Il Fatto di domani. La riforma Cartabia e il “campo largo” dell’impunità: intervista a Roberto Scarpinato. Accise, la mezza retromarcia di Meloni frena lo sciopero

Di FQ Extra
14 Gennaio 2023

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CARTABIA, ORA MELONI VUOLE MODIFICARE LA LEGGE. IL “CAMPO LARGO” DELL’IMPUNITÀ: SCARPINATO AL FATTO. Anche Giorgia Meloni si è accorta degli effetti perversi della riforma dell’ex Guardasigilli del governo Draghi. Dopo gli arresti in via di revoca per tre boss mafiosi a Palermo, Fratelli d’Italia vuole correre ai ripari, in fretta. Il problema principale è l’obbligo di querela per una lunga lista di reati: molestie, lesioni personali stradali gravi o gravissime, truffe, violenze private, sequestri di persona, violazione di domicilio, furto. Problema: spesso la vittima non denuncia. Talvolta per timore delle ritorsioni: ad esempio, chi subisce abusi dai mafiosi. Oppure per altre ragioni: come i turisti stranieri di passaggio. Nei giorni scorsi vi abbiamo raccontato sul Fatto i numerosi casi di malagiustizia e impunità frutto della riforma Cartabia. “Un disastro indegno di un paese civile”, ha tuonato il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. Al nostro giornale, il sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro (Fdi) aveva già annunciato la volontà di correggere la falla. Ma ora non c’è tempo da perdere: “Non possiamo mantenere l’obbligo di querela su una serie di reati, ci metteremo mano velocemente”, ha dichiarato Delmastro in un’intervista al Corriere. Sul Fatto di domani entreremo nei dettagli delle modifiche allo studio del governo. Poi intervisteremo Roberto Scarpinato, senatore M5s, autore di un disegno di legge depositato a Palazzo Madama. L’ex procuratore antimafia è preoccupato per le scarcerazioni facili: “C’è il serio rischio di estendere il campo dell’impunità”.


LA MEZZA RETROMARCIA SULLE ACCISE FRENA I BENZINAI. LO SCONTRO ORA È TRA ALLEATI. Lo sciopero di due giorni delle pompe di carburante, annunciato per il 25 e 26 gennaio, è stato congelato dopo l’incontro tra governo e sindacati di settore. I gestori hanno dato credito alle promesse raffazzonate dalla premier Meloni e dal ministro Giorgetti dopo le polemiche sul mancato rinnovo dei tagli alle accise e sui rincari dei carburanti, che ha fatto schizzare i prezzi sopra i 2 euro al litro (Meloni sostiene che la media è 1,8 euro). In Consiglio dei ministri ieri è arrivata la retromarcia a metà: sì allo sconto, ma solo se dovesse aumentare il prezzo del greggio, con conseguenti maggiori entrate iva. Meccanismo complesso che sulla carta permette di salvare la faccia. A cui si aggiunge l’annuncio della proroga a tutto il 2023 del bonus da 200 euro per i lavoratori (a discrezione delle aziende). Ieri la premier l’ha annunciato sui social e in un’intervista tv a reti unificate su Rai e Mediaset. Per la prima volta da quando governa è apparsa nervosa e poco sicura. E i suoi alleati-concorrenti (Berlusconi e Salvini) gongolano, come vedremo sul Fatto di domani. I distributori restano comunque all’erta e aspettano di vedere il decreto prima di prendere una decisione definitiva sull’agitazione. Il governo assicura che il confronto partirà martedì 17, mentre il ministro del made in Italy Adolfo Urso ha incontrato le associazioni dei consumatori e ha ribadito la tesi degli speculatori (a cui si tenta di dare la colpa per coprire le responsabilità del governo), affermando che un quinto dei benzinai non comunica mai il prezzo di vendita al ministero. Nel frattempo, il Paese sconta un altro pesante calo della produzione industriale: su base trimestrale il calo a fine 2022 è stato dell’1%, su base annua del 3,7%. Motivo: il caro energia. Per gli esperti è un campanello d’allarme che annuncia la recessione. Sul giornale di domani approfondiremo anche le scelte del governo sul piano energetico, in continuità con i combustibili fossili e contro la transizione rinnovabile.


