Nuove indagini

Ilaria Alpi, le carte sparite e poi riapparse dopo 5 anni con la telefonata che incolpa “gli italiani”

Le intercettazioni inedite di tre somali: “40 mila dollari del governo africano per la difesa di Hassan”, in cella ingiustamente

21 Aprile 2018

È un gioco di specchi, di testimoni falsi, di carte che spariscono e riappaiono. Sono passati 24 anni dal 20 marzo 1994, quando l’inviata Rai Ilaria Alpi e il suo operatore Miran Hrovatin rimasero uccisi in un agguato a Mogadiscio, in Somalia. Una montagna di carte raccolte nel corso di inchieste, processi finiti con la condanna di un innocente, un ginepraio di ipotesi e l’ombra del depistaggio, evocata apertamente dalla recente sentenza della corte di Appello di Perugia, intervenuta nella revisione della sentenza contro il somalo Hashi Omar Hassan, dichiarato innocente dopo 17 anni di carcere.

E ora, quando il Gip di Roma sta per decidere su una richiesta di archiviazione, appare una nuova pista. O meglio, l’ombra di nuovi indizi, che però arrivano con cinque anni di ritardo. Un tempo inspiegabile.

Quando il 17 aprile scorso si è aperta la camera di consiglio del Giudice per le indagini preliminari la Procura di Roma ha sorpreso tutti depositando nuovi atti. Si tratta di una informativa della Guardia di Finanza di Firenze del dicembre 2012, con la trascrizione di alcune telefonate tra somali. Tre sono i protagonisti. C’è il gestore di un money transfer di Birmingham, città inglese con una forte presenza delle comunità del Corno d’Africa, che chiama il suo corrispondente, anche lui somalo, gestore di un centro di trasferimento di fondi nel cuore di Firenze, a pochi passi dalla stazione di Santa Maria Novella. I due sono coinvolti in un’indagine ampia della Dda fiorentina, accusati di far parte di una organizzazione specializzata nel gestire immigrati irregolari. Gestiscono flussi finanziari delle comunità del Corno d’Africa, attraverso il sistema fiduciario Hawala.

C’è poi un terzo somalo, molto noto, l’avvocato Douglas Duale, uno dei tre difensori di Hashi Omar Hassan, prima condannato nel 2002 come componente del gruppo di fuoco che uccise Alpi e Hrovatin, poi assolto definitivamente nel 2017, dopo la conferma – venuta dalla trasmissione Chi l’ha visto – delle false accuse arrivate da un testimone fuggito in Inghilterra nel 1997, senza mai deporre in aula. A legare i tre è un passaggio di denaro, 40 mila dollari partiti dalla presidenza della Somalia all’inizio del 2012 e destinati all’avvocato Duale per il caso Hashi. Una prima tranche, affermano i due gestori dei money transfer, di una somma molto alta, 200 mila dollari. Nelle conversazioni uno dei due somali afferma, poi, che Ilaria Alpi “è stata uccisa da militari italiani”. Questi gli elementi nuovi che ora il Gip dovrà valutare, forniti tre giorni fa alla difesa della famiglia Alpi dalla Procura di Roma.

Riscontri, al momento, non ce ne sono. Le accuse agli italiani potrebbero essere semplicemente un sentito dire, una storia che si è ormai consolidata – anche grazie a tanti elementi ormai certi – nella cultura orale dei somali. Più concreto è quel passaggio di soldi, ma che, da solo, potrebbe essere non significativo.

Hashi Omar Hassan di certo nei suoi 17 anni in carcere non ha mai vissuto da detenuto ricco e di quella somma non sapeva nulla, ha assicurato. Poteva contare su 100 euro ogni tre mesi per le piccole spese. Quei 40 mila dollari – che vengono cambiati con 29.800 euro – potevano essere soldi raccolti tra le comunità somale o offerti dal governo di Mogadiscio – come si afferma nelle intercettazioni – per finanziare la sua difesa legale. “Sono senza parole – ha commentato Douglas Duale, sentito da Il Fatto –. Quei soldi, raccolti dalla famiglia di Hashi, sono serviti per spese della difesa”. L’avvocato poi aggiunge: “Conoscevo quelle intercettazioni, perché depositate in un processo di Catania dove difendevo dei somali. Non le ho mai considerate perché per me erano irrilevanti”.

C’è però di più. L’informativa risulta inviata per competenza alla Procura di Roma dalla Dda di Firenze alla fine del dicembre 2012. Il fascicolo, però, è ricevuto da piazzale Clodio solo cinque anni dopo, nel gennaio del 2018. Un tempo non spiegabile con le normali procedure giudiziarie. Cosa è accaduto in quei cinque anni? E dove si è fermato il fascicolo? Ora sarà il Gip a decidere che peso hanno queste nuove carte.

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