La manifestazione

Verona, nella marea fucsia che ha invaso la città: la protesta con mille facce e mille anime

In 30-40mila secondo la questura. In 100mila per le organizzatrici - “Dall’uguaglianza all’istruzione: sotto attacco i diritti di tutti”

31 Marzo 2019

Margherita è appena uscita da scuola e sulle spalle ha ancora lo zaino con i libri. La compagna, Elisa, stringe una scopa su cui ha appiccicato un cartello disegnato a mano. Recita: “Indietro non si torna”. Per loro è la prima volta. Laura, che di anni ne ha invece 35, tiene la bimba di 18 mesi avvolta in una fascia fucsia sulla pancia: di fianco la nonna ogni tanto si china per controllare che dorma. Riccardo ha il rossetto rosso sulle labbra e gli orecchini a cerchio: “Vi do abbastanza fastidio?”, grida. Intorno parte il coro: “Odio la Lega, la-la-la-la”. E la folla risponde con un boato.

La marea femminista che ha invaso Verona ha mille facce, tante quante le sue anime. La prima risposta di piazza della storia al World Congress of Families è una manifestazione pacifica che fa un gran rumore: è una festa di colori sgargianti, slogan al megafono e risate. Centomila le presenze secondo le organizzatrici, 30mila secondo la polizia. Ci sono le mamme, ci sono i papà con i passeggini. Ci sono gli stranieri e le coppie omosessuali. Ci sono i cartelli in difesa della 194 e pure la marionetta del senatore leghista Simone Pillon dentro una gabbia. Ci sono le iscritte alla Cgil con i guanti da lavoro, assieme al loro segretario Maurizio Landini, e le assessore Pd dell’Emilia Romagna che, solo per oggi, indossano la fascia da sindache. Ci sono, ma pochi, i politici: dalla dem Monica Cirinnà a Pippo Civati. C’è pure Maria, la figlia del leader del Family Day Massimo Gandolfini. Il padre è al Wcf, dentro Palazzo della Gran Guardia, lei in piazza. Alle telecamere del Fatto.it dice: “Mio padre è un uomo frustrato che cerca a tutti i costi di mandare avanti un orgoglio maschilista. Ma ha perso in partenza. È inutile la sua battaglia. Io sono stata cresciuta con i valori della famiglia tradizionale, ma quel modello mi rendeva infelice”.

Al lato della strada, a metà percorso, si presenta una signora con cappotto e borsetta: “Benvenute”, grida facendo voltare quasi tutti. “E grazie per occupare la nostra città”. È la “piazza transanzionale”, tenuta a battesimo ieri da “Non una di meno”, tra fazzoletti fucsia, a riempire le strade: un popolo di diversi, ognuno con la sua soggettività, la sua età e la sua storia, ma con un allarme comune: “C’è un attacco a tutti i diritti”, dice Antonella Lestani, presidente Anpi a Udine.

“L’opposizione in questa Paese deve ripartire da noi”, prosegue Antonella. “Dopo tanti anni le femministe si sono risvegliate e ora lanciano un messaggio chiaro: non possiamo più stare a guardare mentre smantellano alcuni dei principi della nostra Costituzione, dall’uguaglianza all’istruzione”. Dietro di lei, Marianna Toffanin tiene stretta una bandiera con i colori arcobaleno: “Sono partita da casa all’alba e l’ho fatto per dare l’esempio ai miei due figli maschi: hanno visto che la loro mamma scende in piazza per difendere le donne. Forse serviva vivere questo periodo storico, per farci tornare sulla strada che le nostre madri hanno tracciato. L’indignazione si sta trasformando in azione. E bisogna seminare, farlo con le giovani generazioni”.

Poco più indietro ci sono Stefano e Andrea, coppia omosessuale che viene da Viareggio: “Attaccano chi, per loro, è diverso”, spiegano. “Qualcuno sta dicendo che noi, in quanto gay, non siamo riconosciuti come persone al pari della altre. Ma noi esistiamo. La famiglia è dove c’è amore. Serve andare in piazza per dirlo? Bene, ci siamo”. Nel mucchio c’è anche Sovi, 23 anni, nigeriano, da due anni a Pavia: “Sono gay e oggi sono felice. Perché qui con me ci sono persone che non hanno paura di dire chi sono”.

Il corteo, lunghissimo, per un pomeriggio travolge Verona. Stefania, 32 anni, è appena scesa da un treno da Roma, ha una bandana fucsia legata proprio sotto il mento: “Eccole le femministe, quelle che tanto fanno paura. Ecco il nostro movimento che unisce. Che i politici continuino pure a ignorarci, ci riprenderemo quello che ci spetta”. Proprio in quel momento il serpente umano passa sotto un balcone del centro storico: una signora, capelli bianchi e in carrozzina, alza una mano e la folla la acclama. “Non siamo sole”, si emoziona Stefania: “E abbiamo appena ricominciato a lottare”. “Siamo la luna che muove le maree e cambieremo il mondo con le nostre idee”, scrivono su Twitter, a fine giornata, le femministe di “Non una di meno”.

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