REGIONALI, IN LOMBARDIA BOSSI NON FA LA LISTA E I MELONIANI SI ALLARGANO. A un mese dall’apertura delle urne in Lazio e Lombardia, la campagna elettorale entra nel vivo. Nella diretta video del fattoquotidiano.it, intervistato da Peter Gomez e Luca De Carolis, il candidato di Pd e Terzo polo Alessio D’Amato (assessore alla Sanità con Zingaretti) non ha lesinato attacchi al candidato delle destra Francesco Rocca: “Abbiamo rimesso in ordine i conti della sanità dopo il buco lasciato dalle destre alla Pisana – ha dichiarato D’Amato – quando Rocca guidava il Sant’Andrea. Questa destra è un mondo antico che ha perso credibilità”. L’ex presidente della Croce rossa, con una condanna risalente agli anni ’80 per spaccio di droga, ha più di un ombra nel suo passato. Oggi via abbiamo raccontato come per tre anni esercitò la professione di avvocato malgrado il casellario giudiziario non fosse immacolato (oltre agli affari con il broker imputato in Vaticano). Il terzo incomodo per le elezioni laziali è Donatella Bianchi, sostenuta dal M5s e dalla lista civica Polo progressista, con i candidati di Sinistra italiana e dell’associazione Coordinamento 2050 promossa da Stefano Fassina. In Lombardia, invece, Umberto Bossi ha deciso di restare alla finestra nella corsa per il Pirellone: il Comitato nord non sosterrà Letizia Moratti. Ma la resa dei conti con Matteo Salvini è solo rinviata. Sul Fatto di domani vi racconteremo le faide nel Carroccio e sfoglieremo le liste dei candidati. Attilio Fontana, il governatore leghista uscente, è sostenuto da una folta truppa di Fratelli d’Italia e non è detto che Salvini sia lieto di questo sconfinamento dei meloniani verso nord. Fontana ha provato a smussare: “Sorpasso Fdi sul Carroccio? Non mi pongo il problema dei rapporti di forza”.


“L’UCRAINA MEMBRO DI FATTO DELLA NATO”, PAROLA DI KIEV. Stavolta a dirlo non è il Cremlino o un suo organo di propaganda, ma il ministro della Difesa ucraino, Olekskii Reznikov, in un’intervista alla Bbc. “Le preoccupazioni su un’escalation per me sono solo una questione di etichetta. L’Ucraina è ormai di fatto un membro della Nato”. La frase è rivolta agli alleati occidentali, per invitarli a mettere da parte anche le ultime remore sul rischio di allargamento del conflitto e accettare di fornire carri armati e aerei da combattimento. Ma l’effetto delle parole è esplosivo. La Germania è corsa a gettare acqua sul fuoco: a proposito dell’invio di carri Leopard il cancelliere Scholz ha ribadito che Berlino “non si farà trascinare” dalle voci e dalle pressioni e continuerà a prendere decisioni prudenti, coordinandosi con gli alleati. Intanto in Ucraina l’attenzione è concentrata da giorni sulla città di Soledar, nel Donbass, oggetto di una pesante offensiva dell’esercito russo. Dopo giorni di bombardamenti a tappeto, Mosca ha annunciato di aver conquistato la città, smentita da Kiev. Una troupe della Cnn ha riferito però che le truppe ucraine si stanno ritirando dal campo in modo ordinato. Il capo dell’ufficio del presidente Zelensky, Andriy Yermak, parlando al quotidiano Le Monde ha descritto la situazione a Bakhmut e Soledar come una “battaglia di Verdun nel XXI secolo”: il riferimento è al combattimento più lungo e imponente della Prima guerra mondiale, che decimò gli eserciti francese e tedesco contrapposti, e dove non vinse nessuno. Sul Fatto di domani leggerete un nostro reportage da Bakhmut.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Processo Open Arms, la ricostruzione di Salvini affonda. La ricostruzione in aula dei testimoni dell’accusa, l’ex premier Giuseppe Conte e gli ex ministri Luigi Di Maio e Luciana Lamorgese, affossa ulteriormente la posizione giudiziaria del ministro Matteo Salvini. Su FQ Extra il resoconto dell’udienza di oggi.

Sulle Alpi un mese in meno di neve. L’analisi di Luca Mercalli sulla base delle ultime rilevazioni scientifiche. Ascolta il podcast “Clima, che fare?” di Luca Mercalli ed Elisabetta Ambrosi: “Montagna, fermiamo l’insostenibile circo dello sci”.

Fidanza (FdI) coinvolto in un’altra inchiesta. La procura di Milano ha chiuso le indagini per corruzione “per atti contrari ai doveri d’ufficio” a carico dell’eurodeputato di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza. Proprio ieri la stessa procura aveva chiesto l’archiviazione per Fidanza indagato nell’inchiesta sulla lobby nera.

Brasile, il governo chiede di incriminare Bolsonaro per il golpe. L’esecutivo brasiliano ha chiesto di indagare l’ex presidente con l’accusa di tentato colpo di Stato. La decisione è stata presa dopo il ritrovamento di una bozza di decreto (mai firmato), nella casa dell’ex ministro della Giustizia Anderson Torres, dove sarebbe delineato un piano per ribaltare il risultato delle elezioni di ottobre vinte da Lula. FQ Extra ha dedicato uno speciale video al Brasile: il reportage dello scrittore Angelo Ferracuti – “Fora Bolsonaro!”: la sfida per la democrazia – con l’intervista a Ricardo Rao – “Lula? Il Brasile è dei miliziani di Bolsonaro”.


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