Il Fatto di domani. Regionali, la destra trionfa in un deserto: quasi due terzi degli elettori di Lazio e Lombardia non hanno votato

Di FQ Extra
13 Febbraio 2023

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REGIONALI, FONTANA E ROCCA SOPRA IL 50%: LAZIO E LOMBARDIA VANNO AL CENTRODESTRA. La vittoria è netta. Il centrodestra ha ottenuto la maggioranza assoluta sia nel Lazio che in Lombardia. Le opposte alchimie elettorali dell’opposizione non hanno retto alla prova del voto regionale. Né l’alleanza tra Pd e M5S in Lombardia, per Pierfrancesco Majorino, né il mix tra Pd e Azione-Italia Viva nel Lazio a sostegno di Alessio D’Amato. Gli scrutini sono ancora in corso mentre viene pubblicata questa newsletter, ma il dato politico è chiaro. In Lombardia, dove la destra governa da 28 anni, il leghista Attilio Fontana ha guadagnato il 52% dei voti, Pierfrancesco Majorino il 34% Letizia Moratti il 10%. A destra, Fratelli D’Italia è primo partito sopra il 24% ma non c’è stato il tracollo atteso della Lega, che resta sul 16% (Forza Itala al 7%). Nel Lazio, l’affermazione di Francesco Rocca è parallela: il candidato di destra ottiene il 54%, Alessio D’Amato si ferma al 32% e la 5S Donatella Bianchi all’11,5%. Fratelli D’Italia qui ha avuto da solo il 31% dei voti. La destra festeggia, la sinistra si lecca le ferite. I centristi di Calenda, i dem e i 5S non avrebbero vinto neanche sommando le percentuali. Il più entusiasta di tutti è Matteo Salvini, che due ore dopo la chiusura dei seggi ha postato un video con Fontana per ringraziare “i lombardi che hanno riconfermato a furor di popolo il buon governo della Lega”. Salvo che ha votato il 40% (lo vediamo più in basso). Si mostra euforica anche Giorgia Meloni (solo sui social perché a casa con la febbre): il risultato rafforza il governo, dice oggi. Ma forse già domani dovrà cominciare a preoccuparsi del suo principale alleato, che esce rafforzato dal voto ed è noto per le sue intemperanze. Nell’opposizione si tiene la riflessione più urgente. Innanzitutto nel Pd, che resta intorno al 20% in entrambe le Regioni ma perde con entrambe le sue strategie di alleanza. Al nord il revival giallorosa e nel Lazio l’opzione centrista con Azione e Italia Viva. Enrico Letta oggi si è preso forse l’ultima responsabilità da segretario (si voterà alle primarie il 26 febbraio) e va all’attacco degli alleati: “Con il vento contro il Pd ottiene un risultato significativo e respinge la sfida di M5S e Terzo Polo. L’opa contro il Pd ha fatto male a chi l’ha tentata”. Eppure, la prima cosa che hanno fatto due candidati dem, Majorino e D’Amato, è lamentare l’assenza di una leadership nazionale e il congelamento causa congresso. Arriva il candidato segretario favorito Stefano Bonaccini a piangere sul latte versato: “Abbiamo regalato la vittoria alla destra”. Il M5S esce dalla consultazione senza rappresentare l’ago della bilancia. Azione e Italia Viva, infine, si infrangono sul 3-4% e Calenda riconosce di non essere riuscito ad “attrarre consensi”. Sul Fatto di domani leggerete i dati elettorali e le analisi dei flussi. Vedremo quali saranno i primi nodi da affrontare dalle nuove giunte di Lazio e Lombardia.


MA I SEGGI SONO UN DESERTO: CHI VINCE DAVVERO È IL PARTITO DELL’ASTENSIONE. Peggio dell’Emilia Romagna del 2014, quando meno del 38% degli aventi diritto si recò alle urne. L’affluenza del Lazio, Regione che da domani sarà amministrata da Francesco Rocca, è stata di poco superiore al 37%. Il dato peggiore mai registrato in un’elezione regionale. Nel 2018, quando però si votò in abbinamento con le politiche, era andato a votare quasi il 67% degli elettori. In Lombardia la situazione è solo leggermente migliore: 41% di affluenza, che comunque impallidisce rispetto al 71% della precedente tornata. La maglia nera nel Lazio va proprio alla capitale, dove ha votato soltanto il 33% degli elettori. L’astensione è il dato politico più rilevante di questa tornata elettorale e il punto di partenza per l’autocritica. Lo staff di Pierfrancesco Majorino parla di dato “angosciante”. Che il non voto sia il primo partito succede ormai da anni, ma questa volta la crisi della rappresentanza è ancora più evidente. Sul Fatto di domani analizzeremo le cause e la nuova conformazione dell’astensione, anche con un’intervista a Marco Revelli.


