L’Intervista

Zucchero: ‘Da De Andrè ai Genesis, canto io. Clapton? Spero si ravveda sui vaccini. Ora è in fase negativa’

Miniera di aneddoti - Il cantautore esce con un disco di cover: "Ero partito da una lista di 500 brani". Sul premier Draghi: “All'inizio ho pensato che fosse una buona mossa, ora sono meno convinto. E mi fa paura che, anche al governo, della cultura popolare non freghi un cazzo a nessuno". I vini di Sting, il singolo di Vasco

17 Novembre 2021

Un nuovo disco interamente di cover, “Discover”, che spazia da Fabrizio De André a Morricone e (Roger Waters), da Fabio Concato ai Coldplay, dai Genesis a Chris Isaak, da Michael Stipe a Vera Hall (e Moby). Zucchero torna in pista, e come sempre chiacchierare equivale a svelare una meravigliosa miniera di aneddoti.

E’ vero che sei partito da una lista di 500 brani?
“Per forza: dentro c’erano tutte le canzoni che amo, dalla gavetta nelle balere dei Settanta ad oggi. E’ il primo disco in cui suono la batteria, mi sono divertito. Se non fossi stato un cantante sarei stato un batterista. E’ anche la prima volta che lavoro a distanza, per me è faticoso perché devo sempre avere tutto sotto controllo”.

Quanto ti ha cambiato la pandemia?
“Era pronto il tour, stavamo per partire con ottanta elementi. Per due mesi sono stato sotto un treno. Poi ho cercato di ricominciare a fare il mio mestiere, che era e resta fare musica. E’ una tragedia che ha colpito tutti, infatti questo è un disco senza canzoni particolarmente allegre. C’è molta malinconia”.

La scelta delle cover italiane è molto coraggiosa.
“E’ stata la parte più difficile. E’ ovvio che volevo fare Guccini, De Gregori. Avevo quasi pronta anche Le cose che pensano di Battisti. Poi ho preferito scegliere Fiore di maggio di Concato: una poesia”.

C’è anche Bocelli, tra i brani scelti.
“A fine ‘94 venne da me e mi fece ascoltare Con te partirò. Doveva andare a Sanremo, ma non era convinto. La ascoltai e gli dissi che era una canzone molto forte. Fino alle 5 di mattina cercai di convincerlo, ma lui niente. Anche alla prima serata di Sanremo andò proprio svogliato. Lo chiamai alle 2 di notte in hotel e gli dissi: “Guarda, se devi cantarla così puoi anche tornare a casa”. Poi finalmente ci ha messo un po’ di gas. Molti anni dopo ho immaginato di cantarla io, meno pomposa e più mia”.

Cos’è per te una cover?
“La cover ha senso solo se riesci a rendere quella canzone un po’ tua. Ci sono dei brani che non puoi proprio fare, perché ti ci fai male. Imagine su tutte. Oppure A whiter shade of pale, una delle mie preferite, ma l’hanno già fatta in tanti. Al massimo la suono dal vivo, ma su disco no”.
Hai mai pensato di reinterpretare Graziani e Battiato?
“Ivan Graziani era in lista. Agnese dolce Agnese e Lugano addio stavo per farle. Battiato, no. Sono sempre stato un suo fan, La voce del padrone l’ho proprio consumato, ma non avrei aggiunto nulla a una canzone di Battiato. Come Comfortably Numb: cosa posso dare di più a un brano così?”.

Però hai suonato i Genesis. Altro rischio.
“La scorsa settimana ho fatto tutto il Peloponneso in macchina. Mi sono riascoltato tutti i Genesis. Come cazzo suonavano! Phil Collins era una bestia. L’ho conosciuto quando debuttai come supporter di Eric Clapton alla Royal Albert Hall di Londra. Collins veniva tutte le sere come ospite di Clapton, aveva anche suonato nel disco della sua rinascita (August). Faceva due o tre brani alla batteria. Siamo spesso stati a cena insieme in quel periodo. Una persona molto divertente, simpatica, con un sarcasmo molto british”.

