Vite da ricordare

Maria Silvia Spolato, il coraggio (di essere se stessa) ha lasciato un segno

Lotte e indigenza - Sara Poma ha reso omaggio, con un volume, alla figura della prima donna italiana che sbandierò pubblicamente la propria omosessualità e fondò il primo movimento lgbt+. Un'esistenza senza compromessi, pagata a caro prezzo

Di Sara Poma
31 Gennaio 2023

“Il coraggio verrà” (HarperCollins, € 18.50, pp 288), titolo tratto da un verso di Maria Silvia Spolato, è l’esordio letterario di Sara Poma. Non è solo una biografia o un memoir, è il racconto di un amore e di più amori, un libro che restituisce la figura di una grande donna del Novecento, le cui azioni hanno aperto una strada alle generazioni successive. Abbiamo chiesto a Sara Poma di raccontarci chi era Spolato e cos’ha rappresentato per lei.


C’è un progetto documentaristico che è entrato nella storia della tv inglese. Si chiama Up e va in onda ogni 7 anni, dal 1964. Prevede una serie di interviste a una decina di persone, le stesse da sei decenni. Nella prima stagione del documentario, i protagonisti hanno sette anni, nell’ultimo, uscito nel 2019, ne hanno 64. Il concetto è che nella vita di ogni persona sette anni sono il lasso di tempo in cui l’esistenza evolve, creando una serie di spartiacque. In mezzo c’è il diventare adulti, i successi, i fallimenti, le felicità e anche le tragedie personali in alcuni casi. Se dovessi pensare di applicare questo criterio alla vita di Maria Silvia Spolato, la prima persona a dichiarare pubblicamente la propria omosessualità in Italia nel 1972, i suoi momenti spartiacque sarebbero questi.

I suoi sette anni coincidono con il 1942 ed è in quel momento che comincia a capire cosa significa essere in guerra. È più fortunata di alcune sue compagne di scuola perché i suoi genitori possono permettersi di lasciare la loro bellissima casa nel centro di Padova per sfollare in montagna, in Alto Adige. Lì comincia ad appassionarsi ai libri. Capisce che riescono a tenerle compagnia. A quattordici anni, nel 1949, la guerra è un ricordo confuso. Si è iscritta al liceo scientifico Ippolito Nievo, a due passi da casa sua. Oltre ai libri ha scoperto di adorare i numeri. A 21 anni, è il 1956, vive sempre a Padova, si è iscritta alla facoltà di Scienze matematiche. Per quanto continui ad adorare numeri e formule, fa un po’ fatica ad andare bene agli esami. È probabilmente distratta da qualche amore nascosto per qualche ragazza. Ha scoperto di non essere l’unica persona al mondo a cui piacciono le donne da quando ha messo le mani su un romanzo inglese intitolato Il pozzo della solitudine.

A 28 anni, nel 1963, è ormai laureata da un paio di anni. Non a pieni voti, ma non importa. È riuscita a trovare lavoro subito nel dipartimento di ricerca e sviluppo della Pirelli. Cercava un posto qualsiasi per andarsene da Padova e provare a vivere in una grande città. Sta cercando ancora di capire se le piace vivere a Milano. Di certo l’offerta culturale è invidiabile, ma ancora non sa se vuole rimanere lì. Nel 1970, Maria Silvia ha 35 anni. È tornata a Padova da 4 anni, in seguito alla morte di suo padre. Ma la provincia le sta stretta. Il ‘68 le è passato davanti agli occhi. Vuole disperatamente andare dove si stanno muovendo delle cose. Così prova a far fruttare la sua laurea in matematica proponendosi come insegnante. La chiamano da un istituto tecnico di Frascati. Va benissimo, Frascati è vicino a Roma, dove le donne si stanno organizzando, dove sta succedendo qualcosa.Nel 1977, Maria Silvia ha superato i quaranta. Gli ultimi anni sono stati intensissimi, un meraviglioso susseguirsi di soddisfazioni, seguite da difficoltà sempre più difficili da superare.

