L'8 marzo

Tutte a casa, ma mai arrese: il docufilm sulle donne italiane durante la pandemia

Grazie a 8000 contributi inviati da 500 testimoni, una campagna di crowdfunding e il lungo e faticoso lavoro di una troupe di professioniste, vede la luce (lunedì prossimo, alle 21.30 su La7d) il lavoro nato un anno fa, quando il primo lockdown imponeva alla metà femminile delle famiglie il doppio carico di lavoro

Di Tania Innamorati
3 Marzo 2021

Era il 9 marzo 2020, poco meno di un anno fa, quando l’ex premier Conte decretò il lockdown in tutto il Paese a seguito della crescita esponenziale dei contagi con i relativi ricoveri e decessi. Una data che rimarrà negli annali di storia e che per ogni persona ha segnato l’inizio di un periodo inedito della propria esistenza.

E mentre i balconi si riempivano di arcobaleni, musica e balli, utili a scacciare i pensieri e scongiurare la paura, un gruppo di 16 lavoratrici dello spettacolo si lasciava ispirare dall’eccezionalità della situazione trasformando da subito le disposizioni restrittive contenute nel famoso decreto #iorestoacasa in un’opportunità, quella di raccontare il lockdown dalla parte dalle donne.

Proprio a marzo 2020, dunque, prese il via l’esperimento “Tutte a Casa”, documentario partecipativo che nelle primissime settimane della pandemia ha chiamato all’azione centinaia di donne, chiedendo loro di riprendere e inviare una testimonianza o uno spaccato di vita durante quei 69 giorni che hanno cambiato la storia italiana.

Grazie a 8000 contributi inviati da 500 testimoni, una fruttuosa campagna di crowdfunding e il lungo e faticoso lavoro di una troupe di professioniste (autrici, montatrici, uffici stampa, producer), a distanza di un anno “Tutte a casa” vede la luce su La7D e lo fa in una data straordinariamente simbolica: l’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna e primo anniversario dell’ultimo giorno di “libertà” prima dell’entrata in vigore di quelle restrizioni pandemiche che ancora condizionano pesantemente la vita quotidiana dei cittadini.

A raccontare le proprie giornate, le emozioni, le preoccupazioni e i sentimenti, sono donne diverse per età, professione, provenienza, unite però da quella sensibilità e dolcezza tutta femminile: dalla dottoressa del reparto Covid, alla studentessa di liceo in DAD, dalla giovane influencer reduce da una forma aggressiva di malattia, alla figlia a cui il Covid ha portato via un genitore, fino alla rider notturna, alla ballerina di pool dance, alla cam-girl; lavoratrici in prima, seconda e terza linea, mamme, nonne, o semplicemente donne, che hanno regalato al primo documentario collettivo italiano a tematica femminile, un pensiero, un’immagine, una riflessione su loro stesse, sull’essere donne, sull’unicità del momento.

L’ideatrice, regista (insieme a Nina Baratta ed Eleonora Marino) e montatrice del documentario, Cristina D’Eredità, ha assemblato gli innumerevoli contributi con grazia misurata procedendo per tematiche (la casa, il corpo, la cura, la crisi, la rinascita, la libertà) e ripercorrendo così le orme dei maestri del cinema partecipativo, come la premiata coppia regista-produttore Kevin MacDonald – Ridley Scott (Premio Oscar per il miglior documentario per Un giorno a settembre il primo, regista tra gli altri di Thelma e Louise e Blade Runner il secondo), che con Life in a Day del 2010 e del 2020 (quest’ultimo in prossima uscita) ha aperto la strada a un genere cinematografico nuovo, una sorta di “cinema documento”, in cui gli stessi spettatori sono sia protagonisti che registi, organizzatori e cameraman di uno stralcio di film, contribuendo con il proprio self tape a costruire un inedito archivio di immagini e testimonianze del contemporaneo da lasciare ai posteri.

Tante le peculiarità che fanno di “Tutte a casa” un film da vedere e un progetto da sostenere: in primis ha dato voce per la prima volta a quella “metà del cielo” che ha pagato il prezzo più alto della pandemia in termini economici, professionali, e non solo; in secondo luogo l’ideazione, la realizzazione e la gestione del progetto è avvenuta collettivamente per opera di un gruppo di professioniste del settore che ha organizzato il lavoro in modo orizzontale e non verticistico riuscendo comunque a tagliare il traguardo in tempo e bene; infine il progetto è stato realizzato grazie al contributo in kind di tutto il collettivo finanziando la post-produzione con una raccolta fondi online (che ha permesso di raggiungere 15.000 euro, caso raro in Italia), sulla più longeva e ancora florida piattaforma di crowdfunding italiana, Produzioni dal Basso.

Le 16 professioniste che hanno realizzato il film sono Federica Alderighi, Nina Baratta, Giovanna Canè, Maria Raffaella De Donato, Cristina D’Eredità, Flavia De Strasser, Maria Antonia Fama, Rosa Ferro, Elisabetta Galgani, Elisa Flaminia Inno, Désirée Marianini, Eleonora Marino, Beatrice Miano, Viola Piccininni, Elettra Pizzi, Francesca Zanni.

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