Come hai convinto Michael Stipe a darti il suo brano?
“C’era il lockdown e stavo su Youtube a cercare nuovi brani di qualità. Ho visto Stipe con l’organino in un video fatto col telefonino. Batteria elettronica e poco più. Mi si è aperto il cielo: un capolavoro! Ci eravamo incontrati due o tre volte, nel primo caso a una festa degli U2 che avevano suonato a Milano. Abbiamo parlato un po’ a cena. E poi il bassista dei Rem è molto amico di una mia cara amica. Il manager di Stipe mi ha dato il suo numero. L’ho chiamato, gli ho chiesto se potevo fare il testo in italiano e lui ha detto di sì in maniera entusiasta. Ero convinto di mandargli un semplice provino, poi è successa una piccola magia”.

Quale?
“Le cose più belle mi capitano sempre quando sono psicologicamente sotto terra. Vai giù e arriva una mano che ti tira su: la vita è così. Il sindaco di Venezia mi ha chiamato per rilanciare la città durante il lockdown. Ho una casa là e lo conosco. Gli ho detto che avevo questa canzone di Stipe e che potevo suonarla al piano in una Piazza San Marco deserta, per poi metterla su Youtube. Così è stato. Stipe ha visto il video e mi ha dedicato un post molto affettuoso e commosso. Ero proprio a terra in quel periodo”.

E De André?
“Merito di Dori Ghezzi. Mi ha sempre detto che dovevo cantare Ho visto Nina volare. Io credevo che fossero due mondi non proprio vicini, il mio e quello di Fabrizio. Però le diedi retta e la feci qualche anno fa. Piacque molto. Non volevo riproporla su disco in maniera identica. Coì l’ho riarrangiata e ho chiesto a Dori se per questo disco mi dava un pezzetto della canzone originale. Adesso ogni volta che la ascolto non vedo l’ora che arrivi la sua voce, e quando arriva Fabrizio è come se mi arrivare una folata di vento alla schiena che mi fa andare in ottava a mio modo. La Universal ha sbagliato a scrivere “featuring De André”: non è un duetto, ma un cameo. Un omaggio.

L’hai conosciuto?
“Purtroppo no. Ci siamo visti solo a una cena per un Telegatto. Ricordo che mi fece molto ridere con alcune battute, ma non ci siamo più incontrati. Peccato: avrei voluto conoscere il suo cervello e passarci del tempo, mi sarei arricchito”.

Uno di quelli più a suo agio nel disco è Mahmood.
“Mi è sempre piaciuto, tecnicamente lo ritengo molto bravo. Ci ho sempre visto un’anima soul. Ha un che di “negroide” dentro, lo dico tra mille virgolettate. Gli ho mandato 20 canzoni per fargliene scegliere una. La Universal ha la fissa di prendere la star adulta e farla duettare con un giovane per rendere l’adulto “radio friendly”. Okay, ma devo essere credibile tanto io quanto il giovane! Altrimenti non ha senso. Ho detto un sacco di no, tranne che per Mahmood. In studio è bravissimo. Gli chiedevo un quarto di tono, un mezzo tono, cose complicate, e lui ci prendeva sempre. Farebbe benissimo Al Green: anche Mahmood ha quella voce un po’ con gli svolazzi”.

Mi ha colpito la scelta di Lost Boys Calling, unione tra due giganti come Morricone e Roger Waters.
“Il testo di Waters è straordinario. Prim’ancora che lo scrivesse, dieci anni fa mi chiesero di scegliere un brano di Morricone per poi scriverci un testo. Io scelsi proprio Lost Boys Calling. Poi non se ne fece più di niente. Quando ho deciso di incidere Discover, mi sono imbattuto nel testo di Waters e l’ho lasciato, aggiungendo una parte suonata che Morricone non aveva previsto. Spero, ovunque sia, che mi perdoni”.

