamica della società, sono arrivate le prese di posizione di alcuni nostri ministri. Franco Frattini e Andrea Ronchi si dicono fiduciosi del buon esito dell’appello, la Gelmini si compiace del coinvolgimento di altri paesi europei in questa battaglia per un simbolo che rappresenta i valori alla base della civiltà occidentale, fondata sul rispetto della dignità della persona e della sua libertà. E poi aggiunge: la storia di un Paese non si può cancellare.. Credo che sia giusto.

Resta solo da mettersi d’accordo su quale storia raccontare, includeremo in questa “storia del rispetto della dignità e della libertà di una persona” anche l’Inquisizione? Racconteremo i roghi delle streghe? Racconteremo l’appoggio della chiesa ai regimi totalitari? Racconteremo le Crociate? Racconteremo l’antisemitismo? Io detesto portare queste argomentazioni trite e ritrite (perchè poi c’è sempre qualche coglione che tira fuori la storia dei gulag e delle foibe, come se parlando delle infamie commesse dalla chiesa si intendesse tacere o avallare altre infamie ,,,) ma mi sono anche rotto le palle delle tiritere che sono sempre le stesse. Usciamo da questo tunnel per favore!

Curiosamente, anche stavolta, in questa seconda tornata di discussione da “anno mille” (bel titolo per una trasmissione che potrebbe sostituire Annozero…segnaliamola alla RAI… ) una delle voci fuori dal coro arriva dal mondo religioso e precisamente da Gianni Long, ex presidente delle chiese evangeliche in Italia, il quale ci tiene a ricordare a tutti che “il crocifisso nei locali pubblici è una tradizione recente…risale all’epoca del fascismo e doveva essere esposto insieme ai ritratti del re e del duce

Piccole conseguenze dei Patti Lateranensi del 1929, epoca in cui, in base all’articolo 1 dello Statuto Albertino allora in vigore, la religione Cattolica, Apostolica e Romana era considerata religione di Stato

“Bei tempi”, direbbe Ratzinger.

In conclusione, se lo stato deve essere laico, la scuola statale si deve adeguare. Il crocifisso resti in chiesa e negli ambienti dichiaratamente cattolici. Nessuno da li lo toglierà mai. .

E se qualcuno, un domani, volesse toglierlo anche da li con la forza credo che sarà quello il tempo di combattere al fianco dei cristiani per difenderlo.

Molti sostengono che i giovani hanno bisogno di simboli.

Bene, allora scriviamo sui muri delle aule “Libertà, uguaglianza e fratellanza”, motto illuminista veramente laico.

In fondo sono tre parole in croce.