IL DOSSIER

Bentornati, cari vitalizi: ora tutto è restaurato

Fine dei giochi - Attesa la sentenza della Camera che (come al Senato) cancellerà i tagli dei 5 Stelle. Pensioni d’oro, gli ex parlamentari hanno già vinto una battaglia sugli arretrati. Poi è arrivata la riabilitazione dei condannati (vedi Mose)

5 Maggio 2024

L’assalto è ripartito ma, adesso, all’ottimismo della volontà si è sostituita l’acquolina che piglia a chi è sicuro di andare all’incasso. Udite udite! L’Associazione degli ex parlamentari attende graditissime novità dalla Camera: il 31 gennaio scorso e il 1º febbraio, di fronte al collegio di giustizia interna di Montecitorio, è ripartita l’infernale macchina attraverso la quale Lorsignori puntano a riprendersi il vitalizio tutto intero con annessi arretrati. E a seppellire così per sempre i tagli imposti in quella stagione effimera all’insegna dell’equità sociale targata M5S.

Secondo i bene informati bisognerà solo aspettare di scavallare le elezioni europee, tanto per non rischiare di indispettire gli elettori, o al peggio l’estate quando l’attenzione mediatica cala: l’agognata sentenza che vale oro è comunque in arrivo. E già si pregusta il lieto fine: l’aria è cambiata.

Ricordi L’incubo dei tagli iniziati nel 2018

Del resto al Senato l’incubo dei tagli è ormai un lontano ricordo: la sforbiciata imposta nel 2018 ai ricchi emolumenti degli ex senatori è stata depennata senza colpo ferire già alla fine della scorsa legislatura. Di più: a Palazzo Madama, sempre regnante Maria Elisabetta Alberti Casellati, il vitalizio era stato restituito persino ai condannati come Roberto Formigoni e Ottaviano Del Turco, ma anche Denis Verdini o Antonio D’Alì che non hanno nei fatti mai smesso di percepirlo nemmeno ospiti delle patrie galere. E alla Camera? Sin qui il taglio imposto sei anni fa dall’allora presidente Roberto Fico ha retto, anche se a distanza di pochissimi anni se la passa malissimo: la delibera originaria del 2018 è stata ammorbidita dopo che una sentenza del collegio di giustizia interna di primo grado ha imposto la rivalutazione degli assegni nel caso in cui gli ex inquilini di Palazzo fossero riusciti a dimostrare di essere ridotti sul lastrico o comunque malconci. Ebbene. Questa procedura ha innescato una questua senza fine di ex: tutti asseritamente poveri, poverissimi, praticamente in mutande. Quello degli ex deputati è, a quanto pare, un esercito di morti di fame. Fatto sta che, tra una richiesta e l’altra, alla fine quelle accolte sono state una valanga con il risultato che i risparmi per il bilancio della Camera attesi dal taglio si sono dimezzati dai previsti 40 ad appena 23 milioni di euro. Se adesso la delibera del 2018 verrà proprio fatta secca, sempre per mano degli organi di giustizia interna come accaduto già a Palazzo Madama, i risparmi scenderanno a quota zero e anzi bisognerà rimetterci pure gli interessi.

Diritti La carica dei condannati e riabilitati

Non si tratta di un’ipotesi peregrina visto che l’aria è cambiata. Tanto e lo si capisce pure dall’insistenza con cui bussano a soldi anche gli ex deputati a cui è stato tolto il vitalizio, causa condanne. A differenza del Senato, che ha ridato l’assegno a tutti persino a chi è in carcere, a Montecitorio ancora serve almeno aver ottenuto la riabilitazione. Questo non ha comunque scoraggiato per esempio Cesare Previti che lo scorso anno di questi tempi aveva provato a riottenere l’assegno di 4 mila euro al mese (più gli “interessi legali e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al soddisfo”) vantando il positivo superamento dell’affidamento in prova ai servizi sociali.

Da ultimo, a dicembre, ci ha provato anche Gianstefano Frigerio, già segretario amministrativo della Dc lombarda finito nei guai per Mani Pulite ma anche Expo: non lo ha riavuto per un pelo, solo perché il vitalizio gli era stato tolto per una condanna diversa da quelle per cui ha dimostrato di poter vantare la riabilitazione: allo stato la Camera gli ha detto no, poi si vedrà.

Colleghi L’esempio dei consigli regionali

Intanto la tendenza a riaprire i rubinetti, a dispetto dei guai con la giustizia e i persistenti debiti con l’Erario, dilaga in favore degli ex parlamentari ma anche per gli ex consiglieri regionali. Da ultimo ha fatto scalpore il caso dell’ex assessore veneto Renato Chisso condannato per lo scandalo delle mazzette per il Mose: riavrà buona parte del vitalizio – centinaia di migliaia di euro a quanto pare – dopo che il tribunale di Treviso ha stabilito che il vitalizio equivale a una pensione e dunque non poteva essergli integralmente pignorato nell’ambito della maxi confisca di 2 milioni di euro subita. Questione che adesso spalanca le porte anche ai ricorsi di molti altri, a partire da Giancarlo Galan.

Interessi Tanta privacy e poche informazioni

Per tacere delle rivalutazioni d’oro che gli ex consiglieri incassano ogni anno dalle regioni. Dove per la verità, dopo una breve stagione all’insegna dei tagli si è tornati all’antico anche su un altro fronte, quello della privacy, che non fa rima con trasparenza: alcune regioni pubblicano sul sito i nominativi di chi ha diritto al vitalizio, ma omettendo l’importo. Altre mettono le cifre, ma coprono i nominativi dei beneficiari con le loro matricole, altre ancora sganciano i dati, ma se si fa domanda in carta bollata, altre ancora aggiornano i dati con grande ritardo o non hanno proprio intenzione di farlo.

Risultato: Formigoni chissà se comparirà nell’elenco dei beneficiati della Lombardia nel 2024 dopo esser passato già all’incasso di quello generoso del Senato. Dove la fortuna ha baciato pure Del Turco che lo somma a quello rielargito da ottobre 2023 dalla Regione Abruzzo. E la lista non finisce qui, tra ex di lusso beneficiati dal doppio vitalizio. Del resto pure chi ne ha solo uno non deve passarsela affatto male come Totò vasa vasa Cuffaro che ha riottenuto il vitalizio siciliano che non si sa a quanto ammonti, ma sicuramente non due spicci. Dove c’è gusto, non c’è perdenza: Casta la vittoria, siempre!

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