Il breviario

L’artista Ruby Jones: “Gentili e imperfetti, impariamo ad accettarci e ad accogliere l’altro”

Da un'illustrazione su Instagram alla copertina di “Time”, arriva ora in Italia con un piccolo albo illustrato: “I social media hanno giocato un ruolo importante nell'ossessione che abbiamo per i nostri corpi. Proviamo invece a manifestare le nostre emozioni: anche il dolore serve a crescere”

Di Giuseppe Cesaro
3 Febbraio 2021

Un piccolo, colorato, breviario illustrato dell’empatia e dell’apertura all’altro da sé, diventa un caso editoriale mondiale. Parlo di Un mondo di bene: il piccolo libro della gentilezza, scritto e illustrato da Ruby Jones, appena uscito da noi per la BUR Rizzoli, nella limpida traduzione di Manuela Carozzi. Come spiega la stessa autrice in una breve nota introduttiva, l’idea le è venuta dopo il clamore suscitato da una sua illustrazione condivisa su Instagram, subito dopo la notizia degli attacchi alla moschea di Christchurch (Nuova Zelanda): il 15 marzo 2019.

L’illustrazione – due donne che si abbracciano (una delle quali è musulmana) – è accompagnata da queste parole: “Questa è casa tua e qui avresti dovuto essere al sicuro”. Abbraccio e parole fanno il giro del mondo, suscitando emozione e clamore tali che Jones viene chiamata a illustrare una copertina di Time, uno tra i più prestigiosi settimanali al mondo. Freschezza e candore di questo bucaneve fiorito nel deserto, desolato e desolante, del nostro tempo ha colpito anche noi, spingendoci a cercare di capire qualcosa di più della filosofia di questa giovane artista/scrittrice.

Il suo libro si apre con un invito alla ricerca dell’equilibrio interiore. Secondo lei, equilibrio è una delle parole chiave della vita?

Assolutamente sì. Penso che avere equilibrio nelle nostre vite aiuti a creare strutture e mentalità sane.

Perché crediamo che sia sbagliato esprimere i nostri sentimenti? È un rischio che ritiene non dovremmo correre?

Spesso, nell’esprimere i nostri sentimenti, proviamo un senso di vergogna o di fallimento. Tuttavia, credo che, se non condividiamo i nostri sentimenti con gli altri, se non siamo onesti con noi stessi e con ciò che proviamo, corriamo un rischio più grande: perdere quello che siamo veramente.

“La perfezione non esiste”, scrive: crede che dovremmo inseguirla?

Non penso che dovremmo cercare la perfezione in qualunque senso, perché finiremmo col crearci delle aspettative irrealistiche. Credo, invece, che dovremmo imparare a sentirci a nostro agio con l’imperfezione, e a trovare la bellezza che è in lei.

“Il dolore ci travolge come un’onda ma poi si placherà e il sole continuerà a sorgere”: crede ci sia una qualche lezione nel dolore?

Sì, decisamente. Il senso della vita è nell’accogliere tutto ciò che ci viene incontro: i momenti belli come quelli dolorosi. Il dolore può insegnarci resilienza, ripresa, guarigione: è un viaggio grazie al quale possiamo crescere.

Perché il nostro corpo è diventato quasi un’ossessione? Pensa che potremmo guarire?

Penso che i social media abbiano giocato un ruolo importante nell’ossessione che abbiamo per i nostri corpi. Credo che dovremmo spostare la nostra attenzione dall’aspetto del nostro corpo a ciò che il nostro corpo fa per noi. Credo che questo sia un modo per guarire.

Perché il modo nel quale gli altri ci guardano è così importante?

Dal momento che siamo esseri umani, sentiamo una spinta a entrare in relazione con gli altri: vogliamo essere amati, sentirci a nostro agio. In questo relazionarci, il modo nel quale gli altri ci vedono ci può sembrare importante. Tuttavia, non possiamo lasciarci condizionare da questo. Alla fin fine, quello che conta davvero è come vediamo noi stessi, non come ci vedono gli altri.

Secondo lei, cos’è che determina il nostro vero valore?

Credo che il nostro vero valore non dipenda dalla ricchezza materiale, ma dalla ricchezza interiore di cuore e anima. Per me, questo significa anche mostrare gentilezza e compassione verso gli altri, prendersi il tempo necessario ad ascoltare, lasciare spazio alle differenze e desiderare il meglio per tutti.

Lei ci chiede di difendere ciò che è giusto. D’accordo, ma cosa è giusto? Non crede che qualcosa che io credo giusta possa essere considerata sbagliata da qualcun altro?

Riconosco che ciò che riteniamo giusto cambia da persona a persona e che potremmo non essere in grado di trovare un accordo tra di noi. Ciò, però, che credo sia davvero importante è lasciare, nelle nostre opinioni, spazio alle differenze, senza condannare gli altri.

Secondo lei, perché è così difficile accogliere gli altri?

Non ho mai preteso di avere tutte le risposte, credo però che, dietro a tutto questo, ci siano la paura di ciò che non ci è familiare o che non capiamo. Ci sentiamo tutti a nostro agio con le cose che conosciamo e, a volte, dimentichiamo quanto potremmo guadagnare da nuove esperienze, dall’incontrare gente nuova, dal comprendere culture diverse dalla nostra, sfidando noi stessi a guardare oltre.

Fresco e candido come un bucaneve, appunto. La domanda è: che mondo abitiamo, se abbiamo bisogno che una giovane artista e scrittrice neozelandese ci ricordi le regole essenziali che sono alla base dell’abisso che separa il sostantivo (“il complesso di tutti gli uomini viventi sulla terra”) dall’aggettivo (“sentimento di solidarietà umana, di comprensione e di indulgenza verso gli altri uomini”) nella parola “umanità”?

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