Pane quotidiano

Pane Quotidiano, un nome che “canta”: apre il cuore a tutti, anche a chi non crede – Il progetto della Fondazione Il Fatto Quotidiano

6 Novembre 2021

“Mi colpì quella frase”, Marco volontario di “Pane Quotidiano” indica il motto che sulla facciata di un capannone alla periferia di Milano accoglie tutti, proprio tutti: “Sorella, fratello… nessuno qui ti domanderà chi sei, né perché hai bisogno, né quali sono le tue opinioni”.

In una vita precedente, la nostra guida era un manager al vertice di una delle prime banche italiane e la decisione di mettersi a disposizione “di qualcosa che valeva la pena fare” passa anche attraverso quelle parole di benvenuto, chiunque tu sia. Ospitalità sincera per le tremila persone (almeno) che ogni giorno attendono il loro turno davanti al banco di metallo con vista su viale Toscana per ritirare il sacchetto con il pranzo, che per molti sarà anche la cena.

Ma quell’accoglienza così aperta, tollerante, senza se e senza ma, incoraggia quanti (Marco è tra questi) non desiderano che la loro disponibilità ad aiutare gli altri possa essere confusa con qualcosa (un partito politico, un credo religioso) che non appartenga a quell’impulso buono e profondo. Che un giorno, come una vocazione, d’un tratto ti spinge a disposizione degli altri semplicemente perché ti fa stare bene, ti fa stare meglio. Per costoro, per i volontari (che non sono pochi ma ne occorrerebbero di più) “Pane Quotidiano” è un nome che afferra (che canta, diciamo noi giornalisti se un titolo è particolarmente felice) perché dacci oggi il nostro pane quotidiano è la preghiera che apre il cuore, anche di chi non crede.

Però il pane, e la pasta e i biscotti e la frutta, non piovono certo dal cielo e necessitano di donazioni, organizzazione, metodo, fatica. E anche di perseveranza, assiduità, costanza, tenacia. Perché anche i propositi più lodevoli se non accompagnati da una convinzione personale robusta e radicata sono come un’auto, la più appariscente e veloce, che viaggia con scarso carburante nel serbatoio. Nell’incrociare queste persone, con indosso una felpa arancione, sai che sono tutti ex qualche cosa e che magari, proprio come Marco, un tempo comandavano legioni di sottoposti, percepivano eccellenti retribuzioni, conducevano uno stile di vita difficilmente accostabile a un mercato rionale, figuriamoci a una mensa per i poveri.

Adesso però questi signori, non più giovanissimi e imbiancati, gestiscono capi di lattuga e vuoti a perdere. Mentre con un occhio si accertano che nella piccola folla che preme per ricevere l’indispensabile non si creino questioni di precedenza, con qualcuno che sgomita e alza la voce. Non sono pochi, ci spiegano, quelli che vengono semplicemente per non stare soli. Per fare due chiacchiere in fila. In fondo, anche il volontariato può essere un modo per stare con gli altri. Infatti, “Pane Quotidiano” è una onlus laica, apolitica, senza scopro di lucro che sfama il corpo e la solitudine.

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