Livorno

Livorno, il sindaco Nogarin all’attacco sulle case in porto del re degli yacht

Lo scontro - L’azienda Azimut Benetti era a giudizio per gli alloggi costruiti come foresterie e poi venduti: prescrizione. Ma il Comune vuole la confisca

Di Giacomo Salvini e Ferruccio Sansa
30 Settembre 2018

Il sindaco di Livorno contro il re degli yacht. Il Comune guidato da Filippo Nogarin ha scritto alla Procura chiedendo che presenti appello contro il proscioglimento – per prescrizione – dei vertici del colosso Azimut Benetti. Il processo di primo grado (dopo cinque rinvii in quindici mesi) era durato mezz’ora: il tempo che ci aveva messo Enrico Marzaduri, l’avvocato di Azimut Benetti Spa, per convincere il giudice che era intervenuta la prescrizione. Quindi si estingueva il reato di lottizzazione abusiva per i 52 alloggi costruiti come foresteria per dipendenti e fornitori che, secondo i pm, sono stati venduti dalla Benetti a decine di famiglie livornesi come prime case.

Così è stato: il 10 maggio scorso il giudice Antonio Pirato ha disposto di non doversi procedere nei confronti dell’amministratore delegato di Benetti Vincenzo Poerio, del presidente Paolo Vitelli e di altri quattro tra dipendenti e agenti immobiliari. Prescrizione, un caso come tanti. Non è così. Questa è un’area che vale oro: in mezzo alle banchine, ma a pochi passi dalla Fortezza Vecchia e dal porto Mediceo. Qui sono puntati gli occhi degli operatori portuali – in primis, appunto, i cantieri Benetti – ma anche di chi vorrebbe ridisegnare l’affaccio di Livorno sul mare.

L’inchiesta era partita nel 2013 dopo la denuncia dell’ex sindaco di Livorno, Gianfranco Lamberti, la cui giunta nel 2003 aveva approvato un piano per 52 immobili e 88 posti auto nella zona dell’ex cantiere Orlando – oggi “Porta a mare” – di proprietà di Azimut Benetti (la cosiddetta “Stecca”) che avrebbero dovuto essere adibiti a foresteria e non ad abitazioni. Nacque un’indagine. Gli indagati replicarono che di foresteria si trattava, perché i residenti svolgevano attività legate ai cantieri.

Caso chiuso? Nogarin (M5S) non ci sta. Lui piombato in città dopo decenni di potere rosso, con i portuali che contavano quasi quanto il sindaco. Un potere consolidato dove la destra trovava i suoi spazi. Nogarin, però, su questa storia ha deciso di dare battaglia: giovedì la giunta ha approvato una delibera in cui chiede alla Procura di fare appello perché “l’accertamento della commissione del reato da parte degli imputati, avrebbe comunque consentito l’irrogazione almeno della confisca” delle 52 unità immobiliari. Secondo l’avvocato del Comune, Francesca Abeniacar, la prescrizione è stata calcolata dalla data della presunta ultima vendita che però non risulta dai documenti prodotti. Il pm Massimo Mannucci aveva inoltre sostenuto la tesi secondo cui questo tipo di reato non termina con la compravendita dell’immobile ma continua nel tempo e sarebbe in atto ancora oggi. Il giudice era di opinione diversa.

Ma questa è una storia complessa, che esce dalle aule. Bisogna conoscere Livorno per capire: qui dove porto e città sono uno dentro l’altra; le navi in mezzo alle case, le finestre affacciate sui pescherecci. Livorno è una Venezia operaia: le case basse con le facciate senza colore e le villette più pretenziose del ’900, dove d’estate ti basta uscire con l’asciugamano e sei in mare. Gli uni accanto agli altri, la democrazia della spiaggia.

E proprio all’incrocio di strade e moli c’è questa “penisola” che deciderà il futuro della città. Qui è nato, quando ancora regnava la sinistra, il progetto “Porto a mare”. Le simulazioni al computer degli architetti mostrano palazzi pieni di luce. Non è così semplice. Ecco i vecchi cantieri Orlando, abbandonati, ridotti a decine di colonne che sembrano un tempio. Che cosa ne sarà? Potrebbero diventare imprese o case. Ma anche l’ennesimo centro commerciale. Poi, accanto, la famigerata “stecca” oggetto del processo.

Ma la vera partita forse è un’altra: cammini ancora centinaia di metri e ti trovi davanti una darsena e i tre bacini navali. Due in disuso da anni perché la Procura li aveva messi sotto sequestro dopo un incidente mortale. Nel marzo 2017 sono stati tolti i sigilli ed è in corso la gara per aggiudicarseli. Parteciperà anche Azimut Benetti.

Anche su questo ci si divide: c’è chi sussurra che il bando, con il limite per navi di poco superiori ai cento metri, è l’ideale per i megayacht Benetti. Quella società timonata dall’imprenditore e politico Paolo Vitelli: un passato alla guida dell’Unione Nazionale dei Cantieri e delle Industrie Nautiche e un passaggio in Parlamento con Mario Monti. Un gruppo con 620 milioni di fatturato e 1.422 dipendenti sparsi per il mondo. E c’è chi ribatte che Benetti è una delle principali risorse di Livorno e bisogna tenerselo stretto. A pochi passi ecco il Fanale di Livorno, per ironia della sorte costruito dai pisani. Chissà che aiuti la città a non perdere la rotta.

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