L’intervista

Coronavirus, premier Conte al Fatto: ““Uno choc tutti questi morti. La stretta per ora non si allenta”

Il premier Conte - “Se la Lombardia voleva la zona rossa nel Bergamasco poteva disporla”

2 Aprile 2020

Presidente Conte, secondo molti scienziati si è raggiunto il picco. Lei ha prorogato le restrizioni fino al 13 aprile. E dopo? Quale schema seguirete?

Non c’è ancora una decisione per il dopo. Nei prossimi giorni ci aggiorneremo con gli esperti e, in presenza di un consolidamento di questi primi segnali positivi, cominceremo a valutare un allentamento graduale. Soprattutto per le attività produttive chiuse. Entreremo nella fase 2 solo quando gli esperti ce lo diranno e solo a partire da alcuni settori. Ma non diamo il messaggio che la stretta si allenta, sarebbe un errore. Per ora non cambia nulla. Penseremo più avanti, se ne ricorreranno le condizioni, a un allentamento per le famiglie, perché questa guerra ha un impatto anche psicologico. A tempo debito potremo pensare ad allentare anche le misure a impatto personale. Sempre mantenendo la logica del distanziamento sociale.

Con questi annunci graduali, “stop&go”, non si rischia di dare il messaggio sbagliato? Già sono molte le persone in giro. Le opposizioni la criticano per le passeggiate con i bambini.

Non abbiamo affatto istituito l’ora del passeggio per genitori e bambini., La circolare del ministero dell’Interno non aveva questo scopo ed è stato chiarito. Una mamma che scende per far prendere aria al proprio piccolo è un conto. Ma se poi questa diventa l’o l’occasione per andare a spasso, è un abuso. E non è consentito.

Preoccupa, ancor più dell’epidemia da contagio, quella che scoppierà a partire dalla crisi economica. Il fondo per l’assicurazione europea sulla disoccupazione da 100 miliardi proposto ieri da Ursula Von Der Leyen va nella direzione chiesta dall’Italia? È soddisfatto o servono gli eurobond?

Il vento in Europa sta cambiando. La presidente Von Der Leyen ha anticipato altre due misure che oggi vanno in approvazione alla Commissione. Gli Stati membri potranno attingere, fino a 100 miliardi, ai finanziamenti per sostenere lavoratori e imprese. Strumento finanziato dall’emissione di bon europei, senza richiedere alcuna condizionalità. E ci verrà consentito l’utilizzo di tutti i fondi strutturali europei: qui il Mes non c’entra nulla. Ma arriveranno anche altri strumenti.

Quali?

Le misure di cui abbiamo parlato ieri con Von Der Leyen andranno integrate con provvedimenti corposi, contro l’emergenza sanitaria e per il sostegno al reddito. Dobbiamo ragionare in ottica europea, come ho spiegato a olandesi e tedeschi. Non togliamo un euro a nessuno. Diciamo solo che, dovendo finanziarci tutti, avremo condizioni più vantaggiose in termini di tassi d’interesse, accesso ai finanziamenti, se costruiamo strumenti che esprimano una politica fiscale e monetaria europea. Immagini un imprenditore che chiede investimenti per sé e una cordata di imprenditori: chi otterrà condizioni più agevolate?

L’Italia finora ha messo in campo 25 miliardi per far fronte alla crisi, meno di altri paesi come Germania e Francia. Di quanto aumenterà i fondi il decreto Aprile?

Ieri abbiamo concordato di stralciare le misure per assicurare liquidità soprattutto alle imprese, come ha anticipato il ministro Gualtieri. Stiamo preparando un apposito decreto, spero di riuscire a portarlo già in Consiglio dei ministri venerdì, proprio per consentire alle imprese un più agevole accesso ai finanziamenti delle banche, fino a 200 milioni di euro, con la garanzia di Stato. Poi vareremo, mi piacerebbe prima di Pasqua, una sorta di manovra di nuove misure economiche di importi molto rilevanti.

Lo Stato avrà così un ruolo sempre più forte nell’economia del Paese…

Non intendiamo nazionalizzare nessuna impresa, piuttosto lavoriamo per tutelare i nostri asset strategici con lo strumento del golden power, da rinforzare anche a livello europeo per le operazioni intracomunitarie. Poi vogliamo abbassare la soglia per cui scatta l’obbligo di notifica alla Consob. Ripeto, non è importante solo uscire, ma come e quando uscire da questa crisi.

