Una nuova dimensione

Il FAI e l’etica del giardino, perfetta per riportare in equilibrio Natura e Storia

Serve un progetto culturale di civilizzazione, che assegni all’uomo il ruolo non più di distruttore, ma neppure di salvatore, ma di costruttore, co-abitante del Pianeta insieme con le altre specie

Di Daniela Bruno*
30 Marzo 2021

Ricomporre Natura e Storia nell’unità dell’Ambiente – l’Ambiente umano – è il presupposto di un nuovo progetto culturale di civilizzazione, che assegna all’Uomo il ruolo non più di distruttore, e neppure di salvatore di scampoli di Natura, ma di costruttore, co-abitante del Pianeta insieme alle altre specie, tra cui spicca per coscienza e conoscenza. La responsabilità dell’uomo nella crisi ambientale è accertata: l’hanno chiamata Antropocene, un’era geologica che sarà distinguibile per milioni di anni dalle cicatrici che l’uomo sta infliggendo al Pianeta, cambiandone la struttura con la forza di una glaciazione o di un meteorite. Ma è stata data di quest’epoca un’altra definizione: Koinocene, dal greco koinos, comune. L’epoca delle connessioni, in cui tutto è legato e interdipendente, circolare, e in cui la Terra è un terreno comune in cui coabitano l’uomo e tutte le altre specie, esseri viventi e non, i cui interessi e destini sono incrociati. È una definizione utile perché riporta in equilibrio Natura e Storia, superando una visione antropocentrica, ma anche una meramente naturalistica: entrambe, del resto, hanno contribuito a separare l’Uomo dalla Natura, in un divorzio dalle conseguenze drammatiche a larga e piccola scala.

Il FAI (Fondo Ambiente Italiano) non può mancare di contribuire a questo progetto che si fonda, ancor prima che sull’azione, sull’educazione a una cultura unica e multidisciplinare che abbraccia le scienze naturali come quelle umane, entrambe necessarie all’uomo colto di un tempo e ancor più al cittadino di oggi per comprendere il mondo che lo circonda e affrontare la realtà e le sfide del futuro.

Sappiamo così poco di questa dimensione dell’Ambiente che ci circonda e questa ignoranza, soprattutto, è una delle cause della poca attenzione alla salute dell’ambiente e di una reazione ancora troppo timida alla crisi ambientale. Servirebbe un’etica nuova, basata più che sull’idea della natura incontaminata da salvare, su quella del giardino da curare. Il giardinaggio è un’ottima pratica per promuovere un rapporto con la natura armonioso, costruttivo, cooperante e non dominante, consapevole e rispettoso dei cicli naturali e delle esigenze dell’uomo. I Beni del FAI sono luoghi ideali in cui accendere una virtuosa passione per il giardinaggio, che inciteremo con nuove manifestazioni e attività e con un approfondimento dei relativi contenuti culturali. L’etica del giardino ci aiuta anche a rivedere il concetto stesso di Terra, che non è più originaria, perché in millenni di civilizzazioni la Terra è diventata il nostro Territorio: un ambiente ospitale per la vita umana e produttivo, con una storia, una cultura, un’identità, che dobbiamo proteggere e valorizzare, e anzi, che dobbiamo far sì che gli abitanti dello stesso territorio imparino a proteggere e valorizzare. Il nostro compito, allora, è risvegliare la coscienza dei luoghi nei loro abitanti, perché spesso sono loro per primi ad averla persa.

Penso allora al successo del censimento “I Luoghi del Cuore”: un progetto che ha lo scopo di risvegliare la coscienza di luogo negli italiani, che diventa orgoglio, locale e nazionale, e che si traduce in concreti interventi. E penso ai paesi spopolati delle aree interne montuose dell’Italia, di cui il Fai si occuperà con il “Progetto Alpe”: lì non faremo grandi restauri, ma offriremo contenuti e strumenti perché quei luoghi possano raccontare al pubblico, a partire dalle stesse comunità locali, il loro valore, la loro identità mista di Natura e di Storia. Ecco allora che l’unità di Natura e Storia nell’Ambiente di cui ci occupiamo ci impone una visione più ampia, una conoscenza più approfondita e soprattutto multi-disciplinare; ci pone di fronte alla necessità di possedere noi per primi, e di impartire al nostro pubblico, rudimenti di scienze umane e naturali – archeologia e botanica, ingegneria idraulica e geologia, ecologia forestale e storia economica e sociale, e molte altre discipline interpretative e applicative –, per poter leggere l’ambiente che ci circonda cogliendone appieno il significato e il valore, e quindi la necessità di tutela. L’approccio multidisciplinare è capace di avvicinare il passato al presente, dando profondità storica al nostro agire, anche per uscire da un certo presentismo che domina soprattutto le giovani generazioni nate con una tecnologia che annulla le distanze temporali e geografiche: tutto è qui e ora, ma non è vero, è già stato, in altri tempi e in altri luoghi, e conoscerlo è un vantaggio competitivo. È stata definita “la grande cecità” quell’atteggiamento di indifferenza e paralisi di fronte alla crisi globale che minaccia la nostra civiltà e la vita delle altre specie viventi sul Pianeta. Per riaprire gli occhi e agire serve allora un cambio di paradigma culturale, una cultura che ci permetta di percepire e comprendere l’ecosistema complesso di cui siamo parte. È questa la nuova dimensione della missione culturale del FAI.

La nuova dimensione culturale del FAI è stata presentata nella sessione aperta al pubblico del XXV Convegno Nazionale dei Delegati e dei Volontari “Fondo per l’Ambiente Italiano: per quale Ambiente?”

*Vice Direttrice Generale per gli Affari Culturali Fai

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