La testimonianza

La Croce Rossa di Susa: “Qui tra le nevi censiti in 1.077 in un mese: sempre più i bambini”

Il progetto della fondazione FQ - Parla Michele Belmondo, Croce Rossa Italia, Comitato Susa: “Noi montanari se vediamo che di mezzo c'è la vita lasciamo da parte le questioni politiche”

11 Dicembre 2021

Solo nel novembre scorso la Croce Rossa di Susa ne ha censiti 1.077, tra adulti e bambini. Non c’è stanzialità. Per raccogliere le forze i migranti si fermano una notte, raramente due, e poi sfidano la montagna nella speranza che il buio li aiuti a eludere i controlli della polizia di frontiera francese. Giovedì, per dire, un ragazzo algerino è finito nella Dora, alle Gorge di San Gervasio, quando saranno state le nove di sera. Se l’è cavata grazie al Soccorso alpino. Gli sciatori che ci vanno di giorno sanno che si tratta di un luogo bellissimo, tra Cesana e Clavière. Ma di notte puoi morirci assiderato.

A raccontarmi il suo inverno valsusino fra i turisti e i migranti, sotto la neve che cade fitta, è un giovane uomo di 29 anni, Michele Belmondo, nativo di Bussoleno. Ricorda che alle elementari le maestre li portavano alle manifestazioni No-Tav come fossero gite scolastiche, tanto era naturale trovarsi uniti in quella lotta. A 14 anni ha cominciato a fare il volontario nella Croce Rossa, ora è il responsabile del Comitato di Susa. Si è fatto le ossa negli interventi di protezione civile, incendi, dissesto idrogeologico. Poi la pandemia ha reso necessario raddoppiare la distribuzione dei pacchi alimentari. Le attività di pronto soccorso con ambulanze e motoslitte non si interrompono. Ma ora, di fronte a un’altra emergenza divenuta normalità, Michele Belmondo ha deciso di chiedere aiuto alla nostra Fondazione Fatto Quotidiano.

“Da quando la Francia ha sospeso il trattato di Schengen e richiuso le frontiere – racconta – abbiamo conosciuto diversi tipi di viaggi della disperazione. Dapprima, soprattutto intorno a Bardonecchia, africani giovanissimi e inesperti che sfidavano la sorte in scarpe da ginnastica. D’estate è più facile. Ma questi la neve non l’avevano mai vista, e d’inverno si avventuravano in zone a rischio valanghe”.

Continua a ricordare Michele Belmondo: “Dopo sono arrivati i ragazzi che speravano di ottenere protezione umanitaria in Italia, spinti a cercar fortuna altrove dai decreti Salvini. Meno sprovveduti, pensavano di cavarsela a scavalcare le Alpi, grazie alla app del telefonino. Se respinti, ritentavano subito: i più ce l’hanno fatta”. E adesso? “Ora dalla rotta balcanica stanno arrivando famiglie numerose, magari separate in gruppi diversi. Questi sanno già cos’è la neve, ma ciò rende più difficile dissuaderli dall’affrontare la traversata in una notte d’inverno. Se li immagina, al buio in marcia coi bambini sulle spalle?”.

Con la Croce Rossa operano una quarantina di volontari. Altri cento ruotano intorno al Rifugio Massi di Oulx, i cui posti letto sono quasi sempre esauriti. Lo ha fondato il parroco di Bussoleno, don Luigi Chiampo. Chi lava le coperte. Chi cucina i pasti. Chi recupera scarpe e indumenti caldi. Spesso i migranti in sovrannumero devono essere ricoverati nel Polo logistico di Bussoleno, non lontano dalla casa di Michele Belmondo e del suo vicino Emilio Scalzo, ora estradato e rinchiuso nella prigione francese di Aix Luynes, a seguito di uno scontro con la Gendarmerie. Protestavano contro un respingimento brutale. “Certo che conosco Emilio. È un uomo buono, è uno dei nostri, siamo una valle solidale”, non si tira indietro il capo dei crocerossini.

I montanari non si fanno troppe domande politiche quando c’è di mezzo la vita delle persone. Cercano di fargli capire quanto possano essere pericolosi un orrido, una forra, le trappole nascoste in un passaggio di neve fresca.

Sono stranieri diversi da quelli benestanti che, per fortuna, tornano a riempire gli alberghi di Sestrière, Sansicario, Cesana, Sauze d’Oulx? Pazienza, che siano poveri non fa paura. Però c’è bisogno di tutto per garantire loro la sopravvivenza in alta quota.

“Quando ho letto che nasceva la Fondazione Il Fatto Quotidiano – spiega Belmondo – mi sono ricordato che l’anno scorso venne quassù Simone Bauducco, un videomaker che fece un bel reportage per il vostro sito. Allora ho deciso di provarci, vi ho contattati. Abbiamo una media di mille transiti al mese, più di un centinaio sono minori. L’indispensabile ha costi minimi, ma serve un finanziamento continuativo”.

Facciamo un po’ di conti: “Il kit di assistenza comprende una coperta termica, mascherine chirurgiche, gel lavamani, acqua, barrette energetiche, scaldamani/piedi e poncho antipioggia. Costa 10 euro”. Il primo obiettivo della Fondazione è di acquistarne 500. Poi c’è la fornitura di pasti e bevande autoriscaldanti: “Ogni fornitura costa 5 euro”. Per questo, l’obiettivo della Fondazione è di acquistarne almeno mille.

È solo l’inizio, contiamo sulla generosità dei lettori.

IL SITO DELLA FONDAZIONE IL FATTO QUOTIDIANO

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