Covid-19 - La seconda ondata

La beffa dei 27 mila Covid hotel: pronti ma ancora inutilizzati

Di Giampiero Calapà e Thomas Mackinson
14 Novembre 2020

“Avremo un Covid hotel per ogni provincia”, ha annunciato due giorni fa il commissario Domenico Arcuri. Ieri è stato il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca a offrire disponibilità: “Abbiamo una rete capillare di 27 mila strutture su tutto il territorio nazionale e siamo pronti a ospitare, come nella prima fase della pandemia, persone positive asintomatiche che non hanno bisogno di assistenza medica e siamo in attesa di essere convocati dal governo per fare un accordo nazionale che stabilisca regole e indennizzi”. Ed è Pier Luigi Bartoletti della Fimmg (medici di famiglia) a puntualizzare: “Il Covid hotel è un domicilio, non un ospedale. Una struttura protetta rispetto a casa per quei pazienti che non hanno supporto sociale o familiare. Ma le regole d’ingaggio devono essere chiare: ci possono entrare solo persone con un quadro clinico stabilizzato e che non necessitano di reparti di degenza anche se a bassa intensità. Il Covid hotel è un luogo ad alto rischio di contagio, i team di medici e infermieri utilizzati per i controlli dei pazienti non possono essere improvvisati: devono essere perlomeno internisti che sappiano come gestire la vestizione e la svestizione delle tute di biocontenimento e gli altri dispositivi di sicurezza. Non si può pensare di inviare medici di famiglia, casomai di una certa età, esponendoli al virus. Queste strutture possono essere un grande vantaggio per alleggerire la pressione sugli ospedali, ma vanno organizzate bene”.

Fino ad oggi, però, non c’è stato un piano nazionale sui Covid hotel e perfino nelle “zone rosse” le strutture convenzionate si contano ancora sulle dita di una mano: intere aree ne sono sprovviste, specie al Sud. Solo ieri il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia ha annunciato: “Arcuri ha chiesto formalmente a tutte le Regioni di trasmettere entro martedì le esigenze specifiche per ogni territorio in modo da poter attivare in pochi giorni le strutture, siamo al lavoro ogni giorno con le Regioni per velocizzare tutte le procedure e dare a ogni cittadino la garanzia di avere cure dedicate immediate”.

Intanto la situazione è critica in Lombardia, dove la Regione sta cercando di convenzionare una decina di strutture in forza di 120 euro al giorno, forse la cifra più alta tra i convenzionamenti in corso. Ma le cose non vanno meglio in Campania, Sicilia (che ne ha annunciati uno per provincia ieri) e Sardegna. I (pochi) bandi aperti sono partiti in ritardo, molti solo in questi ultimi giorni. Tanti vanno deserti o incontrano scarsa adesione per manifesta indisponibilità degli albergatori. Da Bolzano a Palermo agli asintomatici non resta che stare a casa, senza poter proteggere i parenti dal contagio.

Nella disastrata Lombardia è paradossale il caso di Varese, città risparmiata dalla prima ondata e travolta dalla seconda. Già a marzo, quando il Covid l’aveva solo lambita, il sindaco Davide Galimberti aveva chiesto ad Ats Insubria e alla Regione Lombardia di utilizzare “Villa Quiete”, una ex clinica sanitaria abbandonata da tre anni, proprio in centro città e a pochi passi dal principale ospedale Covid di Varese. Voleva farne un Covid hotel dove ricoverare 60 pazienti positivi in regime di sorveglianza o in via di guarigione, ed evitare così che rimanessero a intasare gli ospedali o a contagiare i parenti tra le mura di casa.

“Ats e Regione all’epoca non ritennero necessario procedere”, racconta Galimberti. “Poi è arrivata la seconda ondata che ci ha travolti e la città oggi, coi pronti soccorso e i reparti in enormi difficoltà, non ha alcun Covid hotel nonostante fossero state date tante disponibilità, non solo a Varese ma anche nell’area di Malpensa che ha decine di strutture che sono chiuse da mesi causa Covid”. Un ritardo di otto mesi che ora – in piena emergenza – presenta il conto. Come sia successo è surreale. A metà ottobre (solo a ottobre), la Regione ha fatto una delibera per trovare strutture idonee e incentivare gli albergatori con un contributo a paziente ospitato. Ma Ats Insubria solo il 3 novembre ha emanato una bando per reperire strutture in tutta l’area. Il bando sarà chiuso il 17 novembre. “Non vorrei – teme Galimberti – che il Covid hotel spuntasse fuori a Natale, magari durante il picco che ci aspetta. Bisogna trovare presto una soluzione”.

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