L’inevitabile sgomento provocato dal capo della Protezione civile Angelo Borrelli con quel “16 maggio” (poi corretto) che estendeva di un altro mese quel “14 aprile” indicato da Giuseppe Conte, appena sabato scorso, come possibile inizio della cosiddetta fase 2 della quarantena, ripropone il tema della comunicazione di governo. Che non può apparire confusa, o peggio ancora, contraddittoria con un Paese in tensione dopo tanta clausura.
Avevamo almeno una certezza: che le decisioni su tutto ciò che non si può e si può fare sono di competenza del governo, sentito il comitato tecnico-scientifico. E che i conseguenti annunci spettano al presidente del Consiglio. Punto. Nessuno ritiene che il bravissimo Borrelli abbia inteso correggere in peggio le già cautissime previsioni del premier, ma ci si renda conto che sul terreno minato dell’attesa ogni frase fuori dal seminato può diventare il classico cerino acceso.
Esiste poi il problema dell’assenza di comunicazione, che riguarda chi è preposto all’attuazione delle misure di pronto intervento. A cominciare dal decreto Cura Italia, approvato oltre due settimane fa con interventi per 11,5 milioni di lavoratori. Ma che, scrive la stampa unanime, non avrebbe prodotto ancora un euro. Possibile che l’erogazione dei soldi sia già cominciata ma che l’accesso alla riscossione sia impedito da misteriose forze della natura? È accettabile leggere frasi come: ho diritto al beneficio, ma non riesco a ottenere la sospensione delle rate del mutuo? Oppure: ho fatto tutte le richieste di aiuti che potevo fare, a cominciare dalla decurtazione dell’affitto, ma non ho avuto ancora alcuna risposta?
Non si pretende la bacchetta magica, ma per comunicare almeno il motivo dei ritardi e le possibili date per ricevere quanto promesso non occorre Mago Merlino.