Lettera da Ankara

Conflitto Israele-Palestina, Erdogan soffia sul fuoco e cerca alleati nei Paesi musulmani

Il Sultano ha spiegato che la Turchia "sta cercando di convincere la comunità internazionale a dare una lezione a Israele". In questo modo, chiamando a raccolta gli stati islamici, cerca di crearsi una leadership nel fronte anti-Tel Aviv

14 Maggio 2021

Nonostante Turchia e Israele non abbiano mai interrotto gli ingenti scambi commerciali anche nei tempi più bui, per esempio nel 2011 quando i soldati israeliani attaccarono la nave turca Mavi Marnara parte della “Flottilla” in navigazione verso la Striscia di Gaza per tentare di rompere l’assedio, questa volta la situazione è molto diversa e più pericolosa. Il presidente turco , Recep Tayyip Erdogan, che da tempo è diventato uno dei protettori e finanziatori del movimento islamico Hamas al governo della Striscia dal 2007, potrebbe infatti decidere di sospendere i rapporti già tesi con Israele per ergersi a portavoce delle istanze palestinesi in seguito all’esplosione della nuova guerra israelo-palestinese. Il Sultano con il pretesto di difendere il terzo luogo più sacro dell’islam, ovvero la moschea di al-Aqsa nel cuore della Spianata delle moschee a Gerusalemme Est, e la realizzazione di uno Stato di Palestina, ha condannato con toni roboanti l’attacco israeliano e, indirettamente, ha incitato gli animi anche dei palestinesi che vivono in Israele e di cui hanno la nazionalità. È la prima volta che nelle città israeliane a maggioranza araba ( palestinese) si stanno verificando manifestazioni di protesta contro lo stato di Israele. Erdogan sa che le rivolte dei palestinesi musulmani israeliani sono la più grande minaccia interna di Israele e per questo soffia sul fuoco. Ma, da autocrate astuto quale è, non intende essere solo in questa posizione e per questo sta personalmente tessendo una rete diplomatica con i propri omologhi di paesi musulmani. Il 13 maggio Erdogan ha parlato al telefono con il presidente kirghiso e afghano, dichiarando di voler vedere il Kirghizistan e l’Afghanistan accanto alla Turchia nelle iniziative che ha lanciato sulla scena internazionale per contrastare Israele.
Erdogan ha sottolineato l’importanza di intraprendere un’azione congiunta in tutte le piattaforme pertinenti per mobilitare la comunità internazionale di fronte ai “brutali” attacchi di Israele.
“Ankara continuerà inoltre a stare al fianco dell’Afghanistan in questo periodo critico come ha sempre fatto”, ha aggiunto il presidente turco riferendosi all’escalation di attacchi, tra cui quello contro una scuola femminile di Kabul frequentata da studentesse della minoranza Hazara che ha provocato 85 vittime, e al processo di pace in corso nel Paese da cui le truppe americane stanno uscendo per ordine dell’amministrazione Biden.
Separatamente, il presidente turco ha chiamato il primo ministro iracheno Mustafa Al-Kadhimi e ha discusso della situazione in Palestina anche con l’ex primo ministro malese Mahathir Mohamad. Erdogan ieri ha parlato con il neo primo ministro della Libia.
Secondo una dichiarazione della direzione delle comunicazioni della Turchia, Erdogan e Abdul Hamid Dbeibeh hanno anche parlato degli sviluppi regionali, considerato che la Tripolitania è ormai una provincia turca in seguito all’invio di armi, addestratori e miliziani che hanno ribaltato la situazione sul terreno di scontro tra le forze di Tripoli e quelle rivali della Cirenaica (l’est della Libia) guidate dal generale ribelle Khalifa Haftar.
In una telefonata con il suo omologo nigeriano Muhammadu Buhari, il presidente turco ha detto che si aspetta che la Nigeria mostri solidarietà al popolo palestinese.
Erdoğan gli ha spiegato che la Turchia “sta cercando di convincere la comunità internazionale a dare una lezione a Israele, che manca di legge, giustizia e coscienza”.
Nel frattempo, anche i ministri degli esteri turco e pakistano, Mevlüt Çavuşoğlu e Shah Mahmood Qureshi, hanno discusso della situazione nei Territori Palestinesi Occupati. Insomma Erdogan sta cercando di intestarsi la leadership di quella che definisce una “giusta causa”. Non va dimenticato, peraltro, che Ankara si sente forte anche della propria posizione di forza all’interno della Nato per la sua posizione geografica. La Turchia è stata finora il baluardo sud orientale dell’Alleanza Atlantica, inizialmente contro il blocco sovietico. L’esercito turco è il secondo più forte in termini di uomini della Nato dopo quello statunitense. Ma i rapporti tra Ankara e la nuova amministrazione americana sono pessimi e, a giudicare dalla presa di posizione del presidente Joe Biden a favore di Israele, non potranno che peggiorare rendendo il quadro geopolitico internazionale ancora più instabile. Erdogan osa perchè sa che la Nato senza la Turchia imploderebbe. Intanto i ministri degli Esteri turco e greco si sono incontrati per la seconda volta nelle ultime settimane con l’intento di risolvere la crisi causata dall’accordo bilaterale dell’anno scorso tra Turchia e Libia sui confini marittimi. Ankara e Tripoli sono diventate confinanti nel Mediterraneo orientale a scapito della Grecia e di Cipro che si sono visti sottrarre unilateralmente parte delle proprie acque nazionali.

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