L’inchiesta - Il verbale: “Su Renzi sr. raccomandai di essere attenti”

Consip, il numero due dei carabinieri Maruccia: “Dissi a Del Sette che lo accusavano”

Il 20 dicembre quando il presidente Consip parlava ai pm, il capo di Stato maggiore Maruccia avvertì il comandante

23 Dicembre 2017

L’allora Comandante generale dei Carabinieri, Tullio Del Sette, ha saputo subito dopo l’interrogatorio di Luigi Ferrara, ex presidente della Consip, che quest’ultimo lo aveva tirato in ballo per la fuga di notizie in suo favore. Lo avvertì il capo di Stato maggiore Gaetano Maruccia. E lo stesso numero due dei carabinieri lo racconta al procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone e ai pm Paolo Ielo e Mario Palazzi, il 22 luglio scorso, sentito come testimone. La sua deposizione è fondamentale per ricostruire come le informazioni sull’inchiesta Consip, trasmesse legittimamente all’interno dei Carabinieri lungo la scala gerarchica siano poi uscite verso i vertici della Consip, intercettati in quel momento dal Noe dei Carabinieri su delega dei pm di Napoli. Per la fuga di notizie sono indagati per rivelazione di segreto il comandante Tullio Del Sette, il ministro dello Sport Luca Lotti e l’ex comandante della Legione Toscana Emanuele Saltalamacchia.

Davanti ai pm Maruccia da una parte scagiona il proprio comandante dicendo che mai ha riferito quel poco che sapeva dell’indagine Consip (mentre Il Fatto aveva scritto che Maruccia aveva dichiarato di aver riferito genericamente dell’esistenza dell’indagine), dall’altra però rivela un fatto inedito avvenuto il 20 dicembre 2016. Quel giorno i Carabinieri del Noe perquisiscono Consip dopo che l’allora Ad Luigi Marroni aveva disposto la bonifica dalle microspie. Sentito sul punto, Marroni dichiara di aver saputo dell’indagine da Filippo Vannoni, Saltalamacchia, Lotti e Ferrara, che gli avrebbe detto di averlo saputo da Del Sette. Versione che Ferrara in un primo momento conferma. “Il 20 dicembre 2016 – dice Maruccia a verbale – il colonnello Sessa (vicecomandante del Noe, ora indagato per depistaggio, ndr) mi informò che era in atto la perquisizione in Consip (…), segnalazione che pervenne poi, anche formalmente sui canali ufficiale. Riferii tale circostanza, tramite sms, a Del Sette, in quel momento non in ufficio, stante il rilievo pubblico che tale notizia avrebbe sicuramente assunto”. Fin qui nulla di strano. “Nella tarda serata (…) – continua Maruccia –, Sessa ebbe a riferirmi che (…) Ferrara aveva fatto il nome del comandante Del Sette con riferimento alla fuga di notizie, senza altro specificarmi in ordine a quanto dichiarato”. A questo punto Maruccia sa che il suo Comandante è tirato in ballo. Il giorno dopo i pm lo iscriveranno come indagato per favoreggiamento e rivelazione di segreto. Maruccia si trova davanti a un bivio: informare il suo Capo in ossequio alla gerarchia o tutelare il segreto investigativo? Così Maruccia spiega ai pm romani cosa decise di fare quella sera: “Riferii anche tale comunicazione al Generale Del Sette, nei suddetti termini sintetici; solo il 22 dicembre apprendemmo, attraverso la lettura del Fatto, maggiori dettagli”. Quel giorno Marco Lillo firma lo scoop sul comandante indagato.

Maruccia dice di non aver riferito a Del Sette né ad altri dell’indagine prima della soffiata ai vertici di Consip. Ma lui quando ne viene a conoscenza? Con i pm il capo di Stato Maggiore parte da lontano, dal “secondo semestre del 2015” e cioè dalla “ristrutturazione delle linee di comando dei reparti speciali dell’Arma”: molti uomini del Noe sono andati all’Aise, i servizi segreti esteri, compreso il colonnello Sergio De Caprio, alias Ultimo. Allora, racconta Maruccia, ha incontrato “sporadicamente” Sessa e “più sporadicamente” il colonnello Fabio De Rosa, estraneo all’indagine. Si parlava della mancanza di personale al Noe. “Nel corso di tali incontri – racconta Maruccia – avvenuti in un arco temporale tra la primavera del 2016 e quella del 2017, proprio ed esclusivamente al fine di evidenziare le difficoltà conseguenti al depauripamento di personale, Sessa e De Rosa mi fecero una sommaria rassegna delle più rilevanti iniziative investigative seguite dal Comando. (…) Mi accennarono, in modo non particolareggiato, anche dell’indagine Consip. Essenzialmente mi dissero che tale indagine riguardava in primis Romeo (…) ed alle sue possibili ingerenze nei confronti dei vertici Consip, citandomi in particolare Marroni e Ferrara, nonché del coinvolgimento di Bocchino (l’ex parlamentare, ora indagato per traffico di influenze, ndr) (…) Furono informazioni piuttosto generiche (…). Tutte queste informazioni, su questa e altre indagini, (…) mi venivano riferite con la finalità che ho rappresentato, senza che io abbia mai stimolato o sollecitato la comunicazione…”. Maruccia dice di non aver mai condiviso queste informazioni con “organi né gerarchici né collaterali”.

Di Tiziano Renzi, indagato a Roma dal febbraio 2017 per traffico di influenze ma intercettato a Napoli già da dicembre 2016, dice di aver saputo verso la fine del 2016: “Sempre Sessa mi riferii che stavano attenzionando Tiziano Renzi come possibile tramite tra Romeo e gli amministratori Consip; non mi parlarono di intercettazioni (…). Raccomandai loro di essere molto attenti nelle indagini e nella valutazione delle stesse, sia per il profilo di oggettiva delicatezza istituzionale della persona, sia perché non si erano ancora sopite le polemiche per precedenti indagini dello stesso Comando Tutela e della Procura di Napoli su persone vicine all’allora Presidente del Consiglio e che peraltro non avevano avuto esiti giudiziari”. E sembra riferirsi all’intercettazione Renzi-Adinolfi captata nell’ambito dell’indagine Cpl Concordia, svolta sempre dal Noe. “Dissi pure – continua Maruccia – che se si fossero acquisite prove di reato bisognava procedere come in qualsiasi altro caso. Di tutto questo non informai Del Sette perché non lo ritenni necessario (…). Lo avrei informato se ci fossero stati risultati completi. Non ricordo con precisione quando Sessa mi disse ciò, credo a fine novembre e quindi penso dopo l’articolo de La Verità del 6 novembre”. Così il capo di Stato Maggiore toglie dalle grane il proprio capo, spiegando di non avergli detto nulla.

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