Il Giglio Magico appassisce

Renzi-Boschi, è faida. Il premier non si fida più: sms, urla, divieti e voltafaccia. “Non so più come fare”

Da Etruria al referendum, il premier ormai non si fida: “Non so più come fare”. E alla Camera lei quasi lo ignora

Di Davide Vecchi e Carlo Tecce
16 Ottobre 2016

Governo e corazzata del Sì hanno una profonda quanto vistosa crepa. La meno prevedibile: tra il gran capo Matteo Renzi e l’ormai ex pupilla Maria Elena Boschi. Un’immagine imprime alla perfezione lo stato dei rapporti tra i due, è quella scattata alla Camera la mattina di mercoledì 12 ottobre durante l’intervento in aula del premier sul Consiglio europeo. Boschi non siede al fianco di Renzi, ma al lato estremo dei banchi. Una scena mai vista. Lontana, in disparte. E dopo appena dieci minuti dal suo arrivo si alza e se ne va, nonostante il premier stesse ancora parlando. Un comportamento notato da alcuni dei (pochi) deputati presenti in aula. Non sarà certo il segnale dell’epilogo, né la caduta del petalo fino a pochi mesi fa ritenuto il più prezioso e forte del Giglio magico. Ma è evidente che sia appassito. Boschi non sarebbe il primo fedelissimo eliminato da Renzi. Di precedenti ce ne sono molti. A Firenze come a Roma. Il premier ha mostrato il suo carattere. Quando qualcuno crea problemi, chiunque sia, viene lentamente allontanato ed escluso. In un momento delicato come questo, con il referendum alle porte, nessuna debolezza è accettabile. Tanto meno gli errori. Lo ha detto chiaramente ad alcuni dei suoi più stretti collaboratori e amici fidati. Con un messaggio lo scorso 5 ottobre si lamentava: “Non so più come fare”. E chi lo conosce riferisce che la sua non è rabbia ma sconforto, quasi rassegnazione.

L’accusa di lei: “Non mi difendi”
Il conflitto tra i due è iniziato prima dell’estate quando l’allora (ancora) pupilla ha accusato Renzi di averla abbandonata a difendersi dalle polemiche scaturite dalla vicenda Etruria che ha coinvolto il padre, Pier Luigi Boschi, ex vicepresidente dell’istituto di credito e indagato per bancarotta fraudolenta. Fonti vicine a entrambi raccontano (e confermano) di uno sfogo da parte della ministra nella stanza di Renzi a Palazzo Chigi. Lui inchiodato sulla sedia. Lei in piedi, dall’altra parte della scrivania. Sfogo durante il quale lei ha snocciolato al Capo tutto il malessere covato nei mesi, partendo dal rinfacciargli di non essersi schierato al suo fianco durante la Leopolda nel dicembre del 2015, quando fu travolta dallo scandalo del padre e costretta a rimandare la sua presenza di un giorno alla Medjugorje renziana. Da quell’11 dicembre, quando lei si nascose a Laterina a casa dei genitori, invece di essere alla stazione fiorentina; e Renzi non la chiamò né cercò direttamente, ma la fece avvisare dai suoi lanzichenecchi. “Ditele che sono arrabbiato, sta sbagliando”, era il messaggio trasmesso per interposta persona. Da allora i rapporti si sono fatti più freddi. E spesso sono stati mediati da un altro fedelissimo, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Luca Lotti. L’ex capo gabinetto di Palazzo Vecchio nel tempo ha preso il sopravvento, commissariando Boschi e frapponendosi tra lei e Renzi. La necessità di lavorare pancia a terra per la propaganda al Sì in vista del referendum ha allontanato ancora di più i due. E quando a metà settembre il premier ha approvato il tour all’estero di Boschi dettandole dei paletti comportamentali, lei ha sbottato nuovamente rivendicando una autonomia pari a quella ormai raggiunta da Lotti. Senza ottenerla. Perché le raccomandazioni ricevute da Renzi sono cadute nel nulla. Una, in particolare: “Non concedere interviste specifiche sulla riforma”.