Alla fine del 1971 ha perso il lavoro di insegnante per indegnità. Alla presidenza non è andato giù il suo attivismo e il suo dichiararsi apertamente lesbica. Nel ‘72 è scesa in piazza insieme alle femministe, con un cartello con scritto ‘Fronte di liberazione omosessuale’. Era la sigla di un gruppo creato da lei, il primo movimento omosessuale italiano. La sua discesa in piazza viene immortalata in una foto che finisce sulla rivista Panorama. Pochissimo dopo, a Torino, nasce il F.U.O.R.I, il Fronte unitario omosessuale italiano e ne prende parte. Nel ‘73 ha scritto un libro con prefazione di Dacia Maraini, in cui ha mappato tutti i gruppi omosessuali europei e americani. Un lavoro destinato a entrare nella storia della comunità. Fino al ‘75 è stata attivisssima, ha partecipato a conferenze, sit in, manifestazioni, occupazioni, ha lavorato alla rivista del F.U.O.R.I., ma l’indigenza causata dall’essere senza lavoro ha cominciato a farsi sentire. Ha perso la casa, ha cominciato a dormire dove capitava e, per non passare la notte per strada, si è inventata un metodo ingegnoso: la sera sale alla Tiburtina sul treno diretto a Bolzano e dorme viaggiando, con un tetto sopra la testa. Alcune amiche femministe la aiutano comprandole degli abbonamenti, ma in quel 1977 ha tagliato i ponti quasi con tutte.

Si sente paranoica, ha paura di essere minacciata e spiata. Sette anni dopo, nel 1984, Maria Silvia ha 49 anni ma ne dimostra molti di più. Continua a fare su e giù per l’Italia dormendo sui treni. Trascina una pesante sacca piena di libri perché la letteratura è l’unica cosa che la tiene ancorata a terra. Nel 1991 è una cinquantaseienne che dimostra una settantina d’anni. Sta cominciando a considerare l’ipotesi di stabilirsi a Bolzano. In città la conoscono tutti, è diventata una specie di personaggio locale. Non ha una casa, dorme sempre sui treni, ma frequenta assiduamente la biblioteca comunale. Ha anche fatto amicizia con una donna, Hilda, la bigliettaia della stazione. Hilda sembra non stancarsi mai quando lei le racconta dei libri che ha letto, dei cruciverba e dei rebus che è riuscita a risolvere sulla Settimana Enigmistica e della musica che amava da giovane. Nel 1998, Maria Silvia ha messo definitivamente radici a Bolzano. È stata accolta a Casa Margaret, un rifugio per donne che hanno subito violenza. La vita per strada l’ha messa in pericolo e l’ha provata.

Passano altri sette anni ed è il 2005, Maria Silvia è ospitata ora in un’altra struttura, sempre a Bolzano. Si chiama Villa Armonia ed è una casa di cura. Prova un po’ di diffidenza verso quel luogo e gli altri anziani ospiti le stanno alla larga. Non capiscono la sua stranezza. È sempre amica di Hilda però, che quando smonta dal lavoro la va a trovare. Nel 2012, Maria Silvia ha ormai 77 anni. Villa Armonia è diventata la sua casa. È riuscita a farsi installare un videoregistratore in camera per guardare vecchi film che le piacciono tanto. Quando il fisico lo permette, gira per i corridoi e i saloni con una piccola macchina fotografica istantanea. Immortala gli altri ospiti e i momenti di attività collettive. Nessuno conosce il suo passato, la sua storia, ma due persone in particolare, Betty, l’addetta alle attività ricreative e Paolo, il musicoterapista, hanno intuito che quella donna anziana è diversa da tutti gli altri ospiti. Sette anni dopo, nel 2019, Maria Silvia è morta da un anno. Io scopro la sua storia di lì a poco. Ho poco più di quarant’anni e quell’incontro cambia la mia vita per sempre. Un momento spartiacque in una delle tante porzioni di sette anni della mia esistenza.

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