Lo conoscevi bene
“Morricone era molto carino con me, ma anche molto severo musicalmente. Aveva scritto un brano per Oro incenso e birra, Libera l’amore. David Sancious non riusciva a comprendere la sua parte. Eravamo a Memphis. Sancious insisteva perché io chiamassi Morricone e mi facessi spiegare tutto. Non ero convinto che fosse una buona idea, ma alla fine ho ceduto. Chiamo il Maestro e con timore gli dico: “Scusa Ennio, ma c’è il pianista che ha qualche problema, non capisce bene”. E lui, glaciale: “Digli di studiare di più”. E mi ha attaccato in faccia. Meraviglioso”.

E’ vero che fai gara con Sting su chi ogni anno faccia il miglior vino?
“Non c’è gara, vince sempre lui per distacco. Ma gioca sporco: la sua zona (Figline Valdarno) è più vocata della mia, spende un sacco di soldi e poi si è affidato a un super enologo, Cotarella. Nella mia Lunigiana faccio vini più semplici e quotidiani, con vitigni autoctoni. Li preferisco ai vinoni. E comunque sull’aceto balsamico tradizionale stravinco io”.

Cosa mi devo aspettare dal tuo concerto con Clapton a Berlino nel 2022? Ho già il biglietto, eh…
“Spero che Eric si ravveda sui vaccini. L’ha presa troppo di petto. Ha avuto molti effetti collaterali dopo la vaccinazione, per via dei suoi problemi ai nervi di mani e piedi. Lo dico con affetto, a lui devo molto, ma ogni tanto Eric subisce i retaggi degli effetti di tutto l’alcol e le droghe che si è preso. Di colpo diventa cupo, scuro e si chiude. Poi improvvisamente si riprende ed è un gentleman compagnone delizioso. Ora è in fase di grande negatività, anche nei confronti di se stesso”.

L’hai sentito l’ultimo disco di Vasco?
“Per ora solo il singolo. Una ballata tradizionale alla Vasco. Mi è piaciuta più di alcuni singoli degli album precedenti. Sai, Vasco ormai va avanti di rendita. In Italia ha un seguito incredibile”.

Perché sei uno dei pochi ad avere seguito anche all’estero?
“Vasco ci ha provato, e non solo lui, ma secondo me hanno fallito anche perché non gliene fregava più di tanto. Anche ai tempi di Oro incenso e birra, quando facevamo gli stadi, avevo comunque la voglia di andare fuori. Ero pronto persino a ricominciare da capo. Sai, magari in Italia fai gli stadi, hai tutto, sei la star e poi ti ritrovi a Zurigo e se va bene fai 500 persone con tre luci e un impiantino. Molti ci rimangono male. Io no. Non mi sono mai sentito svilito se avevo meno gente e una produzione più piccola. Era una sfida in più. Nelle prime date in Francia avevo 200 persone, ed è ovvio che se vado a Memphis o Lafayette non canto per 100mila persone ma per 2mila”.

La musica non incide?
“Immagino che anche quella mi aiuti. Io attingo dalla tradizione melodica italiana, ma mi ispiro pure alle radici afroamericane. E tutto questo al pubblico straniero arriva, perché la musica parla un linguaggio tradizionale a prescindere dalla lingua”.

Ti sei definito un partigiano reggiano. Il ritorno del fascismo è un’esagerazione della sinistra?
“Mica tanto, “esagerazione”. In Italia come all’estero. Non penso al fascismo col fez e l’olio di ricino, ma avverto un clima pesante. Un grande disagio, un malcontento, una rabbia pericolosa. E mi fa paura che, anche al governo, della cultura popolare non freghi un cazzo a nessuno. Teatri, cinema, concerti. Le prime cose da tagliare. Io ho le spalle coperte, ma gli altri?”

Che Italia vedi?
“Vedo un’Italia molto in bianco e nero, anzi dark. C’è una nebulosa su tutto e politicamente non riesco più a credere a nessuno. Penso a Draghi: all’inizio ho pensato che fosse una buona mossa, già adesso sono meno convinto perché mi sembra che faccia tutto lui. Oppure il Ddl Zan: abbiamo fatto un passo indietro enorme, siamo ritornati al Medioevo o quasi. Ai miei tempi c’erano David Bowie, Freddie Mercury, Elton John: a nessuno fregava nulla se erano omosessuali o no. Ora è il contrario”.

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