Nanocentrismo

Calenda-Renzi, tra Ollio & Ollio non è finita. Anzi

Il duo - Divisi su tutto (pure sul partito unico) e costretti a stare insieme

16 Febbraio 2023

“Carlo prende i voti, Matteo le poltrone”, “Carlo fa i tweet, Matteo i complotti”. La narrazione dei rapporti – difficili – tra Renzi e Calenda è una specie di telenovela iniziata ancor prima che i due stringessero la loro alleanza elettorale. Già allora si facevano scommesse per quanto ci avrebbero messo a separarsi. Qualche mese e una sonora sconfitta alle Regionali dopo, i due stanno ancora insieme. Per necessità. Separarsi vorrebbe dire correre il rischio di non riuscire a costituire due gruppi parlamentari distinti alla Camera e al Senato, con il rischio di perdere le risorse finanziarie correlate. E poi incrinerebbe “il racconto” che è quello di allargare, aggregare. I due non si sopportano, ma devono andare avanti. Ora, la materia del contendere è il partito unico. Calenda vuole accelerare, in maniera da farlo prima delle Europee. Renzi, invece, rimanda a dopo. Il leader di Azione insiste proprio per quella capacità dimostrata dal fu Rottamatore di occupare tutte le poltrone: con un partito unico, verrebbe meno la divisione aritmetica degli incarichi sulla quale insiste Renzi. Senza contare che dentro Iv i malumori nei confronti di Maria Elena Boschi si sprecano. La Vigilanza resta senza una guida perché Renzi non accetta alcun accordo: quel posto viene considerato per lei, punto e basta. Cartina di tornasole di come – ancora – quasi tutto debba passare per l’ex ministro delle Riforme. “Chiedete a Meb”, resta una delle frasi preferite di Matteo, mentre gira tra una conferenza internazionale e l’altra. Molti non gradiscono, a partire da Ettore Rosato. E dunque Calenda scommette sul fatto che molti sceglierebbero lui. Tra i motivi di malumore c’è pure la scelta di mettere il renzianissimo Ernesto Carbone al Csm.

Lo stato dell’arte è questo. Il risultato delle Regionali non ha aiutato. Renzi ha voluto in Lombardia Letizia Moratti, mentre Calenda stava lavorando per Carlo Cottarelli, candidato unitario. Nel Lazio, Boschi ha imposto tra i candidati Luciano Nobili: restato fuori per poco, a essere accusati sono stati gli uomini di Azione. Insomma, il clima è scoppiettante (si fa per dire). E nel frattempo l’intervento di Matteo Richetti a Montecitorio, capogruppo alla Camera (in quota Azione) che ieri sottolineava la scelta di Carlo Nordio di rinnegare alcune delle sue sbandierate convinzioni garantiste pareva la rappresentazione plastica di come l’investimento del cosiddetto Terzo Polo sul Guardasigilli sia fallito. Renzi ora guarda al congresso Pd. Se vince Elly Schlein cercherà di aggregare riformisti dentro e fuori dal partito. Se vince Stefano Bonaccini punta a un accordo certo (e vantaggioso) con i dem, grazie al rapporto con il presidente dell’Emilia-Romagna.

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