Cinque Stelle

Virginia Raggi, gli ortodossi in trincea: “Dovrebbe sospendersi”

Il fronte interno - Alcuni parlamentari meditano l’addio: “Questo non è più il M5s”

4 Febbraio 2017

La sindaca che ama i tetti risponde e sorride, ovunque. Perché quelli che comandano, Beppe Grillo e Davide Casaleggio, l’hanno blindata per la milionesima volta. Ma la pancia ortodossa del M5s continua a gorgogliare di rabbia contro Virginia Raggi. Torna a invocare “l’autosospensione”, minaccia addii, pensa a rivalse.

Eresie, per il Grillo che in mattinata fa una lunga telefonata alla sindaca: “Tranquilla, stiamo con te. Però ora lasciati alle spalle queste cose, mettiti a lavorare con la tua squadra”. Lei gli ripete la sua versione sulle polizze, gli spiega i prossimi passi della giunta. E lui semina battute sulle polizze, alla sindaca e ad altri eletti (“Da quanto la vuoi?”). Però lì fuori restano gli ortodossi: tanti. Sulle chat chiedono altre spiegazioni “su queste polizze”. Poi si sfogano per telefono e nei corridoi. Con alcuni, tre o quattro, che mormorano parole di addio, giurano di non volersi ricandidare “perché questo non è più il M5s”. Troppi princìpi sacrificati per la Raggi. Ma tanti altri restano in trincea. Come un parlamentare di peso, che al Fatto sibila: “Otto ore di interrogatorio sono un brutto primato per il M5S, che pone domande a cui una nostra eletta dovrebbe rispondere. Magari dopo essersi autosospesa. C’è chi lo ha fatto per cose molto più lievi”. Un’opzione impossibile, per il Campidoglio come per i vertici. Ma l’ortodosso insiste: “Capisco i problemi della sindaca, ma anche il Movimento ha i suoi. Fino a quando si può continuare così, tra pm e casi giudiziari? Tutto questo non è nel nostro Dna”. Parole come codici, nel M5S dove nei capannelli dei parlamentari si parla ossessivamente di ricandidature. Perché si teme la tagliola dei vertici, dopo le liste di proscrizione fatte circolare, e dopo i post bellici (“non faremo sconti a nessuno”).

Così tanti si aggrappano a Roberto Fico, perché si candidi a premier contro Luigi Di Maio, il prescelto dei capi, “quello che copre la Raggi”. Perché il fossato è sempre più ampio con Casaleggio. E in parte perfino con Grillo. La scorsa settimana il leader ha telefonato a tanti scontenti: “Io ci sono, chiamami quando vuoi, parliamo”. Voleva attutire gli effetti degli ultimi post. Con esiti modesti. E ora più d’uno invoca una soluzione, “una vera segreteria politica”, che mesi fa nessuno avrebbe evocato. Anche Alessandro Di Battista è in difficoltà, in mezzo al fuoco tra ortodossi e lealisti. È stufo del caso Roma, lo sanno tutti. Tanto che ieri per tamponare ha scritto su Facebook: “Raggi risponderà a tutte le domande di Mentana. In questo quadro, nessuno ha voglia di parlare. Fa eccezione l’ortodosso Carlo Sibilia, che al Fatto rilascia sillabe agro-dolci: “Con tutte le cose belle che facciamo come M5s, dispiace dover discutere di questioni come quella di Roma, su cui magari qualcuno della stampa marcia”.

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