A Buenos Aires “per cambiare l’Italia”
Il premier le aveva chiesto di camuffare il tour di campagna elettorale all’estero per il Sì in una missione istituzionale. E invece Boschi si è concessa alla stampa, caldeggiando la necessità della riforma. Su quotidiani e tv argentine è rimbalzato anche quanto dichiarato la sera del 27 settembre al teatro Coliseo di Buenos Aires, dove ha incontrato la comunità degli italiani residenti in Argentina. Oltre mille persone (e voti) presenti. E l’ambasciatore Teresa Castaldo a fare gli onori di casa. Il ministro ha scandito dal palco: “Questo è un referendum decisivo, potete decidere se cambiare il nostro Paese votando il Sì, o se lasciare le cose come stanno votando No”. Dichiarazione riportata anche in Italia dall’Ansa. Il giorno successivo il Fatto ha smascherato il bluff della missione istituzionale. E Palazzo Chigi si è affrettato a smentire: “Non è in programma nessuna iniziativa di partito”. Ma poche ore dopo, la conferma è arrivata da Boschi che ha pubblicato su Twitter e Facebook le foto del comizio al Coliseo accompagnate da un sintetico status: “A Buenos Aires per raccontare come stiamo cambiando il nostro Paese. Per un’Italia più semplice basta un Sì”. Il messaggio era fin troppo chiaro. A Palazzo Chigi però è risuonato come un allarme. Renzi ha accettato lo scontro e deciso di investire ancora di più Lotti nel “controllo” del petalo appassito. Diminuendone ulteriormente l’autonomia. E così anche i suoi interventi televisivi nei comodi (e accomodanti) talk italiani sono dovuti passare al vaglio del commissario.

Il “non vado” “anzi vado” con La7
Il 5 ottobre c’è il salotto di Porta a Porta. Maria Elena è invitata a confrontarsi con Stefano Parisi, il leader a metà del centrodestra, investito da Silvio Berlusconi e osteggiato dai forzisti doc capitanati da Renato Brunetta. Parisi è un moderato e soprattutto, per quanto si sia timidamente schierato per il No (invitando Renzi a rimanere al suo posto), rappresenta una fascia di elettorato cui il premier guarda con bramosia. A Boschi viene dato il via libera a partecipare con il suggerimento di occhieggiare a Parisi per accattivarsi il suo seguito. E che fa la Boschi? Aggredisce Parisi. Lo pressa. Fino a spingerlo ad ammettere: “Forza Italia non è il mio partito”. La performance non piace a Palazzo Chigi. E così quando due giorni dopo è attesa a Otto e mezzo (proprio nel momento di maggior freddezza tra La7 e il premier) con un confronto ben più imprevedibile con Matteo Salvini, le viene intimato di non andare. La sua presenza viene cancellata, come ricostruito dal Fatto il 7 ottobre. L’improvvisa marcia indietro fa emergere le difficoltà del Giglio magico, cavalcate dal leader della Lega. Le polemiche costringono Renzi a un ripensamento. Di cui però si pente. Perché Boschi cade proprio dove non dovrebbe: Banca Etruria. Salvini punta dritto alla truffa dei risparmiatori, ma non parla mai del padre del ministro. È lei che si mostra in difficoltà e fa riferimenti al genitore indagato. Da quel 7 ottobre, Boschi è sparita dagli schermi. Renzi ha deciso di fare da solo. Almeno per ora. Almeno in tv. Lei rimane il volto della riforma, ha presentato il libro Perché Sì e va in giro per l’Italia a fare campagna elettorale ma le è stato vietato – a oggi – di parlare con la stampa. I rapporti idilliaci con il capo sono ormai un ricordo. C’è chi già dà per certo che il ruolo di Maria Elena sarà ulteriormente ridimensionato. Gira, con insistenza, lo scoramento del capo: “Non so più come fare”.

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