Fiabe poco convenzionali

La Bella Addormentata di nome e di fatto: ma darsi una svegliata no?

La vera morale - Aurora è stata tenuta sotto una campana di vetro fino ai 18 anni ed educata ad attendere l'arrivo di un principe (uno qualsiasi, mica l'aveva visto prima). Nonostante questo, viene colpita dalla maledizione. E se noi donne imparassimo a prendere l'iniziativa?

Di Amalia Caratozzolo
8 Novembre 2022

C’era una volta un re, che viveva in un magnifico castello insieme alla regina e alla figlia, la piccola Aurora, a noi tutti nota come La bella addormentata nel bosco. E quando sono i familiari ad affibbiarti soprannomi, sei consumato: te li porterai dietro per tutta la vita, come a scuola quando ti dicono (almeno a me dicevano così) “Fatti la nomina e cuccati”, che comprensibilmente vorrebbe dire “Fai vedere dall’inizio che sei un bravo studente, dopo potrai metterti comodo e fare soltanto l’indispensabile”. E già… una volta che un professore, una sorella o tua madre ti darà del rincoglionito, lo sarai per sempre, e senza via di scampo. Ed è più o meno così, che la nostra Aurora divenne La bella addormentata nel bosco, un modo gentile ed elegante per dargli della svampita di serie A.

La storia inizia con una grande festa per celebrare la nascita della bambina. Erano presenti tutte le fate del regno, che portarono ad Aurora bellissimi doni come la bellezza, l’intelligenza, la simpatia… certo, un po’ di autostima sarebbe senz’altro stato il dono più prezioso! Purtroppo il re dimenticò di invitare la fata più anziana, che si presentò al castello in piena possessione demoniaca, con l’appeal di un’ex moglie avvelenata, alle prese con le carte del divorzio e il mantenimento. E in men che non si dica, la fata offrì ad Aurora il suo omaggio, che suonava più come una mega iettata: “Prima del tuo diciottesimo compleanno, ti pungerai con l’ago di un fuso e morirai”.

Naturalmente gettò l’intero palazzo nello scompiglio e nella disperazione: la regina piangeva giorno e notte, avvilita per la terribile sciagura che si abbatteva sul regno.

Così, quella cima della fata più giovane propose una soluzione. Non poteva cancellare del tutto la maledizione, ma in un colpo di bacchetta la trasformò: la nostra bellissima principessa non sarebbe morta dopo essersi punta, bensì sarebbe caduta in un sonno profondo che solo un bellissimo principe avrebbe potuto interrompere, baciandola e prendendola in moglie.

Praticamente se fossimo stati in questo secolo, saremmo morti tutti in un batter di ciglia, invece il re e la regina tirarono un sospiro di sollievo.

A palazzo, vennero vietati tutti gli attrezzi per filare: aghi, fusi e chi più ne ha più ne metta, e Aurora crebbe felice sotto una campana di vetro. In effetti non è del tutto tutta colpa sua, la poveretta in fondo si trovò in quella situazione per volere dei genitori iperprotettivi e di quella fata stronza, ma anche la nostra principessa ha le sue responsabilità: del tutto vittima degli eventi e di ciò che altri decidevano per lei. Quella de La bella addormentata nel bosco è una storia sulla passività, e la nostra Aurora ha anche il peso di essere diventata un modello per le giovani donne che si affacciano all’amore e alle relazioni. Tutte noi siamo martiri di una cultura maschilista, nutrita dalle fiabe e dai cartoni con cui siamo cresciute.

Aurora sognava il grande amore, ma non faceva nulla se non aspettare l’arrivo del principe. Che poi, non aspettava la venuta di QUEL principe, di quell’uomo di bell’aspetto e tanto affascinante di cui si era invaghita. No, qualunque principe sarebbe andato bene perché avrebbe soddisfatto la sua aspettativa di moglie amata e felice. Di una tristezza cosmica che manco La piccola fiammiferaia! Lasciava il suo destino al fato, certa di essere al sicuro, sotto la sua amata campana di vetro. Non è molto diverso da come facciamo noi donne in alcune relazioni: per esempio, quando pensiamo di poter trasformare un rospo in un bellissimo principe, o un disagiato mentale in un essere umano. Oppure quando aspettiamo inermi che arrivi qualcuno a salvarci. Ah… se solo fossimo capaci di innamorarci prima di noi stesse! Mi viene in mente un pensiero della mia amata Emily Dickinson: “Quando sentiamo il bisogno di un abbraccio, dobbiamo correre il rischio di chiederlo”.

