Dopo l’Ilva, l’Isab di Priolo: l’ambiente senza tutela

30 Marzo 2023

Ma come è possibile restare zitti e inerti mentre in Italia questo governo sta concedendo alle peggiori industrie inquinanti licenza di uccidere e di distruggere il nostro ambiente già gravemente compromesso?

Tutto è cominciato con un decreto legge del gennaio 2023 con cui si è stabilito che gli impianti inquinanti dichiarati di interesse strategico nazionale non possono essere oggetto di sequestro e misure interdittive ma, di regola, devono continuare a operare sotto la responsabilità di un amministratore anche se vi sono fondati e specifici elementi che fanno ritenere concreto il pericolo che vengano commessi illeciti della stessa indole di quello per cui si procede. L’unica condizione è che venga adottato e attuato un “modello organizzativo idoneo” a garantire il necessario bilanciamento tra le esigenze di continuità dell’attività produttiva e di salvaguardia dell’occupazione e la tutela della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute e dell’ambiente. Anzi, gli inquinatori godono di impunità penale purché si attengano alle prescrizioni dettate per questo bilanciamento, anche se esse sono del tutto insufficienti a tutelare ambiente e salute. In sostanza, quindi, se un impianto viene dichiarato di interesse strategico nazionale, può essere autorizzato a continuare a inquinare in spregio a tutte le norme esistenti di difesa dell’ambiente e della salute in cambio di promesse e di previsioni “cartacee” totalmente generiche e non verificabili in tempi brevi.

Ovviamente, si tratta di normativa che prende spunto dalle tormentate vicende delle acciaierie Ilva di Taranto, tanto è vero che questo decreto è stato subito ribattezzato “salva Ilva”. Ma, in realtà, l’ambito è ben più ampio. Perché dopo l’Ilva è oggi la volta dell’impianto di raffinazione, gassificazione e cogenerazione di energia elettrica di Isab srl, inserito del polo petrolchimico di Augusta-Priolo Gargallo-Melilli, i cui scarichi tossici confluiscono, insieme ad altri, in un impianto consortile di depurazione anche esso sottoposto a procedimenti e sequestri penali in quanto depura in modo del tutto inadeguato, provocando gravi rischi per salute e ambiente. E così anche tutti questi impianti siciliani, con un decreto del presidente del Consiglio dei ministri, il 3 febbraio 2023 sono stati dichiarati di “interesse nazionale”. E, di conseguenza, vengono svincolati dalle leggi “normali” e assoggettati solo alle misure che il governo riterrà necessarie per garantire “il bilanciamento” tra le esigenze suddette.

Ne riparleremo, ma almeno due osservazioni vanno fatte subito. La prima riguarda questo famoso “bilanciamento”, invocato più volte dal governo, tra occupazione-lavoro e ambiente-salute. Lo abbiamo già scritto ma è bene ripeterlo: come è possibile operare un qualsiasi bilanciamento con il diritto alla vita e alla salute? Forse, accettando un numero limitato e “ragionevole” di decessi e di malattie? A questo proposito, nella sua prima ordinanza di sequestro Ilva del 2012, il Gip di Taranto evidenziava giustamente che, in tal modo, “si arriverebbe all’assurdo giuridico di operare delle comparazioni fra il numero di decessi accettabili in relazione al numero di posti di lavoro assicurabili: le più elementari regole di diritto e soprattutto del buon senso vietano un simile ragionamento”. E anche la Corte costituzionale meglio precisando nel 2018 (sent. n. 58) alcune infelici espressioni utilizzate nel 2013, ha concluso che “l’attività d’impresa, ai sensi dell’art. 41 Cost., si deve esplicare sempre in modo da non recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. Rimuovere prontamente i fattori di pericolo per la salute, l’incolumità e la vita dei lavoratori costituisce infatti condizione minima e indispensabile perché l’attività produttiva si svolga in armonia con i princìpi costituzionali, sempre attenti anzitutto alle esigenze basilari della persona”; si tratta, cioè, di “fondamentali valori tutelati dalla Costituzione”. Tanto più che, appena un anno fa, il nostro Parlamento ha aggiunto all’art. 9 della Costituzione che “la Repubblica tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi anche nell’interesse delle future generazioni” e all’art. 41 che “l’iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza, alla salute e all’ambiente”.

Appare, quindi, di tutta evidenza che, dopo queste modifiche, deve essere considerata incostituzionale qualsiasi legge che consenta a una attività produttiva di arrecare un danno alla salute e all’ambiente, tenendo anche conto dell’interesse delle future generazioni. Il che esclude, con ogni evidenza, qualsiasi possibile “bilanciamento”, in caso di contrasto, con esigenze diverse di tipo economico, industriale o occupazionale.

La seconda osservazione è molto più semplice. Quale sarà la prossima grande azienda che riceverà da questo governo licenza di inquinare e uccidere in deroga a tutte le leggi e ai fondamentali principi della nostra Costituzione?

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