L’inchiesta

Raggi, ecco accuse e difese: gli addebiti e le difese dell’indagata. Che fine può fare la sindaca

La Procura attribuisce un ruolo a Marra nella nomina del fratello a capo del Turismo. La prima cittadina nega: ma il dirigente sapeva dell'aumento di stipendio previsto

23 Giugno 2017

Ora che il verbale di interrogatorio della sindaca Virginia Raggi del 2 febbraio 2017 è stato pubblicato dal Fatto si può provare ad analizzare l’accusa e la difesa, almeno su uno dei due capi di imputazione contestati: il falso per le dichiarazioni fatte dalla sindaca alla dirigente dell’Anticorruzione del Comune sulla partecipazione di Raffaele Marra alla nomina del fratello Renato a capo dell’Ufficio del Turismo. Sul secondo capo di imputazione, relativo alla nomina di Salvatore Romeo, in quell’interrogatorio non vengono fatte contestazioni e dunque non possiamo fare la stessa operazione.

I pm ritengono che Virginia Raggi abbia mentito quando ha dichiarato che il ruolo di Raffaele è stato “di mera pedissequa esecuzione delle determinazioni da me assunte, senza alcuna partecipazione alle fasi istruttorie, di valutazione e decisionali”. I magistrati nell’interrogatorio elencano le prove per dimostrare che Raffaele Marra non si sia limitato “a compiti di mero carattere compilativo” come scritto allora dalla sindaca.

Per i pm, sono cinque gli elementi a carico. Il primo è “la chat (diretta a Raffaele, ndr) nella quale la sindaca lamenta un deficit di informazione in ordine all’aumento retributivo di Renato Marra, ciò che rende implicito il fatto che nel suo patrimonio conoscitivo – scrivono i pm – era presente la circostanza che a occuparsene era stato anche Raffaele Marra”. Raggi replica nell’interrogatorio: “Non sapevo che Raffaele Marra fosse intervenuto nel procedimento di scelta di Renato Marra e mi lamentai con Raffaele di avermi tenuto all’oscuro dell’aumento retributivo che il fratello avrebbe goduto, circostanza che Raffaele ben conosceva in considerazione del suo ruolo di capo del Personale. Preciso di avere espressamente comunicato a Raffaele la mia totale contrarietà a che il fratello prendesse anche solo un euro in più”. Insomma per la Raggi il lamento via chat con Raffaele sull’aumento al fratello non dimostra la sua partecipazione alla nomina ma solo che lui, per lei, era stato scorretto a non dirgli quanto sapeva (lo stipendio del fratello) in quanto era il capo del Personale.

Il secondo elemento d’accusa è “la dichiarazione di Antonio De Santis (delegato al personale del Comune, ndr), dalla quale si evince che la collocazione di Renato Marra presso Meloni (assessore al commercio della giunta Raggi, ndr) era una ragionevole soluzione alla richiesta proveniente anche da Raffaele Marra di nominarlo ai vertici della vigilanza urbana”, cioè un contentino a Raffaele.

Raggi sul punto replica: “De Santis non mi presentò la nomina di Renato Marra in una direzione dell’assessorato di Meloni come una sorta di ‘compensazione’ per la sua mancata nomina ai vertici del Corpo della Polizia Locale”. Cioè, Raggi dice: sarà pure vero quel che vi dice De Santis ma a me non lo disse. Poi i pm le squadernano davanti “il brogliaccio, utilizzato per definire i caratteri delle nomine”. Secondo la Procura quel brogliaccio prova una partecipazione alla fase della selezione perché “era utilizzato da De Santis e Marra Raffaele”. Virginia Raggi sostiene che il brogliaccio non prova nulla: “Avendo totalmente delegato De Santis a questa attività di recepimento delle indicazioni nominative degli assessori dei consiglieri, per quanto a mia conoscenza solo lui avrebbe dovuto espletare tale attività”.

Il quarto elemento è “la firma apposta da Marra Raffaele sulla nomina di Renato”. La Raggi rispolvera sul punto i suoi studi giuridici: “La firma del Capo Risorse Umane sull’ordinanza è un elemento del tutto irrilevante ai fini della correttezza formale e dell’efficacia giuridica dell’atto, all’uopo essendo invece necessaria la firma del Segretario Generale”.

Infine il quinto elemento: “La mail (dell’assessore) Meloni, nella quale egli rappresenta che il suggerimento della nomina di Renato Marra proveniva da Raffaele Marra e dalla Raggi medesima”. Quella mail era inviata per conoscenza a Virginia Raggi che però replica: “La mail di Meloni è stata indirizzata a me per conoscenza e io nemmeno l’ho letta, in quanto è stata utilizzata la casella di posta elettronica istituzionale sulla quale arrivano migliaia di mail ogni giorno che non leggo io, in quanto a questo servizio è addetto un mio collaboratore, Fabrizio Belfiore. A oggi su detta casella sono presenti circa 15 mila messaggi”. Ora la parola passa ai giudici.

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