L’Intervista - Roberto Perotti

Referendum, l’economista Perotti: “Meno sprechi e più lavoro, ecco il Parlamento con il Sì”

31 Agosto 2020

“In questi giorni sul taglio dei parlamentari sento dire molte cose inesatte da parte di politici e intellettuali. Nel primo caso è opportunismo politico, nel secondo superficialità. Bisogna ristabilire un po’ di verità su questa riforma”.

Tipo, professor Perotti?

Per esempio sui costi.

Roberto Perotti, 59 anni, è l’uomo dei conti: oltre a essere professore di Macroeconomia all’Università Bocconi, è stato consulente del governo Renzi alla spending review, ruolo da cui si è dimesso perché “non c’era la volontà politica per tagliare la spesa”. Perotti voterà “sì” al referendum e ha fatto i conti in tasca alla riforma sul taglio dei parlamentari.

Quindi professore quanto si risparmia?

Secondo un calcolo che ho fatto con Tito Boeri il taglio di 345 parlamentari permetterà di far risparmiare 22 milioni di indennità all’anno, 35 milioni di rimborsi spese, diaria e assistenti e altri 20 milioni per i vitalizi e la doppia pensione. Questo farebbe risparmiare 80 milioni di euro l’anno ma non abbiamo calcolato alcuni costi variabili: con meno eletti il Parlamento spenderà meno in computer, pulizia e produzione di carta. Il risparmio oscilla tra gli 80 e i 100 milioni di euro l’anno. Per un totale di quasi mezzo miliardo a legislatura.

I fautori del “no” dicono che si risparmia un caffè all’anno per ogni cittadino, lo 0,007% della spesa pubblica.

È ovvio che con questa riforma non si risolve il problema del debito pubblico ma se questa è l’unica obiezione mi sembra assurda: se invece di 100 milioni l’anno fosse 1 euro, sarebbe sempre un risparmio. È sempre meglio di zero. Poi c’è l’aspetto simbolico…

Ovvero?

In politica i simboli contano anche più dei numeri. Questa riforma ha un valore simbolico importante: risparmiare, in un momento di grossa crisi economica, è un segnale forte da dare ai cittadini.

Secondi i dati di Openpolis, un terzo dei parlamentari è assenteista. Cambierà qualcosa?

Questo è il principale argomento per sostenere il “sì”. Con il taglio, il Parlamento sarà più efficiente per quattro motivi. Primo: ci sono meno persone e quindi meno confusione. Gli organi deliberativi molto grandi non funzionano. Secondo motivo: è più facile monitorare 600 parlamentari che 945. Nessun cittadino oggi sa chi è il parlamentare che lo rappresenta e invece con la riforma non sarà più così. E poi ci sono due incentivi a lavorare di più e meglio…

Perché?

Essere meno numerosi sarà un incentivo per i parlamentari a lavorare meglio perché il proprio contributo non sarà più marginale. E poi sarà un disincentivo a lavorare poco e male: oggi un deputato che non va mai in Parlamento può sempre confidare nel fatto che gli altri 629 lavoreranno per lui; se vince il “sì” sarà più difficile sfruttare il lavoro degli altri.

Per i costituzionalisti del “no” ci sarà meno rappresentanza. È vero?

Su questo punto si è fatta tanta confusione: si è preso uno studio di Camera e Senato per dire che con il taglio dei parlamentari saremo l’ultimo Paese per rappresentanza. In realtà non è così perché il paragone va fatto solo tra i parlamentari eletti nelle altre democrazie: oggi l’Italia ha 1,6 parlamentari ogni 100.000 elettori e con la riforma ne avrà 1. In linea con gli altri grandi Paesi europei: la Francia ne ha 1,4 (ma c’è una proposta governativa di tagliarli a 1,1), la Spagna 1,3, il Regno Unito 1,1 e la Germania 0,9.

Il Pd dice che ci vuole una legge elettorale proporzionale.

Non si può stabilire a priori se qualche partito sarà meno rappresentato perché dipende da molti fattori (la distribuzione geografica dei partiti, come saranno disegnati i collegi). Purtroppo il Pd oggi vuole il proporzionale per motivi contingenti e, come Berlusconi, cambia idea a seconda della convenienza del momento.

Si dice che così si dà tutto il potere alle segreterie di partito.

Questo dipende dalle liste bloccate che vanno eliminate e non dalla riforma costituzionale.

Una parte della sinistra è contraria alla riforma.

Del taglio dei parlamentari si parla da 40 anni, dalla commissione Bozzi. E la sinistra è sempre stata favorevole. Poi questa riforma è stata votata da tre quarti del Parlamento e nessuno faceva le obiezioni che vengono fuori solo oggi.

Perché?

Perché si teme di portare acqua al mulino del M5S. Ma non è che si può essere contrari a prescindere perché la propongono loro. I politici che fanno così sono opportunisti, gli intellettuali superficiali.

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