L’apocalisse dei sovranisti e la sindrome don Lurio

19 Giugno 2020

La destra facimm ammuina in Parlamento, dentro, fuori, fuori, dentro, uffa che pizza che noia, è talmente stucchevole che viene il sospetto di un accordo sottobanco tra il premier e il suo miglior nemico. Tipo Salvini che dice a Conte: con voi niente dialogo sulla ricostruzione anche perché non sapremmo cosa dire per cui noi ci limitiamo a fare la faccia feroce e voi fate come vi pare.

Infatti non sorprende il messaggio al governo, post Villa Pamphilj, attribuito al presidente di Confindustria, Carlo Bonomi: ogni tanto dovremo attaccarvi, ma non seguiremo la linea di Salvini che è isolato in Europa, mentre a noi l’Europa serve per ripartire (Repubblica).

L’opposizione in cerca d’autore andrebbe anche capita stante le catastrofi Covid degli amici Donald Trump e Jair Bolsonaro, travolti da montagne di contagiati e di morti. Per non parlare del povero Boris Johnson (quello dell’immunità di gregge che per poco non ci restava secco) di cui leggiamo sul Corriere della Sera una sapida cartella clinica: “Dicono che schiacci pisolini anche di due-tre ore, ha l’aria affaticata, le occhiaie, ansima, balbetta, senza contare che la giovane fidanzata Carrie lo vuole coinvolto nella cura del figlioletto appena nato”.

Ricordate quando con aria tronfia BoJo andava dicendo ai connazionali disperati che dovevano abituarsi “all’idea di perdere i loro cari”, con Jair che chiosava “tutti dobbiamo morire”? I sovranisti de noantri hanno cavalcato l’onda lunga della paura, dello scontro, del panico. Hanno lucrato sulla politica dello choc, soffiando sul caos, arruolando il popolo dei devastati dalla crisi finanziaria, ergendosi a baluardi contro l’invasione dei “negri”, affidando alle Bestie social l’annunciazione dell’apocalisse. Che è arrivata sul serio, ma non quella che pensavano.

E quando il Paese ha preferito affidarsi a guide affidabili, e a quell’Europa senza la quale “non si riparte”, per farsi notare si dedicano alla coreografia del balletto dentro fuori. Da Donald a Don Lurio.

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