Di cosa parliamo quando parliamo di Fca (e non solo)

27 Maggio 2020

Ieri i nostri lettori hanno “colto sul FattoGad Lerner, che ha iniziato la sua collaborazione proprio in occasione del rinnovo del giornale (“un giornale senza padroni”): benvenuto a bordo di questa nave che ancora oggi, dopo dieci anni di navigazione, prova a restare salgarianamente corsara. Volano, in questi giorni, contumelie varie verso i colleghi che raccontano la vicenda dei prestiti richiesti da Fca: la più gentile è “miserabili” (non nell’accezione di Hugo, declinazione che certa sinistra ha bellamente dimenticato). Non risponderemo né a loro, né agli ex amici che ieri hanno criticato Lerner usando la sua amicizia con Carlo De Benedetti: la libertà di pensiero è disciplina poco praticata, a differenza dalla più diffusa libertà di pensierino.

Proprio al Fatto, l’estate scorsa, con grande sincerità Gad Lerner parlò dei rapporti opachi tra la sinistra e il capitalismo italiano. Il titolo era molto chiaro: “Sono un radical chic, amico di De Benedetti. Il Pd non ripartirà da quelli come me”. Nel suo pezzo di ieri è tornato sul punto riflettendo sul primo, lampante effetto collaterale di quelle relazioni pericolose: la rinuncia “a tutelare efficacemente gli interessi delle classi subalterne”. “Oggi, nella recessione provocata dalla pandemia del Covid-19, il tema sta riproponendosi drammaticamente. Anche all’interno del Pd. Basti pensare alle oscillazioni sul prestito agevolato a Fca e sulla concessione di Atlantia”. Non è il solo a essersi accorto della portata di questa mancanza di rappresentanza (Federico Rampini da qualche tempo avverte con insistenza del pericolo di disuguaglianze insostenibili, già prima dell’epidemia, per le classi lavoratrici occidentali).

Dice Lerner: “Non occorre essere né rivoluzionari né anticapitalisti per rendersi conto che alla ricostruzione del Paese non basterà solo l’erogazione di risorse pubbliche. Serviranno soluzioni inedite, dal mutualismo a un ruolo di garanzia dello Stato e dei lavoratori nella proprietà delle imprese in difficoltà, da nuove politiche fiscali a forme di condivisione degli utili”. Forse occorre fare una riflessione (tradotta in norme) sul fatto che il sistema così com’è, oltre a essere ingiusto, non sta più in piedi.

Non è questione di amici o di orologi: sono anni che Lerner si giustifica (a proposito: basta) rispondendo a chi lo accusa di possedere un Rolex. Onestamente: sono cose da bambini, utili a distrarre. Il centro sono le idee: il capitalismo dei pochissimi paperoni che non rinunciano a profitti sempre più giganteschi sulla pelle di masse di lavoratori che i governi del mondo hanno trasformato in schiavi, semplicemente non regge.

Durante la pandemia abbiamo apprezzato lo sforzo che alcuni ricchi hanno fatto in cifre a sei zeri, donando milioni per tamponare l’emergenza. Ma non è augurabile una pseudo-democrazia che si fonda su assegni di beneficenza (forma moderna delle brioche) a discapito dei diritti. Vero: servono nuove politiche fiscali e un ruolo centrale dello Stato (se abbiamo imparato una lezione in questi mesi è che è impensabile dipendere da altri per filiere importanti come tecnologie e farmaci che garantiscono il diritto alla salute). E allora non può essere un tabù una discussione sul prestito a garanzia pubblica chiesto da Fca, società che (in ottima compagnia di tante altre) molto frugalmente paga gran parte delle sue tasse altrove. Non può essere un tabù la revoca della concessione ad Atlantia: il dibattito dovrebbe essere tenuto vivo costantemente, come una fiaccola a memoria delle vittime.

Lo scopo non è alzare il ditino, è mettere in discussione un sistema completamente assurdo dove lavoro, diritti, cittadinanza sono stati ridotti a una buona intenzione. Chi vuol stare a un dibattito adulto e rispettoso dei cittadini è benvenuto.

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