Ha detto che rifarebbe tutto ciò che ha fatto finora. Anche la mancata chiusura anticipata delle zone rosse di Alzano e Nembro nella Bergamasca, viste le dure polemiche della Regione Lombardia?

Mi permetta di ricostruire cronologicamente i passaggi. La sera del 3 marzo il Comitato tecnico scientifico propone per la prima volta la possibilità di una nuova zona rossa per i comuni di Alzano Lombardo e Nembro. Ormai vi erano chiari segnali di un contagio diffuso in vari altri comuni lombardi, anche a Bergamo, a Cremona, a Brescia. Una situazione ben diversa da quella che ci aveva portato a cinturare i comuni della Bassa Lodigiana e Vo’ Euganeo. Chiedo così agli esperti di formulare un parere più articolato: mi arriva la sera del 5 marzo e conferma l’oppostunità di una cintura rossa per Alzano e Nembro. Il 6 marzo, con la Protezione civile, decidiamo di imporre la zona rossa a tutta la Lombardia. Il 7 marzo arriva il decreto. La Regione Lombardia, come tutte le altre, non è mai stata esautorata dalla possibilità di adottare ordinanze proprie, anche più restrittive, secondo la legge 833/1978. Peraltro la Lombardia, quando ha voluto introdurre misure più restrittive, lo ha fatto. Anche Lazio e Calabria hanno disposto altre zone rosse.

Lo scontro con le Regioni – mancato coordinamento e scaricabarile sugli approvvigionamenti – si sta riproponendo quotidianamente.

Non è il tempo delle polemiche, ma di collaborare per assicurare coordinamento di azione ed efficacia operativa

Migliaia di aziende, specie nelle province di Brescia e Bergamo, continuano a lavorare in deroga. Preferiamo, come dice il prof. Andrea Crisanti, il paese dei balocchi al salvataggio delle vite?

Il decisore politico, quando assume una decisione, deve farlo in scienza e coscienza, mettendo in conto tutti gli interessi. Il criterio che ci guida sono i valori costituzionali. La priorità è e resta la tutela della salute. Contemporaneamente cerchiamo di ottemperare all’esigenza di non compromettere definitivamente il tessuto economico. Abbiamo cercato di prendere tutte le misure con massima precauzione e massimo rigore.

Da quei territori oltre alla disperazione, inizia a levarsi rabbia.

Capisco perfettamente la loro rabbia. Stanno vivendo una situazione tragica, con angoscia e dolore per la perdita di tante vite umane. Mai avrei immaginato di vedere aggiornata continuamente la lista dei decessi. È uno degli aspetti più sinceramente dolorosi da quand’è iniziata questa guerra.

Prima del 20 febbraio (“caso Mattia”), l’Istituto di Sanità e, di concerto, il Comitato tecnico e il ministero della Salute avevano ricevuto diversi alert dall’Oms sulla diffusione di una pandemia dalla Cina e di polmoniti interstiziali. Perché non è stato aggiornato il piano pandemico nazionale? L’Iss ha, se non sottovalutato il rischio, almeno attuato misure di prevenzione insufficienti?

Le valutazioni a posteriori sono semplici. Ma lei si immagini se avessimo adottato all’ inizio, quando non avevamo ancora scoperto i focolai, misure restrittive e vincolanti per la popolazione. Nessuno le avrebbe accettate: avrebbero gridato al golpe. È ovvio che in un sistema democratico il concetto di adeguatezza e proporzionalità delle misure da adottare è alla base di tutto. È il metodo che abbiamo seguito. Se poi dovessimo inseguire il dibattito pubblico, un giorno dovremmo assumere misure restrittive e l’indomani fare il contrario. Abbiamo tentato di seguire un metodo chiaro e criteri certi, con responsabilità. E risponderemo delle decisioni assunte.

Lei ha detto alla tv tedesca: “Stiamo scrivendo una pagina di storia”.

Verremo tutti chiamati al giudizio della Storia. E a noi che abbiamo una responsabilità politica verrà chiesto di giustificare il nostro operato. Innanzitutto, se avevamo compreso la gravità di quanto stava accadendo. È la domanda cui saranno chiamati a rispondere tutti i leader europei. Me compreso.

(ha collaborato
Lorenzo Giarelli)

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