L'intervista

Il sindacalista Usa: “I lavoratori essenziali della pandemia ora chiedono il conto”

Dustin Guastella è direttore operativo e rappresentante sindacale della sezione Teamster 623 di Philadelphia: "La nuova generazione di dirigenti sindacali è più preparata allo sciopero e non ha paura dei padroni"

27 Settembre 2023

Dustin Guastella è direttore operativo e rappresentante sindacale della sezione Teamster 623 di Philadelphia, che rappresenta i trasportatori e i magazzinieri Ups, la potente società multinazionale di consegne a domicilio. Oltre ad occuparsi di diritti sindacali, lavora come ricercatore per il Center for Working Class Politics e ha pubblicato su riviste come Jacobin e New Republic.

Cosa sta succedendo nella classe operaia americana che sembra mobilitarsi come quella europea di qualche tempo fa? Si tratta solo di cambiamenti nei sindacati o c’è qualcosa di più profondo nella società americana?

Innanzitutto dobbiamo mettere gli scioperi in prospettiva. Sono molto ampi ma solo secondo i recenti standard americani. In termini storici o internazionali non è così ampia. Si consideri che il numero totale di lavoratori che scioperano negli Stati Uniti quest’anno potrebbe potenzialmente raggiungere 460.000. Nel 1983 parteciparono agli scioperi oltre 900.000 lavoratori. Nel 1974 si era quasi al doppio, con 1.796.000 lavoratori. Quindi paragonati storicamente si tratta di scioperi ancora ridotti.

Tuttavia, sono significativi perché l’aumento degli scioperi è stato drammatico. Il 2009, durante la recessione, è stato l’anno con il minor numero di scioperi. Solo circa 12.500 lavoratori hanno osato incrociare le braccia, sembrava che lo sciopero fosse morto. Ma nella lunga fase di ripresa dalla recessione del 2008, i lavoratori americani hanno lentamente iniziato a preoccuparsi maggiormente delle questioni di disuguaglianza e a sentirsi a disagio con il potere aziendale. Nel 2016 queste preoccupazioni sono state riprese sia da Bernie Sanders che da Donald Trump. E nel 2018 abbiamo visto l’inizio della rinascita dello sciopero: quell’anno vi hanno partecipato circa 485.000 lavoratori. Oggi vediamo che il rinnovamento degli scioperi continua.

Ma perché adesso?

Dal 2009, gli americani in generale sopportano sempre meno i livelli osceni di disuguaglianza e i membri dei sindacati sono diventati più fiduciosi nelle proprie richieste. Anche l’opinione pubblica si è spostata a favore dei sindacati. La stragrande maggioranza degli americani sostiene i lavoratori dell’auto nella loro lotta contro Ford, GM e Stellantis. Questo certamente aiuta.

Ma ci sono anche cause più immediate. La pandemia ha creato una nuova pietra di paragone culturale per il movimento operaio. Quando siamo entrati in lockdown, le aziende e il governo hanno creato una nuova categoria di dipendenti, “il lavoratore essenziale”. Si trattava di lavoratori ritenuti così vitali per il funzionamento dell’economia da non poter essere licenziati o autorizzati a lavorare da casa. Si trattava di infermieri, medici e assistenti sanitari, ma anche operatori sanitari, addetti di Ups, operai di fabbrica, braccianti agricoli, addetti all’industria alimentare, ecc. L’impatto psicologico di essere etichettati come “essenziali” ha fatto presa. I media e molte aziende hanno allestito un grande spettacolo dimostrando che questi lavoratori erano degli “eroi”, con dimostrazioni dal vivo in cui le persone applaudivano letteralmente i lavoratori dalle loro case. Ma quando i lockdown sono stati revocati, questi “lavoratori essenziali” non hanno visto nessuna ricompensa paragonabile al rischio che si eranno assunti. Alla Ups, ad esempio, i dirigenti aziendali non hanno offerto né bonus speciali, né indennità di rischio, né aumento i salariali in segno di apprezzamento per tutto il “lavoro essenziale”. Invece, le aziende sono tornate immediatamente allo status quo ante. Questo è stato uno schiaffo in faccia.

Che effetto ha avuto la fase successiva alla pandemia da Covid? La ripresa economica ha aiutato la dinamica sindacale?

Sì, l’economia post-Covid era ricchissima di posti di lavoro. Lo chiamiamo “mercato del lavoro ristretto” ed è positivo per favorire una maggiore influenza dei lavoratori. Quando la disoccupazione è molto bassa, i datori di lavoro non hanno un grande esercito di riserva a cui attingere. In quanto tali, i lavoratori sindacalizzati hanno un enorme vantaggio. Sanno che il datore di lavoro non potrà sostituirli facilmente. Gran parte dell’attuale ondata di scioperi è dovuta alla resilienza di questo mercato del lavoro ristretto e alla bassa disoccupazione.

Che ruolo ha avuto la dirigenza sindacale?

A livello interno c’è stato un cambio generazionale nella leadership sindacale che ha contribuito a facilitare questi scioperi, con leader più giovani e militanti che hanno preso le redini. Questo vale per i Teamsters e per la Uaw. Entrambi i sindacati hanno eletto nuovi leader negli ultimi due anni, leader che hanno fatto una campagna per scioperare se necessario. In generale, la nuova generazione di dirigenti sindacali è più preparata allo sciopero e ha meno paura dei padroni.

Che impatto sulla situazione politica? Biden è andato ai picchetti dello Uaw e Trump annuncia di fare lo stesso. Ci sarà un impatto sulle presidenziali?

La situazione politica non può essere data per scontata. Dal 2016 i leader di entrambi i partiti hanno rivolto appelli più espliciti alla classe operaia. Sia Trump che Biden hanno promesso di visitare i picchetti della Uaw e non è insignificante. In America, i presidenti in carica non si schierano mai pubblicamente a fianco dei lavoratori nelle lotte sindacali. Anche Trump sta rompendo la tradizione. La destra è tipicamente esplicita nel suo sostegno ai padroni in tali lotte. Eppure Trump insiste nel visitare lui stesso i picchetti. Naturalmente possiamo essere sicuri che la sua visita sarà cinica, ma dimostra un vero cambiamento. C’è la sensazione che questi lavoratori rappresentino l’America in modo più ampio e che parlare a loro, e pretendere di rappresentare i loro interessi, significhi parlare all’America in generale.

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