Flavio Briatore e Massimo Calearo - Imprenditori

“Non siamo avidi, solo ricchi. Al business non si comanda”

31 Maggio 2021

Flavio Briatore, multiforme imprenditore con residenza fiscale nel principato di Monaco, e Massimo Calearo, vicentino, capo di un’azienda che fa affari nel mondo.

Briatore: “Io sono ricco ma non sono avido”.

Calearo: “Posso dire? Io anche un po’ generoso”.

Eppure voi ricchi siete spietati. Non vi bastano mai i soldi, sempre di più e di più. Briatore: Ma se li ho dati anche al San Raffaele? Quando faccio business devo però essere concentrato.

Calearo: Per essere generoso devi avere i soldi. Quindi prima devi farli. Dicevo ai miei genitori, veneti e cattolicissimi che avevano sempre la parrocchia in testa: prima mettiamo da parte i quattrini.

Il disastro di Stresa è un monumento all’avidità. Briatore: Ma quella è pazzia!

Calearo: Sono dei malati!

Malati, quindi. Calearo: Noi veneti siamo più tignosi, forse più feroci nella voglia di riuscire perché i nostri nonni erano poveri, quindi c’è questa molla dentro di noi, questo spirito guerriero, questa fame.

Memorabile Briatore quando propose di fare del Salento un resort di lusso. Briatore: Se fai venire in vacanza il povero ti lascia povero. Se ospiti il ricco ti fa diventare ricco.

Lei declinava i principi dell’altruismo ai pugliesi. Briatore: Ci vogliono hotel a cinque stelle, gente che investe. Il brand famoso chiama turisti che possono spendere e questo smuove un po’ tutto. È così difficile da capire?

Vuole un Billionaire ovunque. Briatore: Il Billionaire non è affatto caro. Le dico: a Dubai, dove ho un locale, una coppia di sposini non aveva il coraggio di metter piede, temeva che li spennassimo. Invece li abbiamo invitati e si sono accorti che con 180/200 euro si trascorre la serata.

Quegli sposini lo ricorderanno per sempre. Briatore: Formula base. Poi se vuoi lo champagne da seimila euro te lo diamo.

Calearo: Noi veneti non siamo esibizionisti. I meneghini, i parmensi girano con le Ferrari. Noi preferiamo tenerla in garage. Non siamo gente che ostenta.

Briatore: Adesso sono al Forte dei Marmi. Al Twiga si riprende finalmente. Avrei in mente di fare un hub vaccinale, così togliamo di mezzo la paura e ripartiamo.

Calearo: L’anno scorso abbiamo perso parecchio, soprattutto per via di un nostro stabilimento in Tunisia che ci ha dato tanti problemi. Ma quest’anno corriamo, il fatturato cresce.

Un lettino al Twiga? Briatore: Se non vuoi cose particolari con un centinaio di euro te la cavi. E con altri sessanta euro ti fai un bel lunch.

Se non hai in tasca nemmeno 160 euro, amen. Briatore: Non mi dica che sono prezzi enormi. L’azienda costa.

Calearo: Capiamoci. L’azienda non si mantiene se i ricavi non sono al livello che attendi. Poi il resto lo fa il talento.

Briatore: Molto lo fa il talento. Nel Salento non mi hanno capito, io dicevo delle cose abbastanza chiare.

Lei diceva di far andare i ricchi e mandar via i poveri. Briatore: Il povero mangia se c’è il ricco che lo fa mangiare. Lavora se c’è l’imprenditore che investe.

Si diventa ricchi anche sfruttando il lavoro, a volte anche fregando la legge. Calearo: Diciamoci la verità, noi veneti facciamo pazzie per gli schei. Però nessuno resiste con le mani in mano. Coniughiamo la disciplina asburgica con la fantasia dei meridionali. Siamo i migliori.

Briatore: Sa cosa sto pensando? Che al Twiga potremmo vaccinare i nipoti e i loro nonni. Anzi: a te giovane ti vacciniamo se porti anche tuo nonno.

Al Twiga? Briatore: all’hub del Twiga. Senza vaccinazioni a tappeto l’economia non gira come dovrebbe, il turismo non libera tutte le sue energie.

Calearo: Non sono più mondialista, non credo all’economia globale.

Non ha stabilimenti in Tunisia e Slovacchia? Calearo: Vede? Mi sto seriamente ricredendo.

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