Università, le tasse sono di sinistra

10 Gennaio 2018

La proposta di Pietro Grasso, leader di Liberi e Uguali, di abolire le tasse universitarie è meno di sinistra di quanto sembra. Già ora un terzo degli studenti universitari è esentato dal contributo annuale (543mila dichiarazioni Isee sotto la soglia dei 15mila euro) e quindi della cancellazione beneficerebbe solo quel terzo di studenti di cui fanno parte tutti i figli delle famiglie più abbienti, mentre non cambierebbe nulla per chi già non paga. Ma la ragione principale è un’altra: i figli dei ricchi vanno all’università più dei figli dei poveri.

Abolire le tasse universitarie significa finanziare l’istruzione superiore soltanto con la fiscalità generale, le famiglie contribuirebbero con l’Irpef, l’imposta sui redditi che è molto progressiva (anche se, va ricordato a Grasso, colpisce i redditi da lavoro, mentre quella sui redditi da capitale è già una flat tax, quindi non è progressiva per i veri ricchi). Dicono i sostenitori dell’abolizione: così i ricchi contribuiranno all’università più dei poveri. Vero. Ma ci sono anche tanti poveri che pagano ogni anno l’Irpef senza mandare i figli all’università. E che quindi si troveranno a sussidiare l’istruzione dei rampolli privilegiati le cui famiglie non dovranno neppure sborsare quei 1.200-1.500 euro che rappresentano oggi un ben misero sacrificio.

Nel 2013, Andrea Ichino e Daniele Terlizzese, su lavoce.info, calcolavano (con dati sui redditi 2010) che il 70% dei contribuenti Irpef vive in famiglie senza studenti universitari. Poiché quel 70% dei contribuenti versa il 37% dell’Irpef, usare tale gettito per finanziare l’università significa drenare risorse a beneficio dei (relativamente) pochi contribuenti a basso reddito che fanno studiare i figli e dei ragazzi che vengono da famiglie ricche. Gli ultimi governi hanno reso più progressive le tasse universitarie e il governo Renzi ha alzato da 200 a 250 milioni annui i fondi per il diritto allo studio.

La proposta di Liberi e Uguali, quindi, serve ad avere i voti degli studenti più abbienti e delle loro famiglie. È di sinistra questa strategia?

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