Troppo spesso sottovalutiamo il valore di un’AZIONE, l’importanza di prendersi la responsabilità di un gesto, invece di aspettare il bacio del principe per un risveglio. Avere il coraggio di esporsi e andare verso noi stesse non è una minaccia ma una possibilità per uscire dal tunnel, anche a costo di pagarla con un rifiuto… pure perché il più delle volte sarà proprio quel rifiuto a essere salvifico! L’azione è fondamentale anche quando è l’altro a non fare assolutamente NULLA per voi e per venire verso di voi. E quando dico NULLA intendo niente di niente, stile Il nulla de La storia infinita. E noi lì ad aggrapparci a piccoli e insignificanti gesti, quando questi sono morti dentro e puoi risvegliargli solo con una botta di adrenalina! Ma uno che non ti cerca e che quindi non è evidentemente interessato, come potrebbe improvvisamente innamorarsi di te e amarti per tutta la vita? Certe volte ce la raccontiamo così bene fino a crederci davvero, invece dovremmo sempre tenere a mente il peso di un’azione, in amore le parole stanno a zero.

Ma tornando alla nostra principessa, lei non voleva correre alcun rischio e aspettava beata l’Happy end.

Il re e la regina, pensando che il pericolo fosse ormai scampato, decisero di organizzare una festa per il diciottesimo compleanno di Aurora. Ma quell’arpia della fata anziana, secondo me anche lei segretamente innamorata di un principe che non aveva ma visto, si preparava per altre iettate e infamate degne di nota. Così, si intrufolò a palazzo in piena notte, ed eseguì una magia che rese Aurora nervosa e irrequieta, togliendole il sonno. La principessa iniziò a vagare insonne per il palazzo e, attraversando il corridoio, si accorse di una luce azzurra stile Poltergeist, provenire dalla porta in fondo al corridoio. Nulla prometteva bene… ma lei che fa? Non solo va verso quella maledetta porta, ma decide pure di aprirla! Nella stanza trova il fantasma di un’anziana signora mandata dalla dolce fatina, che fila la lana utilizzando un fuso. Inquietante come poche cose al mondo, direte voi… invece Aurora, come se nulla fosse, in un secondo cade nel tranello: si punge con il fuso dell’angosciante signora e sviene.

Ed è a questo punto che la storia ha dell’inverosimile.

La principessa è svenuta e tutti sono in preda alla disperazione, compresa la fata mono neuronica. Ricordate? Quella che aveva modificato l’incantesimo, convinta di aver fatto un favore ad Aurora. La stessa fata che, diciamolo, non brillava di intelligenza, decise di fare un’altra magia, che questa volta coinvolgeva l’intero palazzo reale: tutti i presenti al castello sarebbero piombati in un sonno profondo, finché Aurora non si fosse svegliata con il bacio del principe. E in effetti dormirono per ben CENTO ANNI!

Nel frattempo il palazzo reale era diventato una scenografia di un film di Tim Burton. Un principe che si trovava a passare di lì decise di avventurarsi entrando nel castello, ma invece di trovarci dentro un mostro a tre teste, incappò in una bellissima principessa, che baciò seppur dormiente, sbloccando la maledizione. Tutti si risvegliarono e il principe e la principessa si ritrovarono innamorati, senza essersi mai visti prima, e vissero PER SEMPRE felici e contenti.

Ma a voi sembra possibile? A me alquanto improbabile! Per questa e altre ragioni, per la morale della fiaba resterei su Emily Dickinson.

MORALE DELLA FIABA: “Quando sentiamo il bisogno di un abbraccio, dobbiamo correre il rischio di chiederlo”.

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