Politica

Un Truman Show incompleto da 327 milioni

Maddalena, i lavori per il G8 mai terminati Tutto a spese dei contribuenti

di Corrado Formigli

A guardarle oggi quelle immagini spiegano tanto, forse tutto. È una mattina di vento e di sole, due grossi fuoristrada Iveco bianchi nuovi di zecca sgommano sul piazzale sterrato dell’ex arsenale militare della Maddalena. Da uno scende l’uomo col quale ho un appuntamento. È Mauro Della Giovampaola, il capo della struttura di missione della Protezione civile qui, nel grande cantiere del G8. Il summit non si farà più.

Il Cavaliere, d’accordo con Bertolaso, ha già deciso di spostarlo a L’Aquila. Ma Della Giovampaola – oggi in carcere con l’accusa di corruzione, per aver ricevuto in uso un immobile sull’isola con personale di servizio, mobili di pregio, tre Bmw e mignotte di lusso in cambio di favori all’imprenditore Anemone – quel giorno di maggio ha un obiettivo: dimostrare che i lavori procedono alla grande. È un uomo alto e abbronzato, sulla quarantina, occhiali da sole tipo RayBan e camicia nera modaiola fuori dai jeans.

Un po’ "pariolo", direbbero a Roma, con l’aria sicura del capo indiscusso. La cosa che più mi colpisce è il codazzo. Uno stuolo di collaboratori che ci seguono a ogni passo.

È tutto un giro di occhiate e piccoli, impercettibili gesti per tenere a bada la troupe e sbarrare le vie proibite. Nonostante il G8 sia stato cancellato, questa è rimasta zona di massima sicurezza coperta da segreto di Stato. Il primo dei segreti da custodire – un giro di sguardo basta a capirlo – è che i lavori non sarebbero finiti in tempo. Quando arrivo sull’isola, mancano 40 giorni all’inizio del Vertice ma i cuori del megacantiere sono ancora aperti. Nonostante lo spostamento, si vuol mostrare che tutto procede. Ci sono gru che sollevano, ruspe che spingono, operai che sbuffano. Tutto a gran ritmo mentre la telecamera riprende. Pensi: ecco adesso mi giro e quel muletto ripassa esattamente nello stesso punto di prima.

Come nel Truman Show. È un film in 3D questa Maddalena a tempo di record. Un bel kolossal messo su dall’ingegner Della Giovampaola. Ad accompagnarlo nel giro che facciamo tra vecchie caserme recuperate e giganti di vetro c’è Stefano Boeri, l’architetto che ha disegnato il progetto generale dell’ex arsenale. È un’archistar, un fuoriclasse del pennarello, ma è furibondo perché non controlla più la situazione. Cos’hanno in mente Della Giovampaola e il suo capo Balducci? Vorranno davvero finire i lavori o è solo l’ennesimo show per la tv?

Visita guidata. Procediamo in colonna. Il padiglione sospeso sul mare che doveva ospitare le delegazioni è finito ma completamente vuoto. "Gli arredi sono stati bloccati" mi dice Boeri. Mi spiega che diventerà il più grande yacht club della Sardegna. Ce n’era bisogno? Andiamo avanti. Puntiamo verso l’hotel principale, quello che avrebbe dovuto ospitare Obama. Il profilo in pietra e vetro guarda la rada. Mancano ancora le opere verdi. La hall è spettrale.

Sarebbero dovuti arrivare gli arredi etno-chic firmati dal sardo Antonio Marras. "Gli artigiani locali si sono fatti il mazzo per finire tutto in tempo, poi è arrivato il trasferimento del G8 e non sono stati pagati" mi racconta una fonte sotto anonimato della struttura di missione. "Chiedi di mostrarti gli impianti delle cucine e le lavanderie", mi suggerisce. È quello che faccio, con aria fintamente innocente. Ma il codazzo mi blocca. Provo e riprovo ma niente: i Bertolaso boys sono segugi, le cucine e le lavatrici sono più top secret delle centrali nucleari iraniane. "Per forza, non le hanno finite – infierisce la fonte segreta – se ci veniva l’amico Putin voglio vedere chi gli lavava i calzini".

L’insieme dà un senso di provvisorietà. Qualche bell’arredo di design qua e là, una vasca d’autore, una poltrona minimal, ma anche cartongesso a coprire. "Qualcosa al G8 può essere sfuggito – ammette adesso un Bertolaso devastato dallo scandalo – ma quando fai in dieci mesi un’opera che di solito si finisce in dieci anni, non puoi controllare tutto".

L’ex ospedale militare poi: ristrutturato da Casamonti per la modica cifra di 73 milioni di euro – nelle intercettazioni l’architetto fiorentino si vanta di aver fatto lievitare fino a questa cifra assurda i costi – è un edificio antico e bellissimo. Della Giovampaola mi porta sul tetto che doveva essere un giardino pensile e invece è terra dura buona neanche per l’orto.

Nei mesi successivi, l’asta per venderlo è andata deserta. A noi, sardi e italiani, è costato oltre 700 mila euro a stanza e non ha neppure lo sbocco a mare: di fronte all’ingresso ci passa una strada battuta da macchine e tir. Sarebbe un cinque stelle ma non ha la spa né la piscina. Chiedete a un ricco turista americano di venirci, se avete il coraggio.

Non poteva che finire peggio. Lo hanno documentato otto mesi dopo quella mia visita Paolo Berizzi e Fabio Tonacci per Repubblica Tv.

Le stanze sono umide, intristite. Nella hall si vedono calcinacci caduti dal soffitto, infiltrazioni di umido, tubi scoperti. Avranno risparmiato sui materiali per far lievitare i costi o è il frutto dell’abbandono? Boeri è drastico: "Quelle immagini sono fuorvianti: pochi metri quadri a fronte di 35 mila in ottime condizioni. La verità è che il G8 alla Maddalena si poteva fare e che esistono ragioni anche poco nobili per le quali non si è fatto". Difficile dirlo per la "reggia" di Casamonti: sembra una casa di fantasmi circondata da gramigna e pozzanghere. Però riscaldata e illuminata – a spese nostre – ventiquattro ore al giorno.

Per le opere di questo G8 mancato sono stati spesi 327 milioni. I grandi non sono venuti, i turisti nemmeno. Il gruppo Marcegaglia si è preso tutto in concessione per quattro soldi: il prezzo di ambizioni vaghe – panfili estivi, coppe veliche, convegni sulla fauna marina – il risultato di un fallimento. Forse un giorno Boeri deciderà di levarsi qualche sasso dalle scarpe: "Se penso alle energie, soldi, tempo spesi mi trovo più nel ruolo dell’accusatore che di chi si deve difendere" ammette.

Eppure quel giorno di maggio sembrava tutto così chiaro: il G8 alla Maddalena sarebbe stato un traguardo difficile, forse impossibile, che a molti non interessava neppure raggiungere: quella corsa folle a colpi di maggiorazioni di ogni tipo, quel gigantesco spreco di pubblico denaro avevano già saziato l’avidità di corrotti e corruttori.

Da il Fatto Quotidiano del 14 febbraio