In Italia – La primavera 2021, con temperature medie tra 0,5 °C e 2 °C sotto la norma dell’ultimo trentennio, è stata fresca come di rado è accaduto in questi tempi di riscaldamento globale, l’ultima volta nel 2013 a Torino, Piacenza, Parma, Modena, nel 2004 all’osservatorio di Pontremoli, e nel più lontano 1987 in Friuli-Venezia Giulia, zona più vicina alle marcate anomalie fredde dell’Europa centrale. Però nelle valutazioni sul clima più che le fluttuazioni tra un anno e l’altro contano le tendenze a lungo termine e a grande scala, e nell’ultimo secolo le primavere si sono mediamente riscaldate di circa 1,5 °C in Italia e di 1,1 °C nel mondo. Maggio 2021 è terminato con venti freschi da Nord-Est e alcune piogge e temporali specie in Piemonte – 68 mm d’acqua ai piedi del Monviso la sera di sabato 29 – e dal Centro alla Puglia, più localmente sulle Venezie, con danni a Sottomarina (Chioggia) per una tromba d’aria nella notte tra domenica e lunedì. Ma poi l’avvio di giugno ha riservato un assaggio d’estate e da Milano a Bologna a Firenze si sono toccati i primi 30 °C dell’anno. Ieri è stata presentata “Giudizio Universale”, la causa allo Stato italiano per inadempienza verso la riduzione delle emissioni di gas serra che condannano il Paese a gravi conseguenze per le generazioni future.
Nel mondo – Calori straordinari si sono concentrati tra Stati Uniti e Canada (41,5 °C nel Manitoba, non era più accaduto dall’agosto 1988), in Sudamerica, Scandinavia (dove la stazione meteorologica più settentrionale della Finlandia, a 70° di latitudine Nord, ha misurato 29,4 °C, una ventina di gradi sopra media!) – e dalla zona arabica su fino alla Siberia orientale. Prime atmosfere estive anche in Europa centrale con termometri vicini a 30 °C in Francia e Germania, ma anche nubifragi come quelli che hanno inondato Reims e altre località dalla Normandia al Belgio. Le alluvioni del ciclone “Yaas” si sono fatte sentire fino in Nepal con 4 morti, intanto la tempesta tropicale “Choi-Wan” ha causato dissesti e almeno 8 vittime nelle Filippine, ma pure Manaus, in Brasile, è alluvionata dal Rio Negro. Quasi metà del territorio Usa invece è già in siccità alle porte dell’estate, a Chicago non si vedeva una primavera così secca dal caso del 1934 e in California aridità estrema e incendi stanno diventando cronici, in linea con i preoccupanti scenari climatici futuri. L’urgenza di non superare la soglia di riscaldamento di +1,5 °C rispetto all’era preindustriale è ravvivata dallo studio Interacting tipping elements increase risk of climate domino effects del Potsdam Institute for Climate Impact Research, su Earth System Dynamics: già a +2 °C aumenterebbe molto il rischio di sfavorevoli interazioni tra elementi del sistema-Terra divenuti instabili (tipping elements, come le calotte polari, il permafrost, la circolazione oceanica in Atlantico e la foresta amazzonica) in grado di innescare un drammatico e irreversibile effetto-domino nel clima. Cade dunque a fagiolo l’appello a dimezzare le emissioni e fermare la perdita di specie ed ecosistemi entro il 2030 scaturito dal Summit dei Premi Nobel dello scorso aprile (Our Planet, Our Future – An Urgent Call for Action) e ora trasmesso ai leader del G7 in programma tra una settimana nel Regno Unito: ancora non ce ne rendiamo conto, ma secondo la scienza “l’umanità sta correndo rischi colossali”. Il ripristino di ecosistemi, dal nostro giardino fino agli oceani, è stato al centro, ieri, della Giornata Mondiale dell’Ambiente con lo slogan “Reimagine. Recreate. Restore”. Lo dice anche il report “Becoming #GenerationRestoration” del programma ambientale Onu, che invoca il risanamento di un miliardo di ettari di terre degradate entro un decennio, quanto la superficie della Cina.