L'esposizione

La rivolta negli scatti delle artiste: Milano mette in mostra il proprio femminismo

Fino al 31 ottobre 2020 presso la Nuova Galleria Morone di Milano. La curatrice: "Oggi abbiamo perso il valore del gruppo" (in questa foto Gigliola Rovasino)

7 Ottobre 2020

A metà degli anni Settanta numerose artiste, fotografe e galleriste hanno iniziato a raccontare e testimoniare i temi legati al femminismo e alla condizione della donna. Sono gli anni delle battaglie del divorzio e dell’aborto. Militanza, politica, partecipazioni sono raccontate nella mostra Gesti di rivolta – Arte, fotografia e femminismo a Milano 1975/1980, curata da Cristina Casero, visitabile sino al 31 ottobre 2020 presso la Nuova Galleria Morone di Milano.

“È una mostra che intende proporre una riflessione sul ruolo del femminismo rispetto al rinnovamento del linguaggio artistico e fotografico in Italia” racconta la curatrice. “A Milano non tutte le donne attive nel mondo dell’arte hanno partecipato ugualmente alle idee proposte dal ‘femminismo della differenza’ o ‘nuovo femminismo’. Nella mostra vi è un impatto piuttosto eterogeneo dal punto di vista visivo. Ci sono dei riferimenti teorici molto precisi ai quali alcune artiste guardano: nell’arte della fotografia è importantissima la riflessione sull’immagine e la rappresentazione della donna. Autoritrarsi oppure fotografare altre donne, vedere cioè come una donna guarda le altre. Non solo reportage – perché ci sono anche fotografe che registrano le manifestazioni di importanti campagne quali il divorzio e l’aborto – ma anche la fotografia usata per indagare se stesse. Ci sono molte opere diverse tra loro, concettuali, espressioniste, ma con comune denominatore il corpo delle donne. Il corpo della donna è il luogo della differenza, quello da cui bisogna partire per costruirsi una nuova identità”.

Uno dei punti chiave è l’interazione della curatrice con le artiste, di fatto diventate amiche nel corso degli anni: “A furia di lavorare e cercare di capire il loro lavoro le ho conosciute quasi tutte. Sono tutte donne che si sono impegnate per trovare un proprio spazio. Ora molte artiste sono note ed espongono in musei, ma stiamo parlando di anni nei quali era difficile per una donna esprimersi a fondo”. Nessuna delle foto sembra essere sul podio: “Non voglio dare una risposta democristiana, ma sono convinta che siano tutte importanti e testimoniano la pluralità delle voci. Le foto di Livia Sismondi a Parigi di aborti clandestini sono intense e forti e ti colpiscono. E le immagini delle manifestazioni ci riportano a quell’epoca evocando la forza e l’intensità della partecipazione civile”.

E oggi è ancora presente questa forza o è diventata impalpabile? “Premesso che ci sono stati passi in avanti, dal punto di vista teorico e ideologico adesso si fa più fatica a trovare quella compattezza e, soprattutto, l’aspetto più affascinante del femminismo ovvero la dimensione del gruppo e del confronto. Temo che il narcisismo che contraddistingue la nostra società sia preponderante. Questa idea del ragionare insieme, del lavorare insieme, dava degli spunti interessanti – magari utopistici – ma denunciava una fiducia nelle possibilità di incidere veramente e provocare un cambiamento”.

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