La petizione

Verso la fine delle gabbie: un milione e mezzo di firme per impegnare l’Unione europea

Trecento milioni di animali ogni anno sono costretti a una vita di estrema sofferenza: tra loro scrofe, galline, conigli, vitelli, quaglie, oche, anatre. L'iniziativa “End The Cage Age” è la prima che ottiene una risposta favorevole da parte della Commissione

Di Lorenza Bianchi, LAV Area Allevamenti
24 Luglio 2021

Un risultato storico quello del successo dell’iniziativa dei cittadini europei End The Cage Age, che chiede la fine delle gabbie negli allevamenti di tutta Europa.

Il successo di questa iniziativa è particolarmente ragguardevole, in quanto è la sesta iniziativa di 76, portate avanti negli ultimi otto anni, ad aver raggiunto e superato il numero di firme richieste e, con le sua circa 1,4 milioni di firme validate in tutta l’UE, è la terza per numero di firme raccolte. Si tratta della prima iniziativa per il benessere degli animali che ha successo e ottiene una risposta favorevole da parte della Commissione europea.

Un cambiamento quanto più necessario per liberare dalle gabbie i circa 300 milioni di animali che ogni anno, in tutta Europa, sono costretti a una vita di estrema sofferenza. Tra loro scrofe, galline, conigli, vitelli, quaglie, oche, anatre: tutti gli animali nelle gabbie sono confinati in spazi angusti dove non hanno nessuna possibilità di vivere secondo la loro etologia e rispettare i loro bisogni, nemmeno quelli essenziali. La vita di questi animali è monotona e senza stimolo, e la loro sofferenza sia fisica che mentale è estrema. Questi animali sono vittime di violenza durante tutta la loro vita, ed ancor prima. La selezione genetica ha privilegiato le caratteristiche funzionali alla produttività a scapito del benessere e della qualità della vita di questi animali, in una logica di sfruttamento in cui l’animale perde ogni possibilità di essere se stesso.

Non solo crudeltà. Il confinamento in condizioni igieniche precarie, la densità delle strutture intensive e la fragilità del sistema immunitario degli animali allevati rappresentano un enorme rischio sanitario. Si tratta infatti di condizioni molto fertili alla diffusione di malattie, anche potenziali zoonosi trasmissibili all’uomo, come dimostra il recente aumento di focolai di influenza aviaria all’interno degli allevamenti di vari paesi europei (per esempio in Polonia). Ancora sotto scacco della pandemia, è ormai evidente che costringere animali a vite stravolte non giova nemmeno a noi umani, che in questa logica perversa ci dimentichiamo di essere tuti parte di un unico Pianeta.

Ma conosciamo di più questi animali invisibili e nascosti alla vista dei più. I maiali sono animali molto puliti, che amano stare all’asciutto su materiali come la paglia e creare un nido per prendersi cura dei loro piccoli. Eppure, le scrofe vivono circa metà della loro vita rinchiuse in gabbie in cui non hanno la possibilità di girarsi su loro stesse. Nelle gabbie le scrofe non si possono muovere, mangiano e dormono nella stessa posizione, a contatto con i propri escrementi. Sono molto soggette a sviluppare ulcere scapolari determinate dall’assenza di movimento e dal contatto costante con il pavimento duro. Confinate nelle gabbie, non hanno alcuna possibilità di grufolare ed esplorare, vivendo tutta la loro vita in un ambiente squallido e ripetitivo, che getta questi animali in un grave stato di apatia e frustrazione.

Le galline amano stare su ripari sopraelevati per rispondere al loro istinto di protezione verso i predatori. Per loro è essenziale fare bagni di polvere per mantenere la salute del loro piumaggio e spiccare il volo per brevi tratti. Le galline ovaiole nelle gabbie non possono esplorare per cercare cibo, fornito loro artificialmente, non possono isolarsi dalle compagne in cerca di riposo e non possono becchettare il terreno. La mancanza di movimento e l’altissima produttività per cui sono state selezionate geneticamente causa gravi problemi ossei, rendendo questi animali fragili e riducendo drammaticamente la loro speranza di vita.

E ancora i conigli non riescono a estendere nemmeno il loro corpo, senza quindi riuscire a riposare in modo adeguato. I vitelli sono separati dalla madre appena nati, per essere confinati in box singoli in cui vengono alimentati con mangimi artificiali. Separare questi animali è un atto di estrema crudeltà, in quanto i bovini sono animali molto sociali e il legame madre figlio, non ci stupisce, è fortissimo. Al momento della separazione e per giorni va avanti il loro pianto disperato. E tutto questo per evitare che il vitello si alimenti direttamente dalla madre, secondo natura, togliendo latte alla produzione destinata al consumo umano.

Qualunque sia la specie, il risultato è uno: le gabbie sono strumenti crudeli di confinamento e sofferenza, e non hanno più ragione di esistere.

La risposta della Commissione europea all’iniziativa End The Cage Age è un segnale forte di cambiamento. Sono sempre di più le persone che non accettano il modello di sfruttamento perpetrato della zootecnia, in particolare di quella industriale e intensiva. Sono anche sempre di più i consumatori che fanno scelte etiche e scelgono di lasciare gli animali fuori dal loro piatto o di privilegiare prodotti che rispettino standard di benessere animale più elevati. In linea con questa tendenza, anche le istituzioni stanno iniziando a fare i passi nella giusta direzione.

La transizione prevede un primo periodo di graduale dismissione delle gabbie, a partire dal 2023 quando verrà presentata una proposta legislativa, che dovrà essere approvata dagli stati membri e dal Parlamento europeo, per arrivare, nel 2027, a un divieto totale che riguarderà tutti gli allevamenti europei senza distinzione di specie. Il settore andrà incontro a una profonda riorganizzazione per adattare i sistemi di allevamento a forme più rispettose e meno intensive. La transizione sarà supportata da finanziamenti europei e da programmi di formazione per gli operatori, in modo da assicurare un vero miglioramento delle condizioni degli animali allevati. Un primo importante passo per la creazione di un mondo in cui tutti i viventi siano rispettati.

Una svolta quanto più necessaria, non solo per ridurre la sofferenza degli animali allevati, ma anche per muovere i primi passi verso una completa revisione del nostro sistema di produzione alimentare. L’impatto ambientale della produzione di carne e degli altri derivati animali è enorme e i ritmi di consumo attuali sono insostenibili. Solo con una transizione alimentare verso proteine vegetali e una progressiva e costante riduzione del numero di animali allevati potremo attuare una vera transizione ecologica necessaria alla nostra stessa sopravvivenza.

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