Scuola

Buona la prima, buona la seconda, <br/>e ora è il momento del “quiz”

Ecco come uno studente "non modello" di un liceo classico milanese racconta la sua maturità. Oggi il quinto appuntamento

Ripasso, ripasso e ancora ripasso! È la parola d’ordine di oggi, vigilia del temutissimo “quiz”. Perché se la prima prova della maturità dipendeva anche dalle capacità di espressione di ciascuno e la seconda dalle conoscenze di greco che certamente non si recuperano in pochi giorni, la terza prova dipende soprattutto da quanto si riesce a ripassare. Le materie? Tutte, visto che ciascun professore deve presentare delle domande che poi vengono scelte con un sorteggio.

Per farsi tornare in mente più cose possibili, la soluzione migliore è trovarsi con un po’ di compagni e farsi domande a raffica su tutto, ma proprio tutto. Io e gli altri della mia classe ci siamo fatti dare dai professori i quesiti domande dei compiti in classe di tutto l’anno. E alcune delle mie compagne più diligenti, tra gli appunti, hanno le domande delle interrogazioni: che divertimento rispondere di nuovo a tutte!

Ma come vi sono andate le prime due prove? A me sembra che il tema sia andato bene. Ma non lo voglio dire troppo per scaramanzia. Appena mi hanno consegnato il plico con le tracce ho subito individuato la mia: l’articolo di giornale di argomento storico-letterario sul ruolo dei giovani nella storia e nella politica. C’erano quattro brani estratti da discorsi di Benito Mussolini, Palmiro Togliatti, Aldo Moro e da un’enciclica di Giovanni Paolo II. Ho parlato delle proteste giovanili: secondo me non sono tanto delle risposte a un disagio del momento, ma dipendono dalla voglia che i ragazzi hanno di far sentire la propria voce. Speriamo la commissaria esterna apprezzi. E non si accorga che mi sono dimenticato di trascrivere in bella copia il titolo della traccia.

Sulla seconda prova non mi sbilancio. Al classico c’era la versione di greco: l’ho trovata piuttosto difficile, soprattutto per una delle frasi in mezzo, ma mi sono capitati testi di Platone ancora più incasinati. Il problema è che io ho il brutto vizio di convincermi sin dalle prime righe del senso di una versione e vado avanti, a testa bassa: così a volte stravolgo la grammatica e la sintassi del greco, pur di arrivare alla traduzione che mi sembra di aver intuito sia quella giusta. Speriamo questa volta di averci preso però, anche perché mi sa che sarà l’ultima versione della mia vita. A casa non ho avuto nemmeno il coraggio di controllare se la mia traduzione era corretta: preferisco rimanere in un’ignoranza sognatrice fino alla pubblicazione dei risultati degli scritti. E nelle altre scuole come è stata la prova? Difficile?

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