La radiografia

Dalle rinnovabili al nucleare: il green nei programmi dei partiti

Guida alle urne - Le proposte della politica per le elezioni del 25 settembre: sulle emissioni solo qualcuno ha obiettivi più ambiziosi di quelli già fissati dall'Europa. Atomo, rigassificatori e inceneritori, Ma c'è anche chi punta sulle rinnovabili: guida per scegliere chi votare

Di Ecco (The Italian Climate Change think tank)
5 Settembre 2022

Clima ed energia non sono più temi ignorati dalla politica, che ha prontamente colto il sentimento generale degli italiani – sempre più attenti alla transizione ecologica. Ma proprio perché di questi temi ne parlano ormai tutti, è fondamentale scendere nel dettaglio e capire cosa bolle in pentola. Quasi nessun partito prevede un obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni al 2030, come invece presente nella maggior parte dei paesi europei, ad eccezione di Verdi-SI, che propongono un obiettivo nazionale di riduzione del 70% rispetto al 1990, e il terzo polo di Azione-Italia Viva, che propongono una riduzione del 41% rispetto al 2018. La maggior parte degli altri partiti tende a confermare l’obiettivo comunitario di riduzione del 55%.

Pniec, grande dimenticato

L’aggiornamento del Pniec, Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (fermo al 2019) viene menzionato solamente da Verdi-SI, Lega e +Europa. Elemento di differenza nei programmi è la presenza di una proposta di una legge quadro sul clima, strumento legislativo adottato da molti paesi europei, che abbia l’obiettivo di armonizzare e guidare tutti i provvedimenti legislativi. La legge clima viene proposta da Verdi-SI per la coalizione di centro sinistra, mentre non si trova nel programma del terzo polo di Calenda e Renzi, del centro destra e del Movimento 5 stelle. Sulle emissioni mancano indicazioni su un obiettivo specifico nazionale al 2030 nonostante il richiamo per lo più a quello europeo. Ad esclusione dei Verdi-SI, nessuna forza politica ha obiettivi più ambizioni di quelli europei.

La spaccatura sul gas e la vaghezza sulle rinnovabili

Tutti gli schieramenti propongono, seppure in maniera non sempre approfondita, un tetto al prezzo del gas, chi in sede europea e chi in sede nazionale. Il nucleare è uno dei punti cardine del centro di Calenda e Renzi e della coalizione di centro destra di Meloni, Salvini e Berlusconi. Il centro sinistra e il Movimento 5 Stelle mettendo al centro l’efficienza energetica e le rinnovabili, anche identificando obiettivi quantitativi di breve e medio periodo e non prevedono un ricorso al nucleare. La spaccatura si ripropone, sebbene in maniera molto meno netta, sul gas: il Movimento 5 Stelle non menziona nuove infrastrutture nel suo programma, il PD e +Europa sono favorevoli a nuovi rigassificatori come soluzione ponte compatibile con la decarbonizzazione, mentre Verdi-SI promuove il pieno utilizzo dell’infrastruttura esistente prima di impegnarsi in nuovi impianti.

Il terzo polo propone la costruzione di due rigassificatori galleggianti, e lo stesso fa anche il centro destra, con la Lega che ipotizza un raddoppio del Tap e un gasdotto Barcellona- Sardegna-Penisola italiana, supportato anche da Fratelli d’Italia.

Se da una parte c’è un generale supporto alle rinnovabili e alla velocizzazione delle autorizzazioni, dall’altra solo Verdi-SI e PD propongono chiari obiettivi quantitativi, i primi raggiungere 80% di penetrazione al 2030 e quasi il 100% al 2035 e i secondi installare 85 GW al 2030, valori compatibili al raggiungimento degli obiettivi europei e in linea con gli impegni del governo uscente.

Politiche di adattamento, queste sconosciute

Le politiche di adattamento sono un tema largamente ignorato nei programmi, nonostante la fragilità del nostro Paese, tra i più esposti in Europa agli impatti climatici. L’Italia ha un piano di adattamento in attesa di approvazione dal 2018 e che necessita di modifiche. PD, Verdi-SI e Fratelli d’Italia sono gli unici a fare menzione di un suo aggiornamento.

La gestione dell’acqua è un tema rilevante della strategia di adattamento di un paese. Verdi- SI e M5S parlano esplicitamente di gestione pubblica dell’acqua, mentre gli altri partiti, in maniera più o meno uniforme, citano un piano per limitare la dispersione idrica senza specificare la provenienza degli investimenti, ad eccezione di +Europa che menziona gli investimenti privati.

Anche la tutela della biodiversità è trattata in maniera abbastanza marginale da gran parte degli schieramenti. Verdi-SI ne fa una parte importante del programma con un obiettivo del 30% di aree protette in linea con gli obiettivi europei. Nessun partito propone un piano di decarbonizzazione per l’acciaio, ignorando sia la via per arrivare all’acciaio verde sia la gestione degli impatti ambientali della situazione attuale. Nessuno schieramento, ad eccezione di Verdi-SI, menziona nel programma la plastic tax.

Diffusamente trattato è invece il tema della gestione dei rifiuti, con particolare attenzione ai termovalorizzatori. Questo tema divide fortemente gli schieramenti politici tra sostenitori (Lega, FdI, FI, terzo polo) e oppositori (M5S, SI-Verdi).

Manca il nesso tra transizione energetica e sviluppo

Per quanto riguarda la mobilità, i partiti sono abbastanza concordi rispetto all’importanza dell’auto elettrica. Il trasporto pubblico è genericamente menzionato, ma trovano poco spazio gli strumenti per la sua promozione e l’integrazione della mobilità attiva. In generale il clima non viene identificato come una variabile chiave nelle proposte di politica industriale e occupazionale dei vari partiti. Si fa fatica a trovare nei programmi il nesso tra la transizione energetica e climatica e le opportunità di rilancio degli investimenti, opportunità di occupazione e della competitività, anche per settori fortemente condizionati dagli obiettivi clima quali il cemento o l’acciaio – caratterizzati da un grande consumo di energia e emissioni di processo significative – o per temi strategici per l’economia e la qualità della vita come la mobilità, l’agricoltura e la gestione dei rifiuti.

Il tema forse più divisivo tra quelli analizzati in questa categoria è la riforma della fiscalità ambientale, dove spicca la posizione della Lega, che propone di mantenere i sussidi per i combustibili fossili, mentre il M5S ne ipotizza la riconversione e Verdi-SI l’abolizione. Se da un lato PNRR, patto di stabilità e solo parzialmente la fiscalità ambientale sono affrontati, i grandi assenti dai programmi sono gli istituti pubblici di credito e di garanzia come Cassa Depositi e Prestiti, Invitalia e Sace, enti fondamentali per l’attuazione degli investimenti. Grandi assenti gli impegni della finanza per il clima, che vengono menzionati solamente da Verdi-SI con la proposta di mobilitare 4 miliardi di dollari annui, in linea con la quota equa per l’Italia, e di riformare l’architettura finanziaria nell’ambito del G7/G20 per finanziare la transizione a livello globale.

Proposte non coerenti con gli obiettivi climatici

Tre considerazioni conclusive. Non sempre i programmi parlano di cambiamenti climatici in maniera esplicita. Il clima è presente anche se ancora non abbastanza integrato nelle politiche economiche, occupazionali, sociali e di politica estera. Non sempre il fatto che in linea di massima tutti i programmi confermano l’obiettivo europeo di riduzione delle emissioni al 2030 significa che le proposte nei diversi settori siano coerenti con tale obiettivo.

Dalle proposte dei partiti emergono due diverse vie per la transizione. La prima, proposta dal centro destra, punta su un sistema energetico basato su gas e nucleare (su questo converge anche il terzo polo) e una revisione degli obiettivi europei. La seconda, proposta dal fronte progressista, identifica efficienza e rinnovabili come la via maestra da seguire in linea con gli obiettivi europei. Infine, la politica estera per il clima è la grande assente nonostante il clima sia la grande sfida globale per eccellenza.

Il prossimo governo giocherà un ruolo decisivo, probabilmente il più importante di sempre, nell’ambito della transizione ecologica per costruire le condizioni per la decarbonizzazione profonda dell’economia e per gestire gli impatti climatici. Per tutti questi motivi è fondamentale essere chiari rispetto alle direzioni strategiche che ciascun partito intende dare al paese rispetto agli assi chiave della politica del clima. Le politiche climatiche devono diventare strumenti per affrontare le crisi in modo sistemico, integrato e senza lasciare indietro nessuno. La politica del clima deve essere vista come opportunità – trainata dalla necessità e urgenza dell’azione – e non come vincolo. Soprattutto bisogna evitare di mascherare l’inazione o la scelta di determinate tecnologie, senza specificare costi e tempi di realizzazione e utilizzo, dietro a un generico “pragmatismo” o “buonsenso”, ancor di più se slegato da fatti e dati, che rischia di essere semplice conservazione dello status quo senza prospettive, coraggio e realismo.

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