Il caso

L’Eni nell’intrigo congolese. Ma Conte: “Descalzi resti”

Conflitto d’interessi - I sospetto dei pm: c’era la moglie dell’ad fino al 2014 dietro il gruppo che affittò navi al colosso dal 2012 al 2017. Il premier: “Ha la mia fiducia”

Di Marco Lilloe Ferruccio Sansa
22 Dicembre 2018

Conte non molla Descalzi. Il premier ieri ha ribadito la sua fiducia nonostante nell’inchiesta sul petrolio del Congo appaia il nome di sua moglie che però non è indagata. A ilfattoquotidiano.it ieri in conferenza stampa Conte ha risposto: “Fino a quando non verranno accertati fatti penalmente rilevanti nei confronti di Claudio Descalzi, avrà la mia fiducia. Mi parla di vicende personali della moglie di Descalzi e per me la responsabilità penale è personale”.

Alessandro Di Battista, contattato dal Fatto, preferisce non commentare. Nel 2014, quando era all’opposizione, aveva chiesto le dimissioni di Descalzi per l’inchiesta sul petrolio nigeriano. Oggi è di scena il Congo.

Video di Manolo Lanaro

Come ha riferito il Corriere della Sera, giovedì i pm di Milano hanno acquisito all’Eni i contratti con società fornitrici straniere. Agli inquirenti interessa la Petro Service Congo, controllata come un’altra decina di società dalla olandese Petro Serve Holding BV. Dal sito www.petro-services.com si scopre che questo colosso opera in Nigeria, Gabon, Angola, Mozambico e possiede una grande flotta navale. Lavora con Eni e altri grandi gruppi. Dal 2012 al 2017 il gruppo secondo gli inquirenti ha affittato a Eni Congo Sa navi e servizi per 105 milioni di dollari. Ecco il punto: nel 2014, sempre secondo gli inquirenti, Marie Magdalena Ingoba, la moglie congolese di Descalzi, avrebbe controllato la Petro Service Congo attraverso una società lussemburghese: la Cardon Investments Sa. La circostanza, se confermata, solleverebbe almeno un conflitto di interessi per il numero uno Eni.

“Non ne ho mai sentito parlare e non ho mai avuto a che fare con questa società”, è la risposta di lady Ingoba-Descalzi. Eppure, per gli inquirenti milanesi, la documentazione sulle imprese lussemburghesi confermerebbe che l’8 aprile 2014 – una settimana prima che il governo Renzi designasse Descalzi alla guida dell’Eni – Ingoba avrebbe venduto le sue quote di Cardon Investments sa ad Alexander Anthony Haly. Sul sito internet del gruppo Petro-Services il giovane manager inglese con base a Montecarlo figura come amministratore delegato del gruppo. Lo scorso 5 aprile è stato perquisito a Monaco dai pm milanesi. Come Roberto Casula (ex numero tre dell’Eni) e Maria Paduano (manager ambientale della società). L’inchiesta puntava allora su altre società. Ora la Procura ha trovato nuove “evidenze investigative” secondo le quali l’8 aprile 2014 Haly avrebbe comprato le quote della Cardon Investments Sa dalla moglie di Descalzi. Per capire qualcosa di più il Fatto ha visionato i documenti camerali delle società. La piramide è così composta: in basso troviamo Petro Service Congo e le altre consorelle africane, tutte controllate da Petroserve Holding Bv, società di diritto olandese fondata nel 2000 con un capitale di 18 mila euro e sede a Capelle aan den IJssel, Olanda Meridionale. Ma è solo l’inizio: per capire chi c’è dietro bisogna andare in Lussemburgo dove si trova la Cardon. Oltre alla Petro Service Congo, controlla anche quella del Ghana, nonché società petrolifere operanti in Nigeria. E appunto la Petroserve olandese. Tra gli amministratori c’è a Haly.

La Cardon risulta costituita dalla JMCPS, una fiduciaria lussemburghese a sua volta costituita un’ultima fiduciaria che si chiama Bureau d’Ecosse. Da capogiro.

Dall’Eni affermano: “La nostra società conferma la correttezza del proprio operato e l’estraneità a qualsiasi condotta illecita. In relazioni alle indagini della Procura di Milano, Eni ha già avviato le opportune verifiche interne anche con il coinvolgimento di uno studio legale indipendente e sta prestando piena collaborazione all’autorità giudiziaria. Per quanto riguarda il ruolo ipotizzato per la Signora Ingoba in relazione alla società Petro Service Congo, Eni fa riferimento alla smentita esplicita data dalla Signora sul proprio presunto coinvolgimento come detentrice di quote di proprietà tramite la società Cardon Investments”.

La questione della società lussemburghese e del rapporto presunto tra Ingoba e Haly si inserisce nel filone emerso già il 5 aprile: la Guardia di Finanza aveva eseguito una serie di perquisizioni a Milano, Roma e Montecarlo, gli indagati sarebbero seii. Oggetto: le concessioni petrolifere in Congo, del valore di almeno 350 milioni di euro. L’ipotesi è che, per ottenere il rinnovo della concessione, l’Eni abbia pagato un sovrapprezzo di circa il 10 per cento, preteso dalle autorità congolesi per promuovere l’economia del Paese.

Un altro possibile caso di corruzione internazionale, come quello nigeriano. I benefici sarebbero andati a politici e amministratori del Congo. Per l’accusa non ci sarebbero mazzette ma benefici sullo sfruttamento dei giacimenti. La vicenda sarebbe ruotata intorno alla Aogc (Africa Oil and Gas Corporation), controllata di fatto da Denis Gokana, consigliere del dittatore locale Denis Sassou Nguesso. Il decreto di perquisizione di aprile, firmato dai pm Paolo Storari e Sergio Spadaro, spiega che nel 2013 entra in scena anche un’altra società che acquista il 23 per cento di un importante permesso estrattivo, il Marine XI: la Wnr, World Natural Resources. È “una società di comodo” con sede a Londra – scrivono i magistrati – controllata da alcune società schermo, Sceplum e Oligo. Tra i directors che si sono succeduti alla guida di Wnr c’ il solito Haly. Solo le indagini diranno se Haly è stato davvero il compratore delle quote lussemburghesi di Cardon dalla moglie di Descalzi.

AGGIORNAMENTO

l’Ing. Roberto Casula è stato assolto con sentenza passata in giudicato nel processo c.d. OLP 245 e la sua posizione è stata archiviata per quel che riguarda il reato di corruzione internazionale per la c.d. vicenda congolese.

AGGIORNAMENTO
Precisiamo che il Gip presso il Tribunale di Milano ha disposto l’archiviazione del procedimento nei confronti della signora Marie Magdalena Ingoba e di tutti gli altri indagati

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