L’EUROPA PAGA IL CONTO DELLA GUERRA: 800 MILIARDI PER LA CRISI ENERGETICA (L’ITALIA NE HA SPESI100). L’Europa sta pagando un prezzo salatissimo per la guerra in Ucraina e le sanzioni alla Russia. Secondo i ricercatori del think tank Bruegel, basato a Bruxelles, il conto vale circa 800 miliardi di euro: è la somma stanziata per proteggere famiglie e aziende dall’impennata del prezzo del gas e dell’energia elettrica. La spesa continuerà a crescere, con l’inverno in corso e il gas da Mosca che arriva col bilancino. La Germania ha stanziato quasi 270 miliardi di euro, seguita da Gran Bretagna e Francia (sui 150 miliardi di euro), mentre l’Italia ha speso finora circa 99 miliardi. Per Berlino, la situazione è tutt’altro che florida. Austria e Germania, sono gli unici Paesi Ue in recessione tecnica: gli ultimi due trimestri del 2022 hanno registrato il segno meno. Va meglio nel resto d’Europa, dove la Commissione Ue oggi ha rivisto al rialzo le stime sul prodotto interno lordo. Una boccata d’ossigeno rispetto alle previsioni. Nel 2023 l’Unione dovrebbe crescere dello 0,9 % (rispetto al valore precedente del +0,6%). Nel 2024 ancora meglio, con un +1,5%. Anche l’Italia respira: la stima di crescita per il nostro Paese finora era dello 0,3%, ora portata allo 0,8%. Sul Fatto di domani vedremo come queste previsioni influiranno sulla discussione che sta per partire in Europa per la revisione delle regole del patto di stabilità.


UCRAINA, LE PAROLE DI B. UN CASO DIPLOMATICO, MA MELONI SE LA CAVA. La cronaca della guerra in Ucraina ha visto il nostro Paese protagonista, non per particolari iniziative di sostegno a Kiev ma per le parole di Silvio Berlusconi, dette domenica uscendo dai seggi a Milano. “Io a parlare con Zelensky non ci sarei mai andato – ha detto senza mezzi termini il Cav – perché stiamo assistendo alla devastazione del suo paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili. Bastava che cessasse di attaccare le due repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto, quindi giudico, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore”, aggiungendo poi un suggerimento a Joe Biden per fare la pace: mettere sul piatto 9 miliardi di dollari in cambio del cessate il fuoco. Una bomba per Giorgia Meloni e per l’immagine del centrodestra all’estero, anche se dalla stessa Forza Italia si è subito creato un cordone sanitario attorno alle esternazioni dell’anziano leader, con Anna Maria Bernini che garantisce per la lealtà di B. e Tajani che lo dipinge come “un uomo di pace” . Le parole di B. però hanno fatto in tempo a provocare la reazione di Kiev, che prima con Mykhajlo Podolyak, consigliere di Zelensky e poi con Oleg Nikolenko, portavoce del ministro degli Esteri. Il primo ha detto a Repubblica di considerare B. un agitatore vip della propaganda russa, Nikolenko invece scrive su Facebook che il Caimano ha voluto baciare le mani insanguinate di Putin, amico di vecchia data. Gli ucraini però non dubitano di Meloni, e dicono di apprezzare il suo sostegno. La premier però non si esprime. Per lei risponde il fidato Guido Crosetto, ricordando che in politica “contano gli atti”. Sul Fatto di domani però approfondiremo le divisioni nella maggioranza e le reazioni internazionali. Continueremo poi a seguire la cronaca del campo di battaglia. Il segretario della Nato Stoltenberg oggi ha detto che la temuta offensiva russa sembra già iniziata, con un afflusso massiccio truppe.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

I pm in carcere da Messina Denaro. Il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e l’aggiunto Paolo Guido si sono recati nel penitenziario dell’Aquila dove è detenuto il boss di Castelvetrano per interrogarlo.

Gli Usa e gli ufo. Il Pentagono ha abbattuto un terzo oggetto non identificato sui cieli americani, all’altezza del lago Huron tra Stati Uniti e Canada. Sarebbe di forma ottagonale, mentre gli altri due oggetti non identificati (Ufo) abbattuti nei giorni scorsi erano di forma cilindrica. Nessuno di questi era un pallone spia, ma gli occhi sono comunque puntati sulla Cina.


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