Basta ‘partiti del partito preso’: ora serve buon senso

13 Maggio 2020

Quando nel gennaio del 2019 il Reddito di cittadinanza diventò legge, il partito del partito preso contro i 5Stelle avviò una martellante campagna nazionale di dileggio che aveva come simbolo il divano dei nullafacenti, che sarebbero stati stipendiati (così sostenevano i cattedratici della qualunque) per continuare a poltrire.

Poi è successo quello che è successo e quando, sabato scorso a Stasera Italia (Rete4), Veronica Gentili ha portato il discorso su questo sostegno provvidenziale alle classi più povere e disagiate (che andrà sicuramente esteso e rafforzato), mi è sembrato che i suoi ospiti, i colleghi Maria Giovanna Maglie e Tommaso Labate, concordassero sull’utilità della norma. Posso sbagliarmi, ma avevo come l’impressione che questa onesta ammissione creasse loro una qualche sofferenza interiore, e anche fisica: qualcosa di simile non dico all’estrazione di un molare senza anestesia, ma quasi. Perché, confesso, neanche per chi scrive è stato agevole riconoscere che i grillini ne avevano fatta una giusta (tanto più se annunciata col proclama sull’abolizione della povertà).

Purtroppo non si può stare mai tranquilli e in queste ore l’indispensabile accordo sulla regolarizzazione degli immigrati, saltato – chi dice per beghe grilline, chi per il rifiuto sempre grillino di condonare certe forme di caporalato – ripropone il tema delle negatività connesse al partito preso. Che funziona, va detto, in entrambi i sensi.

Sarebbe bello, insomma, se davanti a un Paese che si prepara ad affrontare la Fase 3 – quella delle serrande e degli uffici che si riaprono su attività che spesso non ci sono più – Pd e 5Stelle, soprattutto, si venissero incontro in nome dell’interesse nazionale. Perché, come dice Alessandra Ghisleri, di fronte al timore di possibili rivolte sociali, “si deve affermare con forza che la politica oggi non deve inseguire il consenso, ma il buon senso”.

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