Il volume

#Senzagiridiboa, se la maternità è un “impedimento temporaneo invalidante”

Dai social alle librerie - Le parole della stilista Elisabetta Franchi hanno dato vita a un movimento per la difesa dei diritti (di tutti). Ne sono nati uno spettacolo teatrale (presentato al Festival di Internazionale a Ferrara) e un libro, nel quale sono state raccolte decine di testimonianze di donne alle prese con la fatica di conciliare lavoro e vita privata

7 Ottobre 2022

“Le donne le prendo dopo i quattro giri di boa. Sono tranquille e lavorano h24”. La spiegazione di Elisabetta Franchi sulla selezione delle donne da assumere prevede che queste abbiano già contratto matrimonio, fatto figli, semmai divorziato e siano over 40. A maggio di quest’anno, da questa frase è nato il movimento #senzagiridiboa. Oggi le esperienze di quelle giornaliste che l’hanno fondato, insieme con decine di storie da loro raccolte, sono diventate un libro, edito da Paper First. Ne pubblichiamo uno stralcio a firma di Francesca Fornario.


Da autrice satirica, l’iniziativa cosmetica che ricordo con più affetto per il suo esito grottesco è il Fertility Day, ideato nel 2016 dalla ministra della Sanità Beatrice Lorenzin, prima in Forza Italia e poi eletta a Modena con i voti del Pd. Certa del fatto che il crollo delle nascite fosse da attribuire alla scarsa conoscenza che le donne hanno del loro apparato riproduttivo, la ministra ha istituito una giornata di sensibilizzazione per informarci che “La bellezza non ha età, la fertilità sì”, come recitava lo slogan. Sui manifesti c’era la foto di una donna che brandiva una clessidra. Sottotesto: sbrigati a procreare perché potrebbe essere tardi! Sommersa dalle critiche, la ministra ha partorito un nuovo volantino. Illustrava gli stili di vita da adottare e quelli da evitare per aumentare le possibilità di concepire un figlio. Lo stile di vita suggerito faceva ricorso all’immagine di due coppie al mare. Vestite e naturalmente bianche. Quello da evitare, rimandava alla foto di un gruppo di ragazze e ragazzi di diverse etnie promiscuamente abbracciati su un divano, davanti a un tavolino ingombro di bicchieri e sigarette. Ora, può anche darsi che pure una coppia così pudica da andare al mare vestita abbia una qualche chance di procreare, ma la maggior parte delle persone che conosco hanno concepito dopo una serata alcolica simile a quella illustrata sul volantino.

Si è andati avanti così per decenni, a forza di campagne e di bonus, fino ad approdare al Bonus mamma, il premio una tantum di 800 euro elargito a tutte le mamme – e non ai papà, anche nel caso in cui siano l’unico genitore – che ne facciano richiesta entro un anno dalla nascita del bambino. A tutte, comprese quelle molto ricche o miliardarie. A spese dell’Inps, facendo ancora una volta gravare sull’istituto di previdenza l’onere dell’assistenza che dovrebbe invece essere a carico della fiscalità generale. Perché mai un governo stabilisce di togliere risorse ai pensionati – attingendo ai soldi che i lavoratori versano per la loro pensione – per regalare centinaia di euro a tutte le mamme che ne fanno richiesta, comprese le più ricche e quelle che non ne hanno alcuna necessità? Non sarebbe più giusto proporzionare il contributo in base al reddito, alla condizione di bisogno? Perché, invece di redistribuire la ricchezza come prevede la Costituzione, se ne favorisce la concentrazione nelle mani dei ricchi, facendo dell’Italia il Paese più diseguale d’Europa secondo il coefficiente di Gini (in Italia l’1 per cento più ricco detiene oltre un quarto della ricchezza nazionale)? Bisognava indignarsi per questo. Lega e Fratelli d’Italia hanno invece gridato allo scandalo perché il bonus andava anche ai figli delle madri straniere. Anche l’Inps si rifiutava di pagare il bonus alle donne non italiane, benché regolarmente residenti in Italia. Alle miliardarie sì, anche se non versano contributi; alle straniere no, anche se li versano. Al cospetto delle tessere del domino abbattute e rimpiazzate dai bonus per tutte le mamme purché non straniere, il destinatario finale dell’indignazione di noi donne non può essere l’imprenditrice famelica che si accanisce contro la maternità ma le leggi che hanno reso lecito questo accanimento e i politici che le hanno votate.

GUARDA – #SenzaGiriDiBoa, il lavoro non è quello di Elisabetta Franchi

Il problema coinvolge in prima linea noi giornaliste. Non solo per la responsabilità che abbiamo di informare l’opinione pubblica, frastornata dalle giravolte della politica nell’unico Paese dove le cose che promette il centrodestra le fa il centrosinistra. Se molte giornaliste non hanno saputo o potuto denunciare chiamando in causa la politica è perché, come molte lavoratrici, sono ricattabili. Lavorano a cottimo, pagate a pezzo fintanto che sono in grado di produrre pezzi, o firmando contratti dove la maternità viene esplicitamente equiparata alla malattia (alla “patologia invalidante”), stabilendo che alcun corrispettivo sarebbe dovuto se non si fosse in grado di presentarsi al lavoro.

In questo libro non abbiamo soltanto raccolto le storie delle donne che si sono viste discriminare. Le abbiamo fatte scrivere a loro.

Giornaliste che, anche quando la forma del contratto è stata modificata rimuovendo l’increscioso paragone gravidanza-patologia invalidante – presente nel contratto del servizio pubblico – se lo sono ritrovato identico nella sostanza: “Laddove dovesse insorgere un impedimento, anche temporaneo, ad espletare le attività di cui al presente contratto, ella si impegna a darcene tempestiva comunicazione scritta con indicazione della presunta durata dell’impedimento stesso. Nulla le sarà dovuto per le prestazioni non eseguite”. Quel che per le vecchie generazioni era: “Amore, sono incinta”, per la nuova stirpe di giornaliste precarie è diventato: “Amore, è insorto un impedimento temporaneo ad espletare le attività di cui al presente contratto”. Un contratto di lavoro che sparisce nel preciso momento in cui tu avresti bisogno di essere tutelata da un contratto di lavoro.


Per #senzagiridiboa hanno scritto:

Francesca Biagiotti, Valeria Brigida, Giulia Cerino, Gaia De Scalzi, Micaela Farrocco, Francesca Fornario, Silvia Franco, Chiara Maria Gargioli, Linda Giannattasio, Sara Giudice, Barbara Gubellini, Sofia Mattioli, Ambra Orengo, Valentina Petrini, Giulia Presutti, Chiara Proietti D’Ambra, Nathania Zevi

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