L’inchiesta

Desirée, otto segnalazioni in sette mesi. “Denunce ignorate. Forse avremmo potuto salvare una vita”

La studentessa uccisa - La “zona franca” occupata dai pusher più volte segnalata dal Municipio alla Prefettura, giovani africani sentiti in Questura

Di Vincenzo Bisbiglia
25 Ottobre 2018

Almeno otto segnalazioni in sette mesi. Denunce puntualmente presentate al tavolo per la sicurezza dei municipi del centro di Roma, coordinato dalla Prefettura. Il tutto senza alcun effetto visibile. L’ultima riunione si era svolta proprio pochi giorni prima della morte di Desirée Mariottini, avvenuta nella notte fra giovedì e venerdì. Una zona franca, nel cuore della Capitale, cui il Municipio II di Roma – che si estende dall’universitaria San Lorenzo fino agli altolocati Parioli – voleva porre fine.

Il primo di questi verbali è stato consegnato alle forze dell’ordine riunite il 12 aprile. Nel testo, dettagliati, venivano descritte le situazioni “di grave pericolo per la sicurezza dei cittadini” e la pericolosa assenza di interventi di bonifica seguenti gli sgomberi periodicamente effettuati. “Tutte denunce ignorate” arriva oggi a dire, con una certa rabbia, l’assessore municipale all’Ambiente, Rino Fabiano. Una situazione di completa anarchia in un ex complesso abbandonato che si estende fra via dei Lucani, via di Porta Labicana e lo Scalo San Lorenzo. “Se si fossero prese anche solo in considerazione le nostre denunce, magari avremmo potuto salvare una giovane vita”, attacca Fabiano. Eppure, quel gigantesco complesso post-industriale, presidiato solo da un carrozziere, un ombrellaio e un locale piuttosto noto fra gli universitari, da anni è meta e riparo di una sub società fatta di sbandati, senzatetto e spacciatori soprattutto di crack, eroina e “pasticche”.

In gran parte africani, ma non solo: ultimamente vi si erano trasferiti anche alcuni “sbandati” fra quelli che abitavano un edificio del quartiere periferico di Tor Cervara, sgomberato nei giorni scorsi dal Comune su ordine della Prefettura. Un luogo che, secondo fonti investigative, la povera Desirée aveva già frequentato in passato.

Quella notte, secondo la ricostruzione degli inquirenti, c’erano almeno una decina di persone insieme alla 16enne di Cisterna di Latina. Sei di loro, una “amica” conosciuta proprio lì settimane prima – quella che ha chiamato due volte il 118 da un telefono pubblico a tragedia già consumata – un’altra giovane italiana e quattro ragazzi africani, sono stati interrogati ieri presso la sede della Questura di Roma. Due di loro sono stati fermati con l’accusa di omicidio, violenza sessuale di gruppo e cessione di sostanze stupefacenti. Sulla morte per overdose non sembrano esserci dubbi (saranno gli esami tossicologici a definire quali sostanze abbiano ucciso la ragazzina), il rapporto sessuale completo c’è stato, mentre gli abusi secondo le stesse fonti potrebbero essere stati consumati quando Desirée non era già più cosciente.

Va detto che la famiglia di Desirée – la madre è una dipendente della Regione Lazio – rifiuta fortemente, attraverso il suo avvocato Valerio Masci, alcuni dettagli, come il fatto che la 16enne fosse solita assumere stupefacenti, ritenendo più attendibile l’ipotesi che la ragazza si trovasse lì per recuperare il tablet che le era stato scippato “e che non è stato mai ritrovato”.

Un’ipotesi che potrebbe coincidere con i racconti di quartiere, che individuano gli spazi di via dei Lucani come un posto dove “recuperare su cauzione le cose rubate, dai telefonini ai motorini”. E va detto che, indiscrezioni di indagine a parte, non vi è al momento alcun elemento che possa far definire la ragazza come “tossicodipendente”, nemmeno l’identificazione per il possesso di uno spinello avvenuto nei mesi scorsi a Cisterna di Latina e che avrebbe spinto Desirée a fornire generalità false (nome inventato e l’età di 25 anni). Un particolare importante che ha per almeno 24 ore ha mandato fuori strada gli uomini del Commissariato San Lorenzo, prima che gli stessi arrivassero a incrociare i fatti con la denuncia di scomparsa, avanzata dai nonni il giovedì notte. “Ho perso l’autobus, resto da un’amica”, aveva detto alla nonna.

Intanto, dopo il ragazzo senegalese che sabato mattina ha dato una svolta alle indagini recandosi al Commissariato San Lorenzo su consiglio di alcuni abitanti del quartiere, spunta un altro testimone. Un italiano, anonimo, che ha parlato a Storie Italiane (Rai1). “Abbiamo giocato, abbiamo scherzato – ha raccontato -. Siamo andati a prendere una birra. Aveva detto che aveva litigato con la famiglia ma che sarebbe tornata a casa”. Poi, “tra le tre e mezza e le quattro e un quarto di mercoledì” l’avrebbe salutata e lasciata “in via dei Lucani, proprio là davanti”. Secondo il racconto, la ragazza sarebbe stata sola, alla ricerca del cellulare rubato. “Con lei non c’era nessuno”, ha detto l’anonimo, “contro la mia volontà io l’ho lasciata là. Non potevo portarla via a forza. Era ancora in giro perché le avevano rubato il telefono in piazza”.

Modificato da redazione web il 25 ottobre 2018 alle 10.12

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