Il sito gira. E sembra pure veloce. Certo, non abbiamo la più pallida idea di quello che accadrà in mattinata quando, prevedibilmente, saremo di nuovo presi d’assalto. Intanto cerchiamo di aggiornare la pagina con nuovi articoli e interventi dei blogger. Ma ci assicurano che questa volta la difficile architettura delle macchine che ci permettono di entrare in contatto con il web dovrebbe reggere. Gli scongiuri però, dopo 48 ore d’inferno, non sono semplicemente di rito.
Obbligatorie sono poi le scuse. Non solo a tutti i navigatori ai quali va pure un sentito ringraziamento per esserci stati vicini e aver fatto il tifo per noi (basta leggere quello che viene scritto in centinaia di commenti e di blog). Qui dobbiamo soprattutto chiedere scusa ai nostri 40mila abbonati online che per scaricarsi il giornale in pdf (da loro pagato) ieri hanno dovuto fare i salti mortali. Se le cose si rimettono davvero a posto, ora andrà meglio.
Ma, arrivati a questo punto, non è il caso di eccedere nell’ottimismo. La notte, nel momento in cui scriviamo, è ancora lunga. E appare pure buia e piena d’insidie. Vediamo un bagliore là in fondo. Ma non sappiamo ancora cosa sia.
Nell’incertezza, due fatti però ci consolano. Le offerte concrete e disinteressate di aiuto che ci sono arrivate dai gestori di altri siti internet e di altre factory. E la guerra (non dichiarata) che ci ha mosso qualche grande gruppo editoriale dopo aver visto solo per pochi minuti ilfattoquotidiano.it.
Alcuni dei nostri blogger sono stati contatti ed è stato detto loro che se continueranno a usare i nostri spazi per dire quello che pensano, non potranno più scrivere sui loro giornali. Più che un attentato alla libertà di parola è un episodio (molto poco elegante) di concorrenza commerciale. Segno che se anche il nostro parto è doloroso, le nostre idee e le nostre invenzioni a molti fanno paura. Bene. Perchè, se riusciremo davvero a restare on line, da adesso cercheremo di farne loro ancora di più.