Politica

“Gasparri e La Russa non vogliono il regolamento antimafia”

L’accusa di Granata. E la Napoli dice "Renderebbe complicato fare le liste in Calabria"

di Sara Nicoli

Un bel guaio. Non si potrebbe definire altrimenti quello che sta andando in scena nella Commissione bicamerale Antimafia presieduta da Beppe Pisanu. E che si è messa in testa, sospinta dalla volontà del medesimo presidente ma con il supporto di tutti i gruppi parlamentari che la compongono, di dare il via a un regolamento antimafia sulle candidature alle prossime elezioni regionali davvero a prova di bomba. Solo che, proprio mentre si stava arrivando alle battute finali su un testo che non solo prevederebbe la decadenza di chi è rinviato a giudizio pur essendo stato eletto ma che espande – addirittura – questi vincoli anche su sindaci, assessori e pure consulenti di un consiglio regionale, ecco che in scena è entrato il capogruppo Pdl Antonino Caruso. E che, per farla breve, ha detto che quel regolamento non s’ha da fare.

Pisanu si è arrabbiato e ha rinviato tutto di un paio di settimane, ma la spaccatura dentro il Pdl è emersa con chiarezza. Perché Caruso ha tentato di vanificare un regolamento davvero incisivo sul fronte antimafia?

"Glielo spiego io il perché – tuona il vicepresidente della Commissione, l’ex aennino Fabio Granata – perché questa volta metteremmo davvero nei guai chi vuol fare il furbo, perché nel regolamento abbiamo scritto anche l’obbligo della Commissione di rivedere tutte le candidature, una volta stilate e di relazionare al Parlamento in merito a quelle posizioni che vengono considerate fuori dalle regole antimafia. Lei capisce che si tratta di una presa di posizione politica molto forte, ma Caruso è arrivato addirittura a dirci, per mettersi di traverso, che la Commissione antimafia non aveva il potere di fare una cosa del genere e ha presentato una serie di emendamenti per rendere tutto l’articolato meno vincolante. E stiamo parlando solo di cinque articoli".

Granata svela anche al Fatto quelli che sarebbero i retroscena dell’agire del capogruppo Caruso che "ci tiene tanto – sostiene ancora Granata – ad evitare deterrenti morali per i partiti".
"Sono Gasparri e La Russa che non vogliono che ci sia questo regolamento – dice ancora Granata – perché hanno una sensibilità politica diversa".

Solo questo? Angela Napoli, pidiellina in Commissione antimafia, mette il dito direttamente nella piaga: "Gasparri sta sovrintendendo in prima persona alla stesura delle liste in Calabria, visto che Scopelliti è il suo pupillo, e a quanto ne so stanno anche deviando alcuni candidati su liste collegate a quella del presidente in modo che non appaiano direttamente collegati al Pdl, questo almeno si dice; e il regolamento renderebbe tutto molto più complicato. Ecco perché Gasparri difende Caruso".

A questo scontro assiste, al momento silente, l’opposizione: "Mi sembra – spiega la senatrice Pd, Silvia Della Monica – che siano beghe in casa Pdl, ma se la questione dovesse precipitare faremo la nostra parte".
E’ chiaro che la questione del regolamento antimafia per le regionali è solo la punta dell’iceberg. Berlusconi, infatti, è tornato a chiedere una lesta revisione della legge sui pentiti subito appoggiata (anche questa) da Maurizio Gasparri. Che ieri, confermando tutte le voci che lo riguardano soprattutto nel Pdl, ha dichiarato: "Non vogliamo abolire la figura dei collaboratori di giustizia, che spesso danno contributi importanti, bisogna però fare più verifiche sulle loro dichiarazioni".

In questo modo, il presidente dei senatori Pdl ha dato man forte a chi nel suo stesso partito e nello stesso entourage di Berlusconi, vorrebbe ritirare fuori dal cassetto al più presto il ddl Valentino.
Cosa che Anna Finocchiaro, tanto per mettere un punto, ha subito respinto al mittente: "Non c’è nulla da cambiare". Ma si corre davvero questo rischio? Granata non ci crede. "Contro questa normativa abbiamo la voce contraria sia di Maroni sia di Alfano".

Conferma Angela Napoli. "Entrambi i ministri non ne vogliono sapere nulla, speriamo che Alfano non si faccia convincere a cambiare idea, ma non ci credo perché sarebbe devastante per tutto il Pdl, che non si potrebbe più lamentare se poi esce un collaboratore di giustizia e fa certe dichiarazioni; sarebbe questo sì un caso lampante di legge ad personam, altroché!".

Da il Fatto Quotidiano del 12 febbraio