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La carovana della prevenzione: la Fondazione Il Fatto Quotidiano supporta la diagnosi precoce del tumore al seno | Come donare

Come supportare l'iniziativa - Ogni anno 1 donna su 9 scopre di avere il carcinoma mammario. Tre giorni di esami gratuiti in Calabria, Lazio, Piemonte. Il prof. Masetti: “Sempre più donne con diagnosi tardive”

Di Maddalena Oliva e Natascia Ronchetti
17 Settembre 2023

All’inizio non le sembrava vero, non credeva che a lei potesse succedere. “Tutti quelli che nascono – scriveva Susan Sontag ne La malattia come metafora – hanno una doppia cittadinanza, nel regno dello star bene e in quello dello star male. Preferiremmo tutti servirci soltanto del passaporto buono, ma prima o poi ognuno viene costretto, almeno per un certo periodo, a riconoscersi cittadino di quell’altro paese”. Così è successo a Simona Orlandi Posti, 51 anni, romana, collaboratrice di un europarlamentare. Simona ha scoperto di avere un carcinoma al seno nel 2019, durante una delle “Giornate della Prevenzione” organizzate da Komen Italia, l’organizzazione non profit in prima linea nella lotta ai tumori del seno fondata in Italia nel 2000 dal prof. Riccardo Masetti, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Senologica e del Centro di Senologia del Policlinico Gemelli di Roma. Simona è una di quelle 56mila donne che ogni anno in Italia ricevono quella diagnosi. È salita su una delle “Carovane della Prevenzione”, a Roma, e si è ritrovata a fare mammografia, ecografia al seno… quasi per caso. Non pensava di poter rischiare di avere un cancro. E, invece, il sospetto di quel medico sul camper “in rosa” le viene confermato pochi giorni dopo dalla biopsia. “Il tumore aveva già aggredito un linfonodo – ricorda Simona – ma tutta la ‘macchina’ si è attivata subito: mi hanno operata per asportarlo, e poi ho dovuto sottopormi a quattro cicli di chemioterapia. Quella campagna di prevenzione mi ha salvato la vita: con solo tre o quattro mesi ‘di ritardo’ il carcinoma sarebbe stato scoperto a uno stadio troppo avanzato…”.

SUPPORTIAMO LA DIAGNOSI PRECOCE DEL TUMORE AL SENO: DONA QUI

Al prof. Masetti – per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo – piace definirsi “un’ottimista”. Ma non è solo lui, sono la scienza, la letteratura, l’esperienza degli ultimi trent’anni a dire che per i tumori del seno la diagnosi precoce è fondamentale: perché il fattore tempo aumenta le percentuali di guarigione e permette percorsi di cura meno invasivi. Oggi, “il parlarne, il raccontare pubblicamente aiuta, anche perché, nonostante sia un tumore altamente curabile, è rimasto avvolto da una grandissima paura. E purtroppo il lavoro da fare è ancora molto”, spiega. Sono decine e decine di migliaia le donne, e gli uomini, che il prof. Masetti ha operato e salvato in questi anni, con il team del suo Centro di senologia al Gemelli: “Ogni anno curiamo 1.200 nuovi casi”. Ma “sono sempre di più le donne che vediamo arrivare con diagnosi tardive, così come le persone che, specie dopo il Covid, hanno maggiori difficoltà a prendersi cura della propria salute”. L’onda lunga della pandemia era stata annunciata e ora mostra tutti gli effetti: “Ha reso più difficile l’accesso alle cure, ha fermato per un periodo gli screening, ha bloccato psicologicamente tanti pazienti che ancora soffrono quell’isolamento e quella paura, e soprattutto ha incrementato le difficoltà economiche, le disuguaglianze”, sottolinea Masetti.

È quello che racconta anche Giustiniana Vecchiotti, responsabile dei programmi istituzionali e della mission di Komen Italia, una delle anime delle “Carovane della Prevenzione” che negli ultimi 5 anni hanno girato in lungo e in largo l’Italia, regalando 764 giornate di visite ed esami gratuiti – 64mila le prestazioni sanitarie effettuate – a oltre 40mila donne. “Noi copriamo chi non rientra nella fascia d’età 50-69 anni prevista dagli screening regionali, e poi le tante donne che non hanno gli strumenti per comprendere l’importanza della prevenzione. Quello che osserviamo, in particolar modo nel centro-sud Italia, è che, a prescindere dagli effetti del Covid, sempre più donne hanno scarsissima attenzione a loro stesse. Ci dicono ‘la mammografia l’ho saltata, quest’anno mi sono dimenticata, devo badare ai figli, ho mamma e papà anziani, il lavoro…’”. E la paura? “Quella c’entra sempre. Ricordo una signora, eravamo con la carovana davanti a un supermercato all’Aquila, le diagnostichiamo un tumore. E lei: ‘A saperlo, non sarei venuta a fare la spesa’. E invece è sempre meglio saperlo che non saperlo. E saperlo il prima possibile”.

Le Carovane della Prevenzione – la Fondazione Il Fatto Quotidiano, in associazione con Komen Italia, ha lanciato la nuova raccolta fondi per donare a tre città in Piemonte, Lazio e Calabria tre giornate di esami e visite gratuite – hanno viaggiato, con i loro mammografi digitali, ecografi portatili, i loro strumenti di teleradiologia, in luoghi e realtà dove la prevenzione arriva difficilmente. Nelle periferie da Scampia a Corviale, nelle case circondariali, nelle terre terremotate d’Abruzzo, nei piccoli centri in Sicilia o in Sardegna o in Calabria, dove per raggiungere il primo presidio ospedaliero può capitare che ti ritrovi a fare 100 chilometri: “Perché come diceva Gino Strada – ricorda Giustiniana – a volte è più facile curare un paziente a Kabul che in Calabria”. Una regione, questa, dove le donne che si sottopongono ai programmi di screening previsti dalle aziende sanitarie locali sono il 13%: la media italiana è il 50%. “Ma il bisogno e il diritto alla salute viene avvertito anche in questi territori – racconta la dottoressa Alba Di Leone, senologa e braccio destro del prof. Masetti – e proprio in Calabria lanceremo un progetto pilota per integrare le nostre Carovane, che possono raggiungere anche i paesini più sperduti, con l’azione delle Aziende sanitarie provinciali. Dall’alto, spesso si trova un muro di gomma, ma facendo nascere le iniziative dal basso, con i dirigenti, con i micro-progetti, le cose possono iniziare a cambiare anche lì dove fino a qualche tempo fa sembrava impensabile”.

“Non è realistico – riprende Masetti – pensare di curare tutti al top del top. Pur essendo alte le risorse della nostra sanità pubblica, specie se pensiamo ad altri Paesi, abbiamo sì bisogno di trovarne di maggiori, ma serve soprattutto utilizzare al meglio quelle disponibili, con competenza e rettitudine, per offrire già oggi la migliore sanità possibile a quante più persone possibili, con le risorse date. Partendo dall’adattare le cure, rinforzare la sanità territoriale, sanare le incongruità dei sistemi di rimborso (se sei virtuoso e riesci a tenere una donna operata una sola notte ricoverata in ospedale, per esempio, ti rimborsano la metà; se contestualmente a una mastectomia effettui la ricostruzione chirurgica mammaria, non è previsto alcun rimborso aggiuntivo). Più in generale, servono politiche che facciano programmazione e non guardino solo, come spot, a scaldare la pancia o il cuore. Ma mi sembra che le forze del governo non siano indirizzate nelle direzione giusta. C’è uno shift sempre più consistente verso la sanità privata, che esclude tantissime fasce della popolazione. E se non si mette mano a questo, significa decidere di non curare le diseguità”.

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