Il Fatto di domani. Sforbiciata al Superbonus: il fact checking su Meloni-Robin Hood. Primarie e candidature, psicodramma Pd

Di FQ Extra
12 Novembre 2022

Ascolta il podcast del Fatto di domani

SUPERBONUS, GIORGIA MELONI SI CREDE ROBIN HOOD: IL NOSTRO FACT CHECKING. La premier è convinta di togliere ai ricchi per dare ai poveri, con le modifiche al superbonus edilizio del 110%. La misura del governo Conte 2 “ha portato una distorsione sul mercato a beneficio prevalentemente dei redditi medio alti”, ha detto Meloni nella conferenza stampa di stamani. Poi, nell’incontro con i sindacati, ha rincarato con un numero: “Abbiamo liberato 30 miliardi per le famiglie e i redditi medio-bassi”. Il tesoretto, secondo la premier, sarebbe il frutto delle modifiche al bonus giunte ieri con il decreto Aiuti quater. La batosta è per gli edifici condominiali: la copertura scende dal 110 al 90% da gennaio 2023. Un aiuto insperato invece arriva per i proprietari delle villette unifamiliari. A fine anno, per loro, era previsto lo stop al bonus, invece c’è la proroga per tutto il 2023 con lo sconto al 90% (per la prima casa e redditi sotto i 15mila euro). Le associazioni delle imprese edili sono preoccupate perché a ballare sono i contratti già in essere. “Cambiare le regole in sole due settimane significa penalizzare gli interventi che sono partiti per ultimi, ad essere colpite saranno le fasce meno abbienti”, mette in guardia l’associazione dei costruttori (Ance). Nemmeno la maggioranza è compatta, con Forza Italia che boccia le modifiche del governo. Sul Fatto di domani faremo un fact checking sulle affermazioni di Giorgia Meloni e raccoglieremo i malumori della maggioranza con un’intervista al forzista Giorgio Mulè.


MIGRANTI, LA FRANCIA VUOLE ISOLARE L’ITALIA: 10 MIGRANTI RESPINTI A VENTIMIGLIA. LE MOSSE SBAGLIATE DELLA PREMIER. Il “carico residuale” (Piantedosi dixit) dei 234 migranti a bordo della nave Ocean Viking è sbarcato a Tolone, in Francia, ma la guerra diplomatica tra Italia e i cugini d’Oltralpe prosegue. Oggi Meloni si è detta “molto colpita dalla reazione aggressiva del governo francese, incomprensibile e ingiustificabile”. Parigi ha intensificato il controllo delle frontiere con l’Italia (come Ventimiglia e il Frejus) e ha sospeso l’accoglienza prevista di 3.500 rifugiati che si trovano nel nostro Paese. Il risultato è che oggi sono stati rispediti in Italia dieci migranti che avevano sconfinato illegalmente verso Mentone. “C’è una rottura di fiducia perché c’è stata una decisione unilaterale che mette delle vite in pericolo e che non è conforme al diritto internazionale”, ha attaccato la sottosegretaria francese agli Affari europei, Laurence Boone. L’intenzione della Francia, con Macron furibondo, sarebbe quella di isolare l’Italia nel consesso europeo, bloccando la redistribuzione dei rifugiati in Italia. Il rischio è che la ritorsione non sia solo sui migranti, ma anche su altri fronti. Proprio ora che si avvicina la manovra di Bilancio e Giorgia Meloni avrà bisogno del via libera di Bruxelles. La premier, intanto, ha annunciato nuovi provvedimenti per frenare gli sbarchi e ha snocciolato qualche cifra: “Nell’accordo si prevede che dovrebbero essere ricollocate 8000 persone e fino ad ora ne sono stati ricollocati 117 di cui 38 in Francia”. Sul Fatto di domani daremo i numeri complessivi e ricostruiremo l’affaire Francia-Italia dall’inizio, per capire cosa ha scatenato la dura reazione di Parigi. Quelle famose 8 ore che hanno preceduto le mosse di Meloni che hanno fatto infuriare i francesi. Il governo porterà il dossier migranti al Consiglio Affari esteri di lunedì. Mattarella è intervenuto da Maastricht per ricordare l’ovvio: “Servono scelte condivise con l’Ue”. Ma nel Vecchio continente è un coro di critiche per l’Italia. A difendere Meloni c’è l’estrema destra francese di Marine Le Pen. Berlino mette in guardia: “Continueremo col meccanismo di solidarietà fino a quando lo farà anche Roma”.


IL PD, IL DRAMMA DEI CANDIDATI E LA PAURA DELLE PRIMARIE. Il primo a dire no era stato Carlo Cottarelli, poi Giuliano Pisapia. Adesso i dem incassano anche il rifiuto di Emilio Del Bono, sindaco di Brescia: “Dovevate pensare a me prima”, è il suo ragionamento in sintesi. Così, il candidato del Pd alle Regionali della Lombardia non c’è. E se l’idea di accodarsi a Renzi e Calenda sul nome di Letizia Moratti è stata definita come irricevibile dai vertici, così l’ipotesi delle primarie appare sempre più vicina. Una consultazione di coalizione con Sinistra Italiana, Verdi, +Europa e liste civiche. Manca l’entusiasmo. E poi l’ipotesi Moratti non è morta del tutto: c’è chi ci pensa ancora, sotto sotto, anche perché sembra l’unico modo per risultare competitivi. Un po’ più chiara, ma non più rosea, è la situazione nell’altra grande Regione al voto nei prossimi mesi: il Lazio, dove ormai la candidatura ufficiale è quella dell’assessore alla Sanità Alessio D’Amato, che piace ai renziani e all’area centrista. Per gli altri invece il nome è un cedimento a Calenda, che sponsorizza D’Amato dall’inizio. La questione Regionali corre parallela a quella del congresso. Enrico Letta ha promesso che proverà ad anticipare la data fissata al 12 marzo. Oggi è scesa in campo come sfidante Elly Schlein. Ma alcune sorprese le ha riservate anche (stasera) la presentazione del libro di Goffredo Bettini A sinistra. Da capo, edito dalla casa editrice del Fatto Paper First. Il parterre dice già molto: ci saranno Andrea Orlando e il presidente del M5s Giuseppe Conte. E dove tirava ancora aria giallorosa. Sul Fatto di domani vi racconteremo tutti gli psicodrammi che agitano i democratici.


GLI UCRAINI ENTRANO A KHERSON, I RUSSI COMPLETANO IL RITIRO. C’È UN DIPLOMATICO A WASHINGTON. Le truppe russe hanno completato il ritiro dalla città di Kherson trasferendosi sulla riva sinistra del Dnepr. Lo annuncia il ministero della Difesa di Mosca, che poi precisa che il ritiro non rappresenta un’umiliazione. L’esercito ucraino è entrato nella città. Chiaramente, per Kiev si tratta di una vittoria importante. Secondo Zelensky Putin non è ancora stanco della guerra, mentre il presidente Usa Biden ripete che saranno gli ucraini a decidere quando far finire la guerra. Tuttavia, secondo il New York Times, Washington in realtà è divisa su questa questione e una parte dell’amministrazione vorrebbe premere su Kiev perché cerchi la via diplomatica. Tra i nomi fatti dal quotidiano statunitense c’è il capo di stato maggiore Mark Milley, lo stesso che ha rivelato i numeri delle perdite di guerra di entrambi gli eserciti, e sarebbe convinto che l’Ucraina abbia fatto il possibile sul terreno. Tra gli analisti c’è chi ritiene comunque che né Kiev né Mosca siano pronte a trattare e che una pausa nei combattimenti consentirebbe soltanto a Mosca di riorganizzarsi, avvantaggiandola. Sul Fatto di domani, oltre alla cronaca dal campo, indagheremo questi punti di vista sulla guerra per capire se rappresentano un’alternativa diplomatica percorribile.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Facebook licenzia anche in Italia. “Il gruppo Meta-Facebook sta tagliando migliaia di lavoratrici e lavoratori a livello globale”. In Italia, scrive la Cgil “è arrivata l’ufficializzazione dell’avvio di un licenziamento collettivo”. L’azienda annuncia 22 licenziamenti sui circa 130 dipendenti.

Scuola, dopo anni il nuovo contratto. Dopo quattro anni di stallo firmato il rinnovo del contratto per 1 milione e 200 mila persone che lavorano nella scuola. Previsti aumenti e arretrati.

Il racconto di Franz Kafka. “Una relazione per un’accademia” è un racconto, fuori catalogo da anni, in cui Kafka finge di parlare della sua precedente vita da scimmia a una platea di intellettuali. Sul Fatto di domani uno stralcio in esclusiva.


Scopri le nostre newsletter. Clicca qui
Scrivici a: newsletter@ilfattoquotidiano.it

I commenti a questo articolo sono attualmente chiusi.