Il racconto

Storia tragicomica della pillola del giorno dopo: salva dalle gravidanze, non da Minnie post atomica

D'amore ma poco d'accordo - Una disavventura col preservativo, la corsa al pronto soccorso e l'esposizione agli specializzandi. Poi finalmente il farmaco, e la crisi di nervi col buttafuori

Di Amalia Caratozzolo
8 Novembre 2023

La mia esperienza con la pillola del giorno dopo fu piuttosto tragicomica. Avevo venticinque anni, nel pieno dell’energia vitale e della spensieratezza. Soprattutto per quanto riguarda i casi umani, con cui purtroppo avevo già iniziato ad avere a che fare (da tempo immemore) ma in quel momento ero piena di buone speranze per il futuro e del tutto ignara che la situazione sarebbe peggiorata notevolmente, per poi precipitare del tutto: gli anni aumenteranno, insieme alla collezione di casi umani.

Il disagiato del momento era un tale che per privacy chiameremo Roberto. A suo favore devo dire che un po’ glie ne ho fatte passare, mi è stato dietro a lungo prima che io mi rendessi conto che piaceva anche a me. Sono sempre stata dura di comprendonio, e con le tempistiche di un’intera era geologica. Ora che ci penso a parte la primissima cotta, che era più che altro un’ossessione, negli altri incontri sono sempre stata travolta dalla perenne indecisione, mi piace o non mi piace? Sarà il tipo per me? Sì o no? Essere o non essere? Una quantità di pippe mentali inaudite e una grande razionalità che non mi è servita a un bel niente, visto che quando uno si infogna in una storia puoi aver ragionato per giorni, mesi, anni, essere andato persino in India in cerca di risposte e al rientro dal viaggio impelagarsi comunque a dovere. Con tutto quel raziocinio, forse mi sembrava di poter tenere le cose sotto controllo, e invece…

Il caso umano del momento, a storia avviata, finì col presentarmi sua madre e, quel giorno, nel salutarmi mi disse “Noi dobbiamo andare anche al cinema” che praticamente is the new “Vado al tabaccaio e torno”. Non più pervenuto. Ed è così che finì la nostra storia. Ovviamente ho provato a chiamarlo ma non ha mai riposto e a chiunque chiedessi di lui, SPARITO, SCOMPARSO, DILEGUATO nel nulla. A questo punto immagino sia finito in un pizzo di montagna stile Shining.

Ma torniamo a quel meraviglioso anno, il 2008 e a quell’avventura delirante. Io e il caso umano iniziammo una storia e devo dire che dal punto di vista sessuale fu per me davvero una piacevole sorpresa. Il fatto che fosse un disagiato sociopatico in quel momento era solo un dettaglio (che bello avere venticinque anni) e una sera successe che, alla fine del nostro meraviglioso amplesso, la mia paranoia sempre presente mi incoraggiò a dire: “Ma dov’è il preservativo?”. La sua faccia piano piano acquisì un’espressione di terrore e iniziò a guardarmi come se fossi Saw L’enigmista. Sperduto e angosciato iniziò a ribaltare tutti i mobili della casa in cerca dell’arma del delitto, con una foga degna di una possessione demoniaca. In effetti un esorcista sarebbe stato utile, soprattutto col senno di poi. Dopo aver stravolto l’intera abitazione che manco C.S.I., fummo costretti a realizzare che il preservativo non poteva essere andato da nessuna parte, era rimasto dov’era sempre stato. La mia faccia credo che si sia trasformata in un quadro destrutturato, e quando tutti gli organi del viso tornarono al loro posto, andammo al pronto soccorso.

L’esperienza fu ai confini con la realtà: dopo ore e ore di attesa al pronto soccorso con un’ansia che ci mangiava vivi, finalmente ci fecero entrare. Mi misero seduta nella sedia ginecologica, come da prassi, e la ginecologa iniziò a visitarmi. Il caso volle che quel giorno era presente un intero gruppo di specializzandi, e così, in men che non si dica, tutti insieme appassionatamente concentrati a guardare la mia vagina, e pieni di meraviglia quando finalmente la dottoressa riuscì a tirare fuori il preservativo. Ancora ricordo le loro espressioni: lo guardavano come fosse un rinvenimento archeologico degno di nota, alla stregua della Mummia di Tutankhamon. Potete immaginare la mia rilassatezza e quanto possa essermi sentita a mio agio in quella situazione. La dottoressa, a conclusione, aggiunse anche un secco: “La prossima volta fatti aiutare da lui”. Di una delicatezza che neanche Annie Wilkes in Misery non deve morire. Un giorno le chiederò esattamente come avrebbe potuto tirarmelo fuori lui, visto che tra un po’ avrebbe superato la cervice. Finito l’incubo del pronto soccorso, andammo al consultorio familiare, dove li pregai in ginocchio di darmi la pillola del giorno dopo, perché non volevo avere un figlio a venticinque anni e con Roberto, con il quale la storia si era appena avviata. Per fortuna le mie preghiere vennero esaudite e mi somministrarono il farmaco. E per fortuna che era il 2008, oggi, che tutti i nostri diritti più importanti vengono compromessi, oggi che per trovare un medico non obiettore devi prima schiattare, oggi, non so come sarebbe finita e non lo voglio neppure sapere.

Comunque non ho mai capito se dovevo considerarmi una sfigata o se lui era un incapace. Forse tutti e due?

Ma la storia tragicomica non finisce qui. Sembrava essere andato tutto per il meglio, il consultorio ci aveva aiutato e adesso eravamo sereni e rilassati. E così decidemmo di uscire la sera, di andare al solito locale. Peccato che nel giro di poche ore mi arrivò una botta ormonale degna di nota che mi trasformò nel peggiore dei camionisti. Con tanto di vestito anni 50’ a pois bianco e rosso stile Minnie, fui capace di litigare con il buttafuori del locale in fila al bagno, che, accompagnato da una bellissima ragazza, superò tutta la fila in nome di un handicap della signorina (che ovviamente non aveva alcun handicap). Io, che ho sempre avuto un grandissimo senso di giustizia, mi presi la questione chiedendo quale fosse l’invalidità di questa bellissima creatura con un’aggressività modalità rottweiler incazzatissimo, anche se avevo ragione. La scena fu epica: gridavo così forte da sembrare indemoniata e così mi buttarono fuori dallo storico locale romano. Dovettero prendermi in due, sotto le ascelle, mentre mi dimenavo come una pazza. Esattamente come si vede nei film. Ricordo ancora le facce delle mie amiche che piangevano dalle risate e non riuscivano a proferire parola, ridevano e basta. Da quel giorno, e per molti anni a venire, ridemmo tante volte ricordando quella serata leggendaria e coniarono per me il curioso soprannome di “Minnie post atomica”.

Se a qualcuna di voi dovesse capitare di prendere la pillola del giorno dopo, non fate come me, restate a casa con una bella tisana rilassante!

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