Il contributo

Le “curanti”, donne-bancomat che si occupano dei nostri affetti

Lo scrittore Marco Balzano a marzo ha pubblicato il suo ultimo romanzo, “Quando tornerò” (Einaudi), in cui affronta la storia di una romena, madre di due figli, nemmeno cinquantenne, che va a lavorare a Milano. Gli abbiamo chiesto una riflessione proprio su quelle equilibriste e costruttrici di ponti che, per dare un futuro migliore alla propria famiglia, se ne devono allontanare per farsi carico della nostra

Di Marco Balzano
19 Maggio 2021
Marco Balzano
@Maria Cristina Traversi

La parola cura ha una radice indoeuropea che si ricollega al verbo “osservare”. Cosa ci racconta questo vocabolo così ampio e metaforico, che rischiamo di ridurre al solo significato medico e patologico? L’etimologia ci ricorda che per prendersi cura di qualcuno bisogna prima guardarlo attentamente, fermarsi a studiare i suoi bisogni, ad ascoltare la sua storia. La cura, dunque, implica la conoscenza, la necessità di entrare in una dimensione intima della relazione, di penetrare la superficie del rapporto per instaurare un legame profondo. Solamente così si possono mettere in atto delle strategie utili ed efficaci per la persona di cui ci stiamo occupando. Forse è per tutta questa complessità che di cura, in tutto il mondo, si occupano principalmente le donne.

Da trent’anni a questa parte il 70% dei migranti economici del pianeta è donna. Arrivano da noi quasi sempre per assistere qualcuno: anziani, bambini, fragili, malati. E ancora: appartamenti, alberghi, palazzi, servizi. Cura dei nostri affetti più cari, cura dei nostri spazi. Pulizia dei corpi, pulizia delle proprietà. Se tutto è in ordine quando torniamo dal lavoro, se stiamo tranquilli quando affidiamo i nostri affetti è perché a gestirli e a sorvegliarli c’è questo esercito di donne, “portatrici di cura”, come dicono gli inglesi, che le chiamano caregiver. E non è un caso che dove si usano parole migliori, ci sono anche condizioni lavorative migliori. Dove invece usiamo parole più degradantibadante, ad esempio, che vuol dire colui o colei che tiene buono qualcuno, che fa rimanere seduto l’alunno irrequieto, che sa mettere a cuccia l’animale – anche le condizioni rischiano di assomigliare alla lingua. Del resto la forza delle parole non sta nell’indicare gli oggetti, ma nel rivelare i nostri pensieri.

Niente di nuovo sotto il sole, direte. Vero, niente di nuovo. Eppure non ne parliamo, non mettiamo a fuoco quegli elementi che, a volerli osservare, sono davanti ai nostri occhi. Di questa migrazione silenziosa, infatti, non si parla quasi mai: nemmeno il leader più conservatore e populista si permetterebbe di metterla in discussione perché quasi certamente anche lui ha affidato un suo parente a una donna moldava o rumena, quasi certamente la sua casa e le scale del suo palazzo sono tenute pulite da una donna peruviana o filippina. Il nostro sistema si regge su queste donne che, come sappiamo, non sono solo donne, ma quasi tutte madri. Difficile che si emigri dall’altra parte del mondo, che si stravolga il proprio orizzonte di vita, di ambizioni, di affetti, solo per sé stesse. Lo si fa per gli altri, i figli in primis. Ecco che cos’altro rischiamo di perdere di vista: che portare cura a qualcuno vuol dire toglierla a qualcun altro. Queste donne la portano a degli estranei e la tolgono alle loro appartenenze. Nel mondo, dunque, ci sono milioni (sì, milioni) di bambini e di ragazzi left behind, lasciati indietro. Più invisibili ancora delle loro madri, chiuse h 24 nelle nostre case, alloggiate nelle nostre vecchie camerette.

C’è, infatti, chi non può nemmeno scegliere se partire o restare, ma può solamente aspettare: un ritorno, un ricongiungimento, un segnale. Di solito questo cenno i bambini e i ragazzi lo attendono attaccati allo schermo degli smartphone o dei pc ma – lo abbiamo visto anche noi in questo anno terribile – dopo un po’ ti stanchi di parlare attraverso uno schermo. Nella vita di un altro o ci sei o non ci sei. Così, se è vero che queste donne portano non solo cura ma emancipazione – riescono molto spesso a far studiare i loro figli, a dar loro possibilità simili a quelle che noi riusciamo a dare ai nostri – è altrettanto vero che il contrappasso che scontano è tremendo: vivono una vita a distanza, una “vicevita”, come direbbe il poeta Valerio Magrelli. Diventano donne-bancomat: sostengono qualcuno che amano ma che non vedono, che hanno messo al mondo ma con cui non vivono. Nel mio romanzo ho raccontato di una donna rumena, madre di due figli, nemmeno cinquantenne, che viene a lavorare a Milano. Ma se avessi preso come protagonista una donna che arriva dall’altra parte dell’oceano avrei dovuto tenere in considerazione che le volte in cui tornano a casa sono decisamente minori e a volte i figli non le riconoscono nel senso vero del termine.

Come delle creatrici di ponti, queste donne congiungono mondi, uniscono popolazioni, tengono insieme famiglie distanti e amori lontani, mani diventate tremanti e corpi divenuti insicuri. A volte le parole sono da riscrivere e da cambiare: visto che danno e portano cura, non sarebbe meglio chiamarle curanti? E quando se ne parla, specialmente adesso che la questione delle pari opportunità viene fuori con più forza e precisione, non sarebbe più giusto sottolineare il coraggio di chi prova a lanciarsi nel vuoto, a raccontarne e ascoltarne le storie, che hanno sempre il potere di farci sentire parte in causa e che sanno costringerci a un esercizio di empatia liberandoci dalla prigionia degli stereotipi?

Ti potrebbero